Sant’Oronzo, figura luminosa e venerata, incarna la forza della fede, la dedizione incrollabile al messaggio di Cristo e un legame indissolubile con la terra del Salento, che lo considera il suo protettore per eccellenza. Nato col nome di Publio a Rudiae, antica località messapica già patria del poeta Quinto Ennio, nel 22 d.C., proveniva da una nobile famiglia pagana. Suo padre, tesoriere dell’Imperatore, gli trasmise una posizione di prestigio che Publio ereditò a soli 35 anni, vivendo una vita immersa nei doveri terreni. Tuttavia, il suo destino si trasformò grazie a un evento straordinario che lo portò a diventare uno dei pilastri della cristianità nella regione.
La vulgata narra che un giorno del I secolo, un naufragio al largo delle coste salentine, presso l’attuale spiaggia di San Cataldo, cambiò il corso della sua esistenza. Tizio Giusto, messaggero di San Paolo, trasportava una preziosa Lettera – forse la celebre “Lettera ai Romani” – quando una violenta tempesta lo costrinse a terra. Salvato e curato da Publio e dal nipote Fortunato, che si trovavano in zona per una battuta di caccia, Giusto parlò loro dell’unico Dio, accendendo nell’anima di Publio una scintilla di fede. Affascinato dalle verità evangeliche, Publio abbracciò il cristianesimo, ricevendo il battesimo insieme a Fortunato e assumendo il nome di Oronzo, che significa “risorto”, simbolo del suo nuovo cammino spirituale. Questo incontro segnò l’inizio di una missione apostolica che lo avrebbe reso leggenda.
Con Tizio Giusto, Oronzo iniziò a predicare nelle terre salentine, convertendo molte anime al cristianesimo. La loro fede non passò inosservata: denunciati al pretore romano, rifiutarono di offrire incenso a Giove, preferendo professare il loro credo. Questa violazione dei costumi romani – non tributare onori agli Dei era un problema politico prima che religioso – li portò a subire la pena della flagellazione e a essere rinchiusi in carcere. Una volta liberato, Giusto si recò a Roma da San Pietro, tornando poi a Lecce con un invito per Oronzo e Fortunato: presentarsi a San Paolo a Corinto. Lì, l’Apostolo delle Genti, riconoscendo la grandezza d’animo del giovane apulo e di suo nipote, consacrò Oronzo primo vescovo di Lecce e della Japigia, affidandogli Tizio Giusto come compagno e designando Fortunato come suo successore. Tornati nel Salento, i tre diffusero il Vangelo con zelo, malgrado le crescenti persecuzioni ordinate da Nerone nel 64 d.C., che li costrinsero a un esilio forzato.
Il loro viaggio apostolico fu un’odissea di fede: dalle grotte carsiche di Ostuni e Turi, dove celebravano l’eucaristia sfuggendo ai legionari, alle città di Siponto, Potenza e Taranto, Oronzo e Giusto lasciarono un’impronta indelebile. Tuttavia, il ritorno a Lecce segnò la loro fine terrena. Scoperti a Turi, furono condotti davanti al pretore, accusati di perduellio – alto tradimento, nella fattispecie contro gli Dei romani – e condannati a morte. Dopo undici giorni di tormenti in carcere, il 26 agosto del 68 d.C., furono decapitati a tre chilometri da Lecce. I loro corpi, pietosamente ricomposti da una matrona cristiana di nome Petronilla, trovarono riposo in una casupola di campagna, dove successivamente fu eretta una cappella, poi sostituita dal santuario di Sant’Oronzo fuori le mura, noto ai leccesi come “La Capu te Santu Ronzu” o “Santu Ronzu te fore”.
La santità di Oronzo, però, trascende la sua morte. La tradizione lo celebra come miracolo vivente: il 1° settembre si ricorda il suo intervento divino che salvò il Salento dalla peste, un evento che consolidò il suo ruolo di patrono. A Paola, in Calabria, il 13 marzo, è venerato come “Oronzo l’Accompagnatore” per aver protetto la città dai Bruzi con un miracolo. A Lecce, il suo culto raggiunse l’apice nel 1658, quando l’intercessione del Santo liberò la città dalla peste, spodestando Sant’Irene come patrono principale e ispirando l’erezione della maestosa colonna di Sant’Oronzo nella piazza centrale, alta circa 30 metri e sormontata dalla sua statua.
Le celebrazioni in suo onore sono un’esplosione di fede, identità e cultura. A Lecce, i festeggiamenti dal 24 al 26 agosto, preceduti dall’“undena” di undici giorni in memoria della sua prigionia, includono processioni solenni con la statua argentea del santo e luminarie che illuminano la piazza. Il 25 agosto, la memoria del martirio si celebra al santuario fuori le mura, mentre a ottobre una processione ricorda la protezione dal terremoto del 1858. A Turi, la grotta di Sant’Oronzo, riscoperta nel Seicento dopo un’apparizione miracolosa, è al centro di festeggiamenti il 26 agosto, con la croce eretta nel 1726 e la vicina Cappellone. A Ostuni, la Cavalcata di Sant’Oronzo, con cavalli e costumi d’epoca, anima le giornate dal 25 al 27 agosto.
Il culto di Sant’Oronzo, attestato fin dal XII secolo con documenti come il “Diploma di Tancredi” del 1181 e rafforzato dal rinvenimento di un reliquiario a Nona, in Croazia, che identifica “Sanctus Aronci” con insegne episcopali, è antico e radicato. La cattedrale di Lecce custodisce un altare con una tela di Giovanni Andrea Coppola, mentre a Turi il giubileo oronziano del 2018 e a Lecce quello del 2022, per il 2000º anniversario della sua nascita, hanno ravvivato la devozione. L’associazione “Città Oronziane”, fondata nel 2020 a Botrugno, unisce comuni come Lecce, Ostuni, Turi e altri nel valorizzare la sua eredità.
Sant’Oronzo, vescovo e martire, è un faro di speranza e identità per il Salento. La sua vita, segnata da conversione, predicazione e sacrificio, e i suoi miracoli, che proteggono ancora oggi, lo rendono un santo amatissimo. La sua memoria, custodita in chiese, colonne e grotte, continua a ispirare fede, resilienza e unione, illuminando il cammino delle generazioni future.