Ogni anno, con un gruppo di fan storici di Alessandro Bono, viene organizzato a Milano un evento con tanti artisti che portano la loro testimonianza di affetto per il cantante scomparso nel 1994.
“Dentro l’Anima” non è solo uno spettacolo voluto fortemente da Luisa Bono, la mamma di Alessandro, ma adesso è anche un disco pubblicato da Sony Music, che raccoglie le canzoni più belle di Alessandro Bono: Nel mio profondo fondo, Gesù Cristo, Di solo amore, British Island, Un amico come me, Per una volta, Spazzatura, Il giorno della terra, Io e te, Nel lago, Con un amico vicino, Caccia alla volpe, Rock & Roll del cavolo, Rotolare, Angeli, Amore mio e Oppure no.
Alessandro Bono era il figlio di Luisa Bono e di Riccardo Pizzamiglio, un tecnico del suono storico collaboratore di Antonello Venditti. Ha partecipato a tre Festival di Sanremo, nel 1987 con “Nel mio profondo fondo”, nel 1992 interpretando “Con un amico vicino” in duetto con Andrea Mingardi e nel 1994 con “Oppure no”.
Incontro Andrea Mingardi, cantautore e scrittore italiano.
Poco fa mi sono detto: “Ho visto un marziano, invece no. Tu sei Andrea Mingardi”. Ciao Andrea.
Ti ringrazio per la citazione ma il titolo esatto sarebbe “Ajovest un marzian”.
Tu hai esordito con un disco in bolognese?
Sì, aveva un titolo anche molto strano, “Nessuno siam perfetti, ciascuno abbiamo i suoi difetti”. Sì, una follia che mi ha portato bene e poi da lì non mi ricordo neanche quanti dischi ho fatto.
Questo è un album del 1975 che ha compiuto 50 anni. La tua musica comunque è sempre stata un po’ in bilico tra la follia e la poesia. La poesia forse l’hai espressa proprio con Alessandro Bono sul palco di Sanremo. Che ricordo hai di quel festival?
Fu la mia prima volta ospite di Alessandro nella sezione Giovani con una canzone anti-razzista che parlava due generazioni lontane che però si parlavano, si confidavano anche i sentimenti e ci siamo divertiti da matti. Poi Alessandro era uno che anche giù dal palco era divertente, lui era molto carino con me, mi chiamava Gigante. Abbiamo passato un anno e mezzo insieme spensieratamente, un’amicizia che si è consolidata nel tempo e avremmo ancora, peccato che non ci sia più, mille cose da ricordare. E’ stato un momento magico. Come tu sai, quando le case discografiche mettono due cantanti insieme che si conoscevano il giusto, poteva anche succedere qualcosa di spiacevole perché noi siamo delle brutte bestie e invece è successa una magia. Stavamo bene insieme sul palco.
Poi l’anno dopo eravate di nuovo al festival ma su due fronti diversi.
Insieme nei big e in albergo lui voleva sempre la stanza di fronte alla mia. Non stava già bene e veniva a bussare sempre alla porta, era molto rosso, congestionato e mi diceva “Sai che non so se gliela faccio a cantare? Ho fatto le prove oggi e mi veniva fuori poca voce”. Ed io rispondevo: “Ma secondo te Mick Jagger canta?” e tentai di tranquillizzarlo. Nella sua canzone c’era una bellissima frase che non ho mai dimenticato, che dice “Ogni giorno è un quadro che appendo”. Il pezzo si chiamava “Oppure no”. Insomma, sarebbe retorico dire che ci commuoviamo adesso a distanza di trent’anni, ma è così. E’ passato il tempo della commozione però è sempre fresco il ricordo perché noi quando facciamo i concerti in ricordo di Alessandro, la canzone la cantano tutti.
E tu stasera che cosa farai?
Sai che non lo so? Sicuramente “Con un amico vicino” insieme a Danilo Amerio e poi non so se devo fare un’altra canzone, quando sarò sul palco poi deciderò, questa è una cosa che mi contraddistingue, tutti i miei musicisti mi guardano sempre con il sopracciglio alzato, perché noi non abbiamo mai una scaletta.
Una curiosità: ma quella tua chitarra a forma di serpente che sfoggiavi al Festivalbar 84 ce l’hai ancora?
Ah si, “Un boa nella canoa” è stato un gioco allusivo, ma pensa che durante la finale successe una cosa anche per certi versi spiacevole perché il fonico dell’Arena di Verona quando arrivammo noi, si dimenticò di alzare il volume e quindi la gente cominciò a fischiare, 20.000 persone che fischiavano perché non capivano il motivo per cui noi eravamo lì, avevamo nelle spie il pezzo, ma non si sentiva. Ed era veramente una canzone che percorreva i tempi, anche prima di “Attenti al lupo”.
Quell’anno i partecipanti erano tutti stranieri. Eravate pochissimi italiani.
C’era tutta gente che faceva dei brani dance, bum bum bum invece noi cantavamo “C’è un boa nella canoa” (ride) sembravamo degli interpreti di un film di Dario Argento, però insomma tante cose le ho fatte controcorrente, è vero, come “Pus” dove cantavo “Sopra il punk la capra cant” ma questo se non è stato pienamente capito nel momento in cui l’ho pensato, nel tempo poi ha portato fortuna perché siamo ancora qui a parlarne. Io poi quando vado sul palco ancora adesso ho assolutamente voglia di divertirmi e divertire perché se no non vedrei l’interesse, capisci?
Come a dire “Datemi della musica”, tanto per citare un’altra tua canzone.
Sempre! “Ci vuole un po’ di rock’n’roll” tanto per citarne un’altra.


















