Quegli idioti che vogliono abbattere la statua di Montanelli

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Rosario Mignemi / CC BY-SA (https://creativecommons.org/licenses/by-sa/4.0)

Rimuovere la statua di Indro Montanelli è una proposta choccante che deve fare accapponare la pelle di chiunque ami davvero la libertà di pensiero. La proposta di Pd e “Sentinelli” di cancellare dalla memoria civica di Milano (e in un certo qual modo dell’intera nazione) il volto del padre fondatore de Il Giornale e de La Voce sconcerta e dovrebbe fare vergognare chiunque. Dovrebbe, ma non è così. Perché una certa intelligenza radical e progressista vedrebbe con favore una soluzione dal vago sapore iconoclasta e punitivo.

La rabbia esplosa per il brutale assassinio di George Floyd a Minneapolis, da legittima sta proiettando su tutto il mondo occidentale un’ombra altrettanto brutale e tetra. L’ansia politicamente corretta di ridefinire la toponomastica non solo americana, ma anche europea, rischia di essere una frana difficile da contenere. Indro Montanelli fu un maestro di giornalismo senza se e senza ma. Uno di quelli con la schiena dritta, tanto da essere gambizzato dalle BR. Un punto di riferimento per chiunque creda che ci sia una modalità non ideologica di vivere la professione. Quella che privilegia i fatti e non le piaggerie da salotto buono. Chiedete a Vittorio Feltri, ad Alessandro Sallusti e persino a Marco Travaglio. Loro vi diranno chi era davvero il direttore.

L’ipocrisia di sbianchettare millenni di storia a partire dalle coordinate dell’antirazzismo potrebbe tramutarsi in qualcosa di atroce. Dai monumenti alla legittimazione dell’abbattimento fisico di chiunque sia additato quale avversario di una qualsiasi minoranza il passo è breve. Da tempo la questione dell’odio è sfuggita di mano. Con una certa presunzione, gli analisti hanno ripetuto a menadito che gli artefici di tutto ciò fossero esclusivamente i cosiddetti sovranisti. Non solo hanno sbagliato, ma alla fine si sono rivelati essi stessi i promotori di un livore che non riconosce più culture e confini.

Fascismo e antifascismo ormai sono stati superati dai fatti. Quando a farne le spese sono addirittura le statue londinesi di Winston Churchill (di colui cioè che ha battuto sul campo fascismo e nazismo) perché ritenuto oggi – e non ieri – un razzista, nessuno può più dormire sonni tranquilli. Perché ci sarà sempre qualcuno che è più antirazzista di un altro. Ecco che c’è da temere il peggio. E quel peggio sta arrivando tra le genuflessioni di chi, rivendicando giustizia per Floyd, sta aprendo invece le porte a una nuova e rovinosa rivoluzione criptoculturale.