“è meglio rivoltarsi,/resistere, difendere/essere la nuova Reconquista/con il dio d’Europa/dalla nostra parte”(1000% made in Europe)
Dannato, rivoltoso, aristocratico, Steve Drakos è uno dei personaggi più interessanti e controversi della scena musicale europea. Con uno stile ribelle ed incontenibile, straripante, di emozione, vitalità e rivolta. Rappresentate una idea di musica in antitesi con un “mondo anestetizzato, con le sue arti indolori, le sue politiche terminali” con l’unico dovere e comandamento il “tu non devi avere senso”. Urlando contro la palude del nichilismo e “sorgendo dall’inferno della cultura europea “. Gridi che sono stati ben rappresentati negli album “blood to blood” ed “industrial devils”, oggi raccolti dal buon Andrea Lombardi, responsabili di CulturaIdentità di Genova, in “XXVIII poemi di sangue e di fede” nella collana Off topic di ITALIA STORICA.

L’opera è una raccolta di testi di Steve Drakos, seguito da una serie di testimonianze, interviste e foto del cantante italo-ellenico. Aldilà di una valutazione politica, che ci sembra superflua quanto inopportuna, l’opera si presenta come una fusione tra un archivio non conforme e una raccolta poetica. Dove alle dichiarazioni in cui l’autore esprime il suo disgusto per una cultura della paralisi, della rassegnazione e del senso di colpa, alle considerazioni di stampo musicale sul perché della scelta della musica elettronica come mezzo di espressione artistico. Poiché l’elettronica per Drakos oltre ad avere potenzialità immense è l’archetipo della vitalità umana, è il trampolino per mostrare la forza di un cuore che pompa sangue e di una mente che pensa, un megafono di tutto quello che c’è di carnale e vitale nell’uomo, non riducibile alla mediocrità degli “slogan idioti a cui è ridotta certa musica techno”.
La musica elettronica diventa il medium con cui i Drakos Clan hanno rappresentato non solo un suono, ma il proprio essere, la loro forza. Considerando la musica come un arma di risveglio, di rivolta, di reconquista, attraverso sonorità elettroniche capaci di esprimere il sangue, quindi la carnalità e la vitalità lontano dai feticci della società dei consumi, e la fede, una visione integrale, controcorrente. Sangue e fede che accomunano i 28 poemi della raccolta di Italia storica. Testi che invocano il risveglio contro la paralisi, l’accettazione delle pulsioni umane contro le inibizioni e le frustrazioni sociali(“solo non lasciare mai che la tua giovane rabbia muoia noi giuriamo che manterremo sempre viva la vostra fiamma infinita”). Infuriando contro il morire della luce in “a clock work city”, ritraendo le città ad orologeria, caricate a disprezzo, ossessive, paranoiche, nevrotiche. Alle città ad orologeria Drakos predilige il metallo urlante della vita assoluta del mondo cavalleresco, della coscienza europea, di un patrimonio aristocratico e popolare, carnale e austero. Ultima sentinella di un mondo guerriero e inattuale, sul fronte dell’inferno, che incarna la civiltà del sangue contro la civilizzazione dell’oro.
Drakos, questo Majakovskij archeofuturista, tra Marinetti e La Charette, la reconquista e la sfida alle stelle, in questi testi mostra un mondo lontano sia dalla scena musicale attuale sia da quella poetica, una visione del mondo atipica ma interessante, che bene si riassume nei sue testi, nei riferimenti paganeggianti , nel freddo furore con cui osserva un mondo spento e sterile che cerca di risvegliare, di far risorgere.