Susanna Dore: l’Anima Mundi messa su tela

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"Origine", olio su tela
"Origine", olio su tela

Fra ricordi di vite passate e il bisogno archetipico di «tornare a casa», una pittura intrisa d’eternità che oltrepassa il suo medium con struggente nostalgia

Nella notte dei tempi, quando il Tutto era Uno e l’Uno era Tutto, l’uomo iniziò ad abitare la terra, scegliendo di stabilirvisi e farne la propria dimora. Erano secoli in cui questa specie non annoverava ancora sadici distruttori, né spietati invasori, ma pacifici ambasciatori di una stirpe di visitatori. Avevano visitato centinaia di galassie e migliaia di costellazioni, ma sulla terra avevano sentito sussurrare, in modo profondo e suadente, l’Anima Mundi. Erano viaggiatori astrali e, in principio, all’origine di tutte le cose e di tutta la creazione, non appartenevano a questo pianeta ma, una volta arrivati, avevano iniziato sin da subito a percepire una connessione inspiegabile e necessaria fra uomo e natura, fra creature e creato. La Madre Terra facilitava, benefica e accogliente, il loro passaggio, instillando in loro intuizioni illuminate e manifestando legami energetici fra Uno e Tutto. Uomini e donne vivevano nella concordia universale. Gea era protetta e protettrice; divinità invisibili soffiavano come venti sulle acque, rombavano come tuoni fra le montagne, frullavano come battiti d’ali nelle pianure, cantavano ninne nanne ancestrali nella vegetazione, fra i boschi. Le tribù si spostavano sulla terra in lungo e in largo e potevano scorgere in ogni dove le tracce di un anelito vitale indispensabile e irrinunciabile.

Purtroppo, però, migliaia di anni or sono, questo equilibrio a poco a poco ha iniziato a vacillare e venir meno e gli uomini hanno dimenticato, progressivamente, da dove venissero e perché fossero su questo pianeta. La noia mentale, l’abitudine esistenziale e il buio spirituale si sono diffusi a macchia d’olio, sbiadendo tutti i colori che una volta inondavano le anime di Luce e consapevolezza. Così, tra guerre fratricide per sete di potere, l’Anima Mundi ha smesso di parlare come faceva un tempo e un silenzio glaciale è piombato sull’umanità. Essa, inferocita e accecata dalla propria brama di onnipotenza, ha preso a scagliarsi contro ogni cosa, ogni essere, ogni luogo. Ormai un quesito estremo, ed estremamente impegnativo, pesa sulla coscienza di quanti hanno percepito almeno una volta quella sensazione di pienezza e di perfezione, quella connessione totale: è ancora possibile tornare indietro e guarire Gaia, ripristinando quella relazione che ci consentì di viverci come signori e che tuttavia abbiamo sgretolato, trasformandoci in schiavi di noi stessi, con vizi e passioni, fobie e perversioni?

Susanna Dore è la pittrice che, con le sue tele, rammenda il sogno che l’era moderna ha fatto a brandelli. Dipingendo dimensioni altre, in cui l’uomo può nuovamente accedere all’Anima del Mondo, Susanna auspica che quel viaggio, intrapreso in altri luoghi e in altri millenni, possa ancora oggi essere realizzabile. Nei suoi quadri, il medium dell’olio sfaccetta di riflessi eterei e luminosi i paesaggi che si dispiegano dinanzi agli occhi dell’osservatore. Le scene brillano e scintillano, in mezzo alla mediocre nebbia emozionale dei più, come fari risplendenti, colmi di memoria e di rivelazione, tanto da sembrare dipinte con il pennello dell’eternità, attingendo ai colori dell’universo. A guisa di varchi per un aldilà carico di suggestioni ed inviti subliminali, sembra quasi di potervi entrare in volo, a tratti e sospiri, come in ambientazioni oniriche. In «Ethereal Reverie», tanto quanto in «Origine», la donna è una novella Musa, forse inviata da guide ultraterrene, per afferrare quell’ultimo bandolo sfilacciato della matassa «celeste». La donna, forse la stessa pittrice, è spesso protagonista di questi percorsi salvifici, ripercorrendo a ritroso i passi per tornare alla propria Dimora e al Bene. Come Beatrice per Dante, essa assurge a guida divina per un’umanità caduca e fallace, raffigurata in una quieta tensione dall’assetto meditativo, privo di debolezze e tentennamenti. La sua posizione, in alto a destra nello spazio pittorico, pare quasi voglia indicare un mandato soprannaturale. E infatti la rinascita è affidata ad un’evoluzione che parte proprio dal «divino femminino» dove i boccioli di una nuova fioritura dell’umanità, crescono e si fanno radici e rami, intrecciandosi al viso femminile, assorto in una catarsi curativa.

Nei paesaggi abilmente rappresentati dall’artista, s’intravedono abbastanza chiaramente le caratteristiche distintive del giardino dell’Eden, che la Dore chiama «Elyria». È una sorta di richiamo autobiografico al tema del Ritorno alla vera Vita, che poi è uno dei motivi conduttori della sua ricerca interiore e leitmotiv della sua sperimentazione artistica. Ammiriamo scene che traboccano di laghi e fiumi, cascate e sorgenti, montagne e radure, campi e foreste. E ad ogni nuova opera che Susanna dipinge, ecco materializzarsi nuove possibilità di sopravvivenza ed evoluzione per il genere umano, decodificabili attraverso opere come «Araba Fenice», dove osserviamo l’anima, ancora una volta identificata in una figura femminile, ormai scollegata dal corpo terrestre, che è finalmente libera d’essere traslata verso la vivificazione definitiva, dalla Fenice, leggendario animale simboleggiante rinascita e resilienza. La diade si staglia verso un mare che sconfina nell’infinito e ci trasmette la speranza che, un giorno, ognuno di noi possa realmente fare quel viaggio, dove l’immanenza cede il passo alla trascendenza e i nostri occhi interiori possano realmente aprirsi alla luce perpetua.

IG : @susanna_dore_
Email: [email protected]
Fb: Susanna Dore

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