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Cambiata al fotofinish la relazione che, in nome della lotta al cancro, voleva criminalizzare vino e carni
Il Made in Italy porta sul mercato globale la forza di territori e coste che vantano filiere produttive di prim’ordine, capaci di offrire prodotti agro-alimentari e vitivinicoli che agli occhi di chi li acquista all’estero sono sinonimo del buon vivere e – soprattutto – del buon gusto italiano. Chi vive o ha vissuto per un periodo della propria vita al di là delle Alpi, sa di cosa parlo. Non a caso l’età media nel nostro Paese è tra le più alte d’Europa, e il merito va attribuito in larga misura alla dieta mediterranea, al cui cuore stanno proprio gli alimenti della tradizione.
Da anni, a Bruxelles è in corso una crociata silenziosa che in nome di un’idea di salute pubblica non ben precisata investe i prodotti di punta dell’agroalimentare italiano: in primo luogo vino e carni. Infatti l’Unione Europea, forte della complicità di certi Stati e di una parte dell’intellighenzia continentale, pensa di poter condizionare le scelte dei cittadini, ridotti al titolo poco onorifico di meri “consumatori” di un asettico Mercato Interno, e di farlo secondo criteri nient’affatto scientifici, bensì dettati dall’ideologia globalista e ambientalista.
Prima che la polveriera della guerra ridefinisse le priorità della politica, la crociata contro i prodotti tradizionali ha avuto una prima, simbolica battuta d’arresto nell’Aula di Strasburgo, dove nel mese di febbraio è stata portata in votazione una relazione sul piano anti-cancro dell’Ue: un tema su cui non dovrebbero esistere divisioni. Il cancro, infatti, va sconfitto e prevenuto, su questo non c’è dubbio. Tuttavia, nella cornice di un piano lodevole sono stati inseriti alcuni attacchi all’industria vitivinicola. Ecco alcuni esempi: l’introduzione dell’etichettatura delle bevande alcoliche con le avvertenze per la salute, come per le sigarette; l’aumento delle tasse sugli alcolici e il divieto per le aziende produttrici di alcool di sponsorizzare eventi sportivi.
Inutile dire che l’Italia ne sarebbe stata danneggiata, per quanto a questo stadio la relazione fosse appena una dichiarazione d’intenti e la proposta legislativa della Commissione Europea debba ancora vedere la luce. Ma grazie al lavoro di molti europarlamentari italiani e alla levata di scudi delle associazioni di categoria, il testo è stato cambiato e le parti problematiche sono state cancellate, salvando un settore che, secondo i dati forniti da Coldiretti, solo nel nostro Paese vale 12 miliardi e occupa 1,3 milioni di persone, e che rischiava di esser bollato senza mezzi termini come “cancerogeno”.
Questa battaglia è vinta, e la mettiamo in soffitta. Molte altre ne restano però da combattere, mentre le conseguenze della guerra in Ucraina picchieranno duro contro il nostro comparto agroalimentare.
Infatti, gli attacchi al Made in Italy non si fermano, primo tra tutti quello rappresentato dal nutriscore: l’etichettatura a semaforo secondo cui una coca light è più salutare del parmigiano.
Ma nell’epoca dei regimi alimentari ostentatamente salutisti, del veganesimo intransigente e dei monopattini elettrici, una bistecca fiorentina e un quarto di rosso sono diventati i simboli di una storia che non vuol essere cancellata. Difendiamola.












