Se il cinema italiano preferisce Casalino a Pupi Avati

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Nella tre giorni del Festival di Culturaidentità, terminato la scorsa settimana a Casale Monferrato, mi ha colpito particolarmente l’intervento del Maestro Pupi Avati che ha raccontato di essere riuscito solo dopo ben 18 anni a trovare la produzione per il suo nuovo film, iniziato a girare da poche settimane, sulla vita di Dante Alighieri. Inspiegabili paradossi di un cinemino politico “de sinistra” che ad esempio cerca di sminuire una figura gigante come quella di d’Annunzio, dipingendo un vecchio cocainomane anti-fascista invece che il poeta, l’eroe, l’amatore. Ma al di là delle considerazioni sul Cattivo Poeta uscito nelle sale nei mesi scorsi, la cosa che intristisce di più è che mentre un grande regista 83enne, che lascerà un segno indelebile nel cinema italiano e mondiale, trova difficoltà per girare una pellicola sul Sommo Poeta, il libro autobiografico di Rocco Casalino diventerà presto un film. Si perché, notiziona riportata con enfasi da alcuni giornali, la casa di produzione Kubla Khan ha comprato i diritti de Il Portavoce, il libro del guru della comunicazione dell’ex premier Conte (abbiamo visto infatti che bella fine ha fatto). Il degrado culturale di questi anni con la rincorsa al ribasso da Fedez a Saviano passa ora per Casalino che rappresenta bene o male cosa ci ha governato in questi tempi bui, dove un influencer o un ex stella del Grande Fratello vengono presi più in considerazione di un Maestro del Cinema italiano. Quando racconteremo tutti come fa Avati l’immensità dei nostri poeti o le gesta dei nostri eroi torneranno anche i grandi produttori, quelli coraggiosi che una volta affiancavano i veri artisti sostenendo la loro genialità e da certe marionette di fine regime non si sarebbero fatti portare nemmeno un caffè.

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