A Spezia gli islamici fanno festa, i cattolici invece zitti

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E’ inutile, c’è qualcosa che non torna. Non torna il fatto che si sia potuta tenere, la settimana scorsa alla Spezia, la festa della fine del Ramadan, a cui hanno partecipato centinaia di fedeli islamici e si sia deciso di rinunciare, a Sarzana, il 30 maggio prossimo, alla processione del Preziosissimo Sangue. Non scrivo per polemica, la trovo dannosa al dibattito e alla presa di coscienza di quel che sta accadendo, non solo alla Spezia, ma in tutto il Paese. Non mi addentro neppure sul tema dei grandi sacrifici a cui sono costretti i titolari e i dipendenti della attività commerciali, gli operatori del turismo e tanti altri ancora. Farlo sarebbe come buttare la palla in tribuna. Rifletto invece sul come sia possibile che una festa, a cui i partecipanti, guidati dal loro Imam che richiamava giustamente i fedeli al rispetto delle regole, sia stato dato il beneficio preventivo del rispetto delle norme anti Covid19, mentre a quella che avrebbero partecipato i fedeli durante la processione del Preziosissimo Sangue no. Mi si dirà che, un conto è uno spazio aperto, come quello antistante le Terrazze, dove è stato festeggiata la fine del Ramadan; un altro sono le strade del centro storico di Sarzana. Che la seconda è una scelta volontaria, compiuta per il secondo anno consecutivo dalla curia spezzina, mentre la prima è una volontà manifestata dai fedeli alla religione musulmana. Io credo invece che le norme, quando la manifestazione si può svolgere all’aperto, siano rispettate grazie alla volontà dei partecipanti e, in questo buon senso, non ci sia supremazia tra i fedeli. Che alla prima la percentuale dei partecipanti che hanno avuto almeno una dose di vaccino sia molto ridotta, che la partecipazione alla seconda, poteva essere limitata la partecipazione agli anziani che invece sono stati sottoposti alla somministrazione di entrambi le dosi di vaccino. Per questo sono rimasto stupito della scelta compiuta dalla curia, seppur animata da uno spirito di comprensibile buon senso, quanto della scelta di consentire l’altra, da parte delle autorità di pubblica sicurezza che, immagino, oltre al buon senso, abbiano agito nel rispetto di norme precise e di indirizzi decisi interpretandole. In entrambi i casi non vi è delitto, ma certo uno scarto di cultura, la stessa che fece chiudere le chiese ai fedeli, invece di trovare il modo di tenerle aperte, contingentandone l’accesso in base alle loro dimensioni. Una scelta compiuta dal governo Conte che ritenne di chiedere questo sacrificio ai fedeli anche oltre ai giorni del lock down. Quale la differenza dunque, che una religione è votata alla pena e all’intransigenza, mentre la religione cattolica al senso di colpa, al punto tale da richiedere che questa sia espiata ancora prima di avere commesso il peccato. Libertà quindi alla curia di chiedere il sacrificio della rinuncia alla processione dei fedeli, ma ai laici di interrogarsi di quel che sarà percepito a tutti i cittadini, qualsiasi sia il credo professato, compreso l’ateismo. Poi c’è il calcio che è un “credo” a parte.

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