Una Meloni di governo anche senza i poteri forti

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Un delizioso viaggio nel passato.  Quando i tempi della politica venivano scanditi dai congressi e non dai post su Facebook o dai cinguettii di Twitter. Venerdì 29 aprile Giorgia Meloni si è presa più di un’ora di tempo. 70 minuti per l’esattezza. E dal palco della convention di Fratelli d’Italia ha fatto un bel po’ di riflessioni. Un discorso molto denso. Un linguaggio chiaro. Giorgia Meloni studia. Lo si capisce. È da quanto sei chiaro nell’esporre un’idea che si comprende quanto ne sei padrone. Sbavature non ve ne sono. Almeno da parte sua.  Giorgia Meloni propone un progetto nitido. Un partito conservatore. Autenticamente tale. L’atlantismo di maniera è d’obbligo in tempi di guerra. Ma la leader di Fratelli d’Italia non manca di sottolineare con toni anche aspri che essere alleati dell’America non significa avere gli stessi interessi economici. Almeno nel breve termine. Tanto nel lungo saremmo tutti morti, diceva Keynes.

E ciò che è musica per le orecchie dei politici a Washington -vale a dire tagliare il cordone ombelicale dell’energia che lega soprattutto Germania e Italia alla Russia- è rumore sinistro per noi: razionamento dell’energia, fabbriche che chiudono e depressione economica. Qui però Giorgia Meloni non detta ancora l’agenda politica pur avendo il comodo monopolio dell’opposizione. Che comunque frutta a lei e al suo partito una straordinaria rendita di posizione. Alle prossime elezioni politiche Fratelli d’Italia potrebbe incamerare almeno 150 seggi fra Camera e Senato. Rispetto ai quasi 60 di oggi. E sebbene il numero dei parlamentari sia stato drasticamente e sciaguratamente ridotto da 945 a 600. Lo sanno tutti. La coda per entrare in casa di Giorgia è lunga quasi come la fila degli italiani in povertà tutti giorni alla Caritas per un po’ di pasta. Giorgia Meloni vuole governare ed avere mano libera. Non è scesa a compromessi. E non ha pagato pegno. Anzi.  E qui il progetto di Giorgia Meloni forse è aperto forse no.

Sta pensando al Centro destra. Ma anche a correre da sola. Non sappiamo se le aggraderebbe costruire un vero partito dei conservatori unendosi agli altri. Inevitabilmente l’ambiguità tutta italiana di avere due partiti molto simili a destra (come Lega e Fratelli d’Italia) andrà prima o poi risolta. Probabilmente la Meloni pensa di farlo gratis. Crescendo senza fretta ed accogliendo gli elettori di destra in libera uscita. È quella che in economia aziendale si chiama crescita organica. Per linee interne. Aumenti fatturato e margini perché il tuo prodotto piace. Non perché compri altre aziende magari affastellando debiti. Quasi sicuramente ha ragione Giorgia. Se si guarda alla fazione. Ma se si pensa alla nazione? Parola che a Giorgia giustamente piace tantissimo. Forse l’interesse del Paese potrebbe anche essere meglio soddisfatto iniziando un percorso diverso. L’unione con la Lega non è all’ordine del giorno? Ma non è detto che sia fuori dal mondo. Salvini dovrebbe rinunciare alla leadership. Probabilmente è un prezzo che sarebbe già disposto a pagare. “Accetto il passo di lato del mio alleato e mi impegno a proporre un candidato premier che possa piacere a tutti” potrebbe essere l’elegante risposta della Meloni. A dire il vero il parterre dei suoi ospiti ha accolto tanti esponenti di alto profilo. Alcuni dei quali questo ruolo di premier potrebbero averlo. Ma probabilmente Giorgia pensa più a loro come suoi autorevoli ministri e non come candidati a Palazzo Chigi. Giorgia Meloni vuole essere Chief Executive Officer di questo progetto. Non semplice azionista di controllo. È legittimo e naturale che coltivi questa ambizione. Rimane l’incognita di Forza Italia. Giorgia Meloni propone un programma di destra moderno. Meno tasse. Più libertà. Più industria. Più agricoltura. Meno burocrazia. Presidenzialismo. Rilancio demografico. La famiglia al centro. Tutte cose che nel 94 stavano nel programma di Berlusconi ma la cui Forza Italia appare oggi una poco distinguibile corrente dentro il Partito Democratico. Persa dentro il delirio di obblighi vaccinali e green pass. Su tutto rimane una piccola nota stonata creata ad arte. Di cui la Meloni non è peraltro responsabile.

“In questo paese non basta prendere più voti: chi fa il premier deve necessariamente fare i conti con poteri esterni” dice Guido Crosetto in un’intervista resa a L’Espresso (che naturalmente fa un titolo per mettere un po’ di zizzania). Mai banale Crosetto, in questo ha ragione. Poi aggiunge: “Senza l’ombrello della BCE (giusto n.d.r.) e l’intervento di altri Paesi (sic!) non riesci a governare. Serve accreditarsi in Europa, per far capire che non siamo gli sciamannati che vogliono scappare con la refurtiva”. Sintesi giornalistica sorprendente, a tratti infelice e comunque palesemente in contrasto col Crosetto pensiero meravigliosamente espresso dal palco della convention. “Del voto si prende atto non lo si giudica” ha detto giustamente Indipendentemente dalla sintesi giornalistica più o meno fedele.  I conservatori inglesi, di cui Giorgia Meloni in quanto presidente dei conservatori europei è interlocutore e alleato, hanno vinto con due parole d’ordine semplici: “Brexit” e “Get Brexit done” (facciamola nel concreto la Brexit). Per loro era semplice certo. Non avevano i guinzagli con Bruxelles che abbiamo noi a partire dalla moneta. Ed infatti non si tratta di sfasciare proprio un bel niente. L’Unione Europea imploderà sotto il peso delle sue debolezze e contraddizioni. Come già accaduto all’URSS. E non perché lo vorrà qualcuno. Ma perché così è la vita. Gli stati sovrani erano una settantina dopo la Seconda guerra mondiale. Oggi più di 200.  Così va il mondo così va la storia. Governare senza la banca centrale è impossibile. Ha ragione Crosetto. Lo sarebbe per chiunque. Anche per Biden se la FED fosse a Bruxelles. Anche per Boris Jonhson se la Banca d’Inghilterra fosse in Canada anziché a Londra. E governare il Paese significa certo non andare in crociera ma prepararsi a pilotare un aereo che sta precipitando con un atterraggio d’emergenza. Fra atterrare in un modo o schiantarsi c’è la sua bella differenza. Si lo confesso.  Mi fiderei molto più di Giorgia che di Letta alla cabina di comando di quell’aereo. Ma quell’aereo non resterà in volo a lungo. Indipendentemente dal fatto che crediamo di saper stare a tavola o meno.

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4 Commenti

  1. Il centrodestra non deve fare altro che mettersi sulla strada della chiarezza. Berlusconi e Salvini la devono finire con i loro girigogoli: la parola d’ordine deve essere una e una sola: e questo vale e per i partiti e per i possibili elettori. Deve, insomma, essere per tutti chiaro che in caso di vittoria del centrodestra a Palazzo Chigi va chi ha ottenuto più voti. I senza di noi non si va da nessuna parte, tanto cari a FI e alla Lega, è solo fuffa. A destra e a sinistra, è lampante che ci vuole compattezza e prima e dopo le elezioni: dato che per andare a Chigi non bisogna solo vincerle le elezioni ma ad esse sottostare. Altrimenti significa tradire il volere degli elettori. E c’è un solo modo di farlo, stringersi attorno al leader del partito della coalizione che ha riportato più voti e, conseguentemente, più parlamentari. I distinguo del prima o del dopo produrrebbero soltanto dell’acido muriatico la cui tossicità si riverserebbe sul buonsenso. E a goderne sarebbe soltanto il centrosinistra.

  2. “Senza i poteri forti”? Meglio. Quelli sono parassiti che si attaccano a chi fa il loro gioco. Perché il PD è sempre lì, come il prezzemolo, in ogni governo, senza avere i numeri per esserci? Perché è legato a doppio filo a chi ha interesse a che il PD sia lì, come il prezzemolo, al governo. Vedrete che se il centrodestra vincerà le elezioni, salvo qualche sovversiva invenzione di chi sappiamo, i poteri forti sposteranno il loro baricentro…

  3. Il grosso faccione di quel tizio che nella foto tiene in braccio la Meloni in una di quelle solite cafonate e buffonate all’italiana dove tutti si prendono confidenza con tutti salvo poi fregarsi alle spalle che è un piacere, uno dei peggiori difetti degli italiani e che io odio come non mai, la dice lunga sulla Meloni stessa e sulla sua statura politica. Fa sospettare come già in passato che sia stata messa dov’è, da figure e figuri dei passati regimi che la usano come un burattino o marionetta, perché se si presentassero essi stessi non beccherebbero neppure il voto della portinaia del loro palazzo. Gente già compromessa con politiche d’ogni tipo, una massa di romanacci e altri, pronti ad ogni accordo sottobanco e fuori, ad ingannare il popolo coglione per un’altra stagione di poltrone ben pagate e di bugie romane mentre l’Italia sprofonda per il suo destino. La Meloni è solo una testa di legno che può dire tutto quello che vuole, tanto in Italia le parole sono vento e niente altro. Alla prova non si è mai vista, all’atto pratico è un punto di domanda, di geniale non ha mai mostrato nulla, e quando parla sembra imbeccata da qualcuno. I suoi discorsi in Parlamento e pubblici da pasionaria della politica, sono mimiche alla romana, sbracciate da teatrino sempre romano, e non danno l’impressione di essere davvero forza di chi ha in mano azioni dure e pure come vorrebbe fare credere. Un’altra presa per il culo all’italiana, in un mondo politico che affonderà anch’esso nei tempi futuri. Peccato!

  4. un centro destra Geriatrico, dove Forza Italia e Lerga banchettano con la maggioranza, per una politica poltronara e redditizia.
    Sotto l’ascella di Silvio, il buon Salvini, elettoda Silvio stesso al ricevimento del finto matrimonio come miglior leader possibile nel centro destra, avanza con modi e lacchè perbenistici ,linguaggio da osteria mista a sermone in chiesa, direi alla frutta e capolinea di un periodo ormai morto della politica e del bipolarismo in Italia.
    Un centro destra che non è tale, un minestrone di derive e visioni, che hanno portato di corsa due partiti su tre a spartirsi titoli e ruoli a braccetto con gli avversari, nel nome di un’emergenza pompata e crisi costruita a tavolino.
    Traditori e mercenari, doppiogiochisti e affaristi, travestiti da conservatori e patrioti, con le bandiere di altre nazioni.
    insomma si è persa la compostezza, la lealtà, la serietà, l’identità di un polo una volta forte, oggi piegato a chi combatteva per una poltrona, soprattutto per spartirsi il grande banchetto dei soldi da Bruxelles, maledetti lestofanti.
    per questo va rifondato tutto, scarnificato dai parassiti, mandati a casa i dinosauri e largo ai giovani con titolo.

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