Guido Keller, il brigante gentiluomo che volò su Montecitorio

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9 Novembre 1929: cade Guido Keller

Nato il 6 Febbraio 1892 in una famiglia nobile milanese già dai primi anni di vita sottolineò la sua indisciplinatezza, riuscendo infatti a farsi espellere dal collegio Tortzen in Svizzera. Partecipò con il grado di Sottotenente nella Grande Guerra. Da sempre amante dei velivoli prese il brevetto di volo e compì molti addestramenti incentrati sul volo notturno. Memorabili furono le sue sfide agli assi dell’aviazione austriaca, uscendone sempre vincitore. Estimatore di Francesco Baracca fu uno di coloro i quali portarono a spalla la sua bara verso la tumulazione. Nel 1919 partecipò assieme a Gabriele D’Annunzio all’ Impresa di Fiume e venne nominato Segretario di Azione della Reggenza del Carnaro. Anche in questa avventura non manco di farsi riconoscere come quando razziò un grasso maiale caricandolo sull’ aereo, il cui peso sfondò il fondo del velivolo costringendolo a volare con un originale carrello di atterraggio. Per protesta contro il Trattato di Rapallo volò su Roma lanciando un pitale smaltato con dentro carote e rape sul Parlamento, in segno di sfregio ! Partecipò alla Marcia su Roma ed aderì al Fascismo. Rientrato in servizio attivo fu mandato in Libia contro i ribelli senussiti; in seguito partì per un lungo viaggio di esplorazione in sud America, rientrato in Patria visse modestamente ad Ostia aiutato dai suoi amici aviatori. Morì vittima di un incidente stradale a trentasette anni, in cui morì anche la Medaglia d’Oro Vittorio Montiglio. Le sue spoglie di trovano, per volere di Gabriele d’Annunzio, sul Colle delle Arche al Vittoriale degli Italiani (Roberto Floreani).

E chissà se, alla sua nascita, il Cielo non diede qualche segno di cui non resta, purtroppo, testimonianza “evangelica”. Un meteorite, una nuova stella, una danza del sole… Forse, addirittura, una tempesta solare. Perché solamente umano, Guido Keller, non lo era. Non fosse per altro, almeno per quelle ali che, pur nascoste, lo accompagnarono per tutta la vita. Una sorta di arcangelo intrepido e combattente. Coraggioso oltre ogni limite dettato dal buonsenso. Folle, magari! Sconfinato in ogni angolo della sua multiforme e multicolore esistenza.

Nacque ricco e morì povero di denaro. Visse da nobile, scegliendo l’eccentrica eleganza, che fosse in volo sui primi trabiccoli della neonata Aviazione Italiana o in esplorazione per i sentieri alpini. Che girasse in uniforme, o abbigliato come un brigante sardo, o nudo, a celebrare orge e riti antichi. Che si accompagnasse a maschi dalla virilità spartana o a puttane dionisiache.

Keller fu Signore dei cieli durante la Grande Guerra, sfidando l’approssimazione dei primi velivoli e la rabbia degli austriaci che speravano di vederlo schiantarsi sulle montagne del Carso, sotto i colpi delle loro mitraglie. Non li accontentò: li vinse. Ne fece cadere sette, ne imbambolò a decine. Eroe di guerra, continuò a volare nei cieli e sulla terra, fra i comuni. Visse i propri giorni senza cedere mai alla normalità, alla banale quotidianità, all’inutile quieto vivere. Ma provocò, provocò, provocò sempre: il mondo, la vita, se stesso.

Non disdegnò gli eccessi stupefacenti, ma non ne rimase vittima. Non si fece mancare ogni umana disumanità morale, consegnandosi all’istinto figlio di una educazione familiare accondiscendente e comprensiva. Fuggito dai collegi svizzeri, non scappò dalla letteratura, dalla filosofia, dalle arti. Non dalle scienze. Fu enciclopedico nell’anima, che ricevette già antica, nel cuore e nelle carni. All’impresa di Fiume si abbandonò con l’entusiasmo di creatore. Accompagnò il Vate e divenne Segretario d’Azione e fondatore dell’UCM (Ufficio Colpi di Mano), a cui diede vita assieme ai suoi Uscocchi, i pirati del Carnaro.

Una sorta di legione di senzaddio, che, di razzìa in razzìa, “sovvenzionò” l’impresa fiumana. A d’Annunzio regalò “La Disperata”, un quasi reggimento di giovani militari, sregolati, provocatori e provocanti, che marciava a petto nudo e calzoni al ginocchio, armata solo di pugnali. Puttanieri e omosessuali quanto e come i soldati di Sparta, in una Fiume dove tutto era lecito. Tutto. Per tutti. Sì, a Fiume e cento anni fa! Dove non c’era necessità di gay pride per essere orgogliosi di amarsi fra uguali. Né, tantomeno, di scimmiottare le checchine da Kabarett berlinese, tutte piume, canzoncine e belletti pacchiani. A Fiume, cento anni fa, Guido Keller, omosessuale come me, visse da uomo, da soldato, da esteta, da brigante, da gentiluomo. Da Eroe. Poi, morì. Amato dagli amici.

Dimenticato dalla storia menzognera. Perché non è facile, per la bugia, incontrare la Gloria e riconoscerne il valore e l’esempio. Non è così naturale, quando si riscrivono le pagine delle cronache, rispettare la Verità e raccontarla senza cadere nella fetida trappola dell’aggiustamento “per il bene comune” secondo le regole dei vincitori. Anche se, i vincitori, quella vittoria l’hanno scippata con l’inganno.

Di Keller tutti scrivono che beveva il thè nella tazza di porcellana, volando sui cieli di guerra. Che portava sempre con sé un teschio vero che indossava lo stesso fez che lui stesso indossava. Che si fece fotografare su un pitale che, volando su Roma, lanciò su Montecitorio, mentre sul Quirinale e sul Vaticano fece cadere fasci di rose, in onore della regina Elena e di San Francesco… Di Keller si raccontano le follie da dandy. Ma il coraggio di un omosessuale, quello no. Perché, in questi tempi di cazzonaggine e vuotezza d’anima, l’omosessuale meglio che sia omologato e da salotto.

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1 commento

  1. “Ma il coraggio di un omosessuale, quello no. Perché, in questi tempi di cazzonaggine e vuotezza d’anima, l’omosessuale meglio che sia omologato e da salotto”. Per il semplice fatto che sono arrampicamenti sinistri. Così va la vita. E a proposito di domande astruse, prendendo lo spunto da un fatto di cronaca giudiziaria, mi cimento anch’io a farne una. O anche più d’una. Questa la notizia: «Abuso d’ufficio: condannato anche in Appello il sindaco Pd di Reggio Calabria.»
    Così va la vita. L’abuso d’ufficio, tuttavia, andrebbe contestato, con tutto quello che segue, anche ai cosiddetti intellettuali. Dove sta, infatti, la differenza tra quei “presunti illeciti” e gli illeciti presunti che “Ginevra Bompiani: scrittrice, editrice, traduttrice, saggista e accademica italiana, quando, parlando del Presidente del Consiglio dei ministri in carica, afferma che i “Migranti (sono) perseguitati come gli ebrei”? Qual è il motivo che, a sinistra, spinge tutti a oracolare? Perché, insomma, c’è chi s’illumina d’immenso e chi d’ideologia annega? E chi meglio d’un’aula di tribunale può spiegare, a colpi di codici penali, l’inghippo?

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