Un convegno a Chieti organizzato dalla Società Italiana di Medicina Ambientale ha evidenziato come verde pubblico, corretta alimentazione e aria pulita influenzino la crescita
Proteggere la salute dei bambini significa superare l’idea che la biologia sia un destino immutabile. Oggi sappiamo che la salute si costruisce nel tempo, fin dalle prime fasi della vita, attraverso un dialogo continuo tra patrimonio genetico e ambiente. L’epigenetica ha mostrato con chiarezza come il DNA non sia un copione rigido, ma una partitura che l’ambiente interpreta, modulando l’attività dei geni in base alle condizioni di vita. Ciò che accade durante la gravidanza, l’infanzia e l’adolescenza può lasciare tracce biologiche durature, capaci di influenzare la vulnerabilità alle malattie, la regolazione del sistema immunitario e persino il benessere psicologico. Diventano così decisivi i determinanti ambientali e sociali della salute. L’aria che respiriamo, gli spazi in cui viviamo, la salubrità delle nostre abitazioni, l’esposizione al traffico, ai pesticidi o ai composti industriali non sono elementi neutri.
L’Organizzazione Mondiale della Sanità stima che circa un quarto delle malattie infantili nei Paesi ad alto reddito sia legato a fattori ambientali modificabili. Le polveri sottili (PM2.5 e PM10), in particolare, rappresentano uno dei rischi più documentati. L’esposizione cronica nelle prime fasi della vita è associata a un aumento dell’asma, a maggiori infezioni respiratorie ricorrenti e, secondo studi pubblicati, anche a possibili effetti sullo sviluppo neuro-cognitivo, con riduzione dell’attenzione, difficoltà di apprendimento e maggiore rischio di disturbi del comportamento. Questa realtà si riflette nella vita quotidiana. Un bambino che cresce vicino a una strada ad alto traffico respira, in un solo giorno, una quantità di particolato fine significativamente superiore rispetto a un coetaneo che vive accanto a un parco urbano. Nei pressi delle scuole situate in zone congestionate, le concentrazioni di biossido di azoto possono superare le linee guida OMS fino al 40%. Anche gli ambienti interni contano: l’uso frequente di detergenti chimici, la scarsa ventilazione e la presenza di muffe aumentano il rischio di allergie e problemi respiratori. La salute si costruisce anche nella semplicità dei gesti quotidiani, come aprire le finestre, scegliere materiali non tossici, favorire il gioco all’aria aperta. Ma l’ambiente non si limita a ciò che si può respirare o toccare. È anche sociale: reddito, stabilità familiare, accesso all’istruzione e ai servizi sanitari, qualità delle relazioni affettive.
La letteratura scientifica degli ultimi quindici anni mostra come l’esposizione allo stress nei primi anni di vita possa alterare la regolazione del cortisolo, influenzare la risposta infiammatoria e modificare la maturazione di aree cerebrali coinvolte nella gestione delle emozioni. Un bambino che cresce in condizioni di insicurezza, isolamento o povertà non subisce solo una penalizzazione sociale, il suo corpo impara un modo diverso di reagire al mondo. Basta osservare contesti urbani diversi per cogliere l’impatto delle opportunità ambientali. Quartieri con meno aree verdi registrano più casi di obesità infantile, minore attività fisica e livelli più alti di stress percepito. Al contrario, la presenza quotidiana di spazi sicuri, natura accessibile, piste ciclabili e cortili scolastici curati favorisce sviluppo motorio, socialità e benessere emotivo.
In questo quadro, la scuola diventa un vero luogo di salute. Mense che riducono i cibi ultraprocessati, giardini scolastici che permettono attività all’aperto e programmi di educazione affettiva e relazionale rappresentano interventi di prevenzione a lungo termine. Questo intreccio tra ambiente, società e biologia emerge con forza anche nell’analisi di alcune malattie sempre più rilevanti. In Italia, negli ultimi vent’anni, il cancro è diventato la prima causa di morte per malattia in età pediatrica. I progressi nelle cure hanno aumentato significativamente la sopravvivenza, ma il primato di questa patologia impone una riflessione sulle esposizioni precoci e sulle trasformazioni ambientali in atto. La scienza parla di probabilità, non di destino, ed è proprio qui che la prevenzione diventa cruciale. La prevenzione inizia molto prima della diagnosi, e persino prima della nascita. Significa garantire aria pulita, ridurre il traffico urbano, regolamentare l’uso di sostanze chimiche, sostenere un’agricoltura che limiti i pesticidi, tutelare l’accesso a cibi freschi e sani, e offrire percorsi di sostegno alla maternità e alla genitorialità. Vuol dire investire nei consultori familiari, nei servizi territoriali e nelle scuole come luoghi di educazione alla salute, oltre che contrastare la povertà infantile, perché non esiste salute dove mancano sicurezza e opportunità.
Proteggere i bambini significa proteggere il loro ambiente. E proteggere il loro ambiente significa proteggere la nostra idea di futuro. Ogni intervento che migliora la salute infantile genera benefici collettivi: riduce la spesa sanitaria, sostiene lo sviluppo cognitivo e rafforza la coesione sociale. È una scelta pubblica e culturale, prima ancora che clinica. Di questi temi si è parlato alla Seconda Conferenza Internazionale di Medicina Ambientale, che si è tenuta a Chieti il 20 e 21 novembre scorsi, organizzata dalla Società Italiana di Medicina Ambientale, insieme all’Università degli Studi “Gabriele d’Annunzio” di Chieti-Pescara e all’editore scientifico MDPI. La Conferenza si è aperta il 20 novembre, in concomitanza con la Giornata Mondiale dell’Infanzia, istituita da Nazioni Unite e UNICEF per commemorare l’adozione della Convenzione sui Diritti dell’Infanzia, una coincidenza che ha rafforzato il messaggio centrale dell’evento, proteggere la salute dei bambini in un mondo sempre più influenzato da fattori di stress ambientale. Le sessioni hanno affrontato temi come genetica, epigenetica, prevenzione precoce, epidemiologia ambientale, pediatria, medicina di precisione e strategie di sanità pubblica, grazie alla partecipazione di esperti e scienziati di primo piano provenienti da Stati Uniti, Cina, Emirati Arabi Uniti, Italia, Francia, Regno Unito, Spagna e Romania. Proteggere la salute dei più piccoli significa costruire alleanze tra scienza, istituzioni e imprese capaci di promuovere innovazione sostenibile e benessere collettivo. In questo spirito di collaborazione e responsabilità condivisa, hanno partecipato a questo percorso Mdpi, Novartis, Revvity, Resnova, Hyla, Radoff, Asacert, Netco, Griesser Italia, Get Consulting, Velux, Reair e Tucano. Il loro impegno ha dimostrato che la tutela della salute infantile e la sostenibilità ambientale non sono solo obiettivi scientifici, ma valori comuni e fondamenta di un futuro più sano per tutti.

















