Nel 1997 l’allora Presidente della Camera Luciano Violente fece un discorso nel quale esortava i cittadini e i loro rappresentanti in Parlamento a por fine al clima divisivo del 25 aprile: era l’ora di una riconciliazione nazionale. Non venne accolto bene da una parte della sinistra e allora ci riproviamo noi, oggi, a distanza di 23 anni, con la proposta di Edoardo Sylos Labini, editore del Giornale OFF e fondatore di CulturaIdentità, nata da un dialogo (on line, in questi tempi di coronavirus) con Ignazio La Russa e il giornalista Fausto Biloslavo
Nell‘intervista pubblicata sul quotidiano il Giornale Labini propone di celebrare il 25 aprile di quest’anno dandoci tutti appuntamento alle ore 12 di sabato prossimo sui nostri balconi e alle nostre finestre intonando non una canzone divisiva, come vorrebbero l’ANPI e la sinistra (“Bella ciao“), ma una canzone che ci unisce tutti: la Canzone del Piave, “lo spartito dell’Italia povera gente che si scoprì improvvisamente nazione”.

E’ la canzone che cantavano i nostri nonni, la stessa generazione che se ne sta andando in questi giorni drammatici nella quasi indifferenza dei numeri anonimi dei bollettini quotidiani della Protezione Civile: i caduti in trincea durante la Grande Guerra erano come i caduti di oggi per il coronavirus: ci lasciano senza un nome, senza una sepoltura cristiana, senza l’abbraccio di familiari. I nostri caduti di oggi sono quella di generazione di italiani che hanno sacrificato la vita per il futuro dei propri figli e nipoti, per il nostro futuro.
Questo vuol dire essere uniti, perché ci riguarda tutti. Non vogliamo che l’Italia sia divisa in buoni e cattivi, come vorrebbe da sempre la sinistra con le celebrazioni del 25 aprile.
I napoletani, i toscani, i milanesi i veneti i siciliani, in una parola: gli italiani, oggi, assomigliano come non mai agli italiani di 100 anni fa. Il 25 aprile cantiamo tutti Il Piave mormorava.