A sinistra schema che vince non si cambia e se per caso qualcosa muta, lo si forza con il luogo comune.
Il fascismo è caduto da 75 anni tondi e i partiti di estrema destra hanno percentuali da prefisso telefonico? Fa nulla, dobbiamo gridare al pericolo nero, perché se c’è un fascismo deve esserci anche un antifascismo, minestrone sempre saporito per saziare la fame di polemiche e i flussi comunicativi unidirezionali.
Berlusconi è passato da Caimano a padre nobile? No problem, lo si sostituisce con Matteo Salvini.
Quest’ultimo ormai da anni ha allargato la base della Lega ben sotto la Pianura Padana? Fa nulla, i leghisti sono sempre quelli della secessione, nonostante quella fase sia stata archiviata già da Bossi da almeno un ventennio.
Guai poi ai leghisti del Sud! Additati come una sorta di traditori della Patria. Ne sa qualcosa Severino Nappi, brillante docente universitario napoletano, transitato recentemente da Forza Italia alla Lega. La sua colpa? Aver osato utilizzare un’immagine del maestro Luciano De Crescenzo per commemorane la scomparsa nel suo primo anniversario.
Nappi è anche candidato alle regionali campane e legittimamente ha accompagnato il post con il simbolo del suo partito. Apriti cielo! Sono piovuti strali, scomuniche e polemiche, rinfocolate da immancabili vip come Marisa Laurito.
“In questa settimana ho ricordato, ad un anno dalla morte, Luciano De Crescenzo. Maestro di cultura, filosofia ma soprattutto, per noi napoletani maestro di vita. Eppure, pare che io non ne abbia più diritto, mentre fino allo scorso anno i miei post di omaggio al Maestro non suscitavano sdegno. Perché? Forse perché faccio parte della Lega di Matteo Salvini?”, si è chiesto Nappi senza indietreggiare di un passo.
Inutile ricordare invece agli sdegnati del Pd l’uso politico che hanno fatto per anni di Rino Gaetano, iscritto de facto al partito (ma la famiglia si indignò solamente quando fu Salvini a riprodurre i suoi brani) o di Vasco Rossi, sempre stato distante anni luce, dall’agone politico.
Inutile, anche perché bisognerebbe aprire un dibattito ben più ampio. Resta il fatto che a un napoletano sembra essere precluso non solo di commemorare un suo concittadino illustre, ma anche e soprattutto aderire politicamente al partito di Matteo Salvini.
Lo story-telling di comodo deve aderire ancora a quello della Lega di inizi anni ’90, dipinta come la calata dei barbari su “Roma ladrona” e deve prevedere la demonizzazione dei cittadini del Sud, ora demonizzati da chi li taccia, nemmeno troppo velatamente, di imbecillità perché “Da Roma in giù non puoi essere leghista”.
Mi perdonerà Tomasi di Lampedusa se, apoliticamente, cito il suo “Se vogliamo che tutto rimanga come è, bisogna che tutto cambi”. Ecco, a sinistra è l’esatto contrario: tutto deve rimanere immutabile, monolitico, cristallizzato nel tempo, affinchè, naturalmente non cambi nulla.
Vasco Rossi non è lontano anni luce dall’agone politico; ultimamente si è espresso in più di un’occasione a supporto dei massoni dem contro il pericolo del fascismo incombente, a cominciare da quelle patetiche battutine anti-Berlusconi alla ‘guardate, ci sono anch’io’ con cui ci deliziò alla sua prima partecipazione al concertone del primo maggio.