Landini e i “Pro-Pal” bloccano tutto: ma dov’erano quando i diritti degli italiani erano calpestati?

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In un’Italia già provata da crisi economiche e sociali, le strade, le università, le stazioni e persino le tangenziali si sono trasformate in teatri di un’agitazione che, sotto la bandiera della solidarietà con la Palestina, rischia di rivelarsi un esercizio di ipocrisia borghese. Disagi ovunque causati dallo sciopero generale proclamato da sindacati di sinistra come CGIL e USB – con oltre 100 cortei che promettono di “bloccar tutto”. Migliaia di manifestanti, studenti universitari e centri sociali in testa, hanno invaso piazze e infrastrutture: a Bologna l’A14 è stata chiusa per ore, con idranti e lacrimogeni che hanno disperso gruppi di antagonisti; a Torino la tangenziale sud è stata bloccata da un corteo partito da Palazzo Nuovo, mentre a Milano un gruppo ha invaso la tangenziale est, scatenando tensioni con la polizia.

Stazioni come Santa Maria Novella a Firenze, Principe a Genova e Matteotti a Cagliari sono state occupate, con binari invasi e treni fermi, colpendo pendolari e lavoratori che non hanno scelta se non subire il caos. A Napoli un tentativo di forzare l’ingresso al porto, mentre a Roma il corteo da piazza Vittorio, centro di quel paese “meticcio” che tanto piace a quella fazione, ma che per tutti gli altri è solo degrado e criminalità, ha paralizzato piazza dei Cinquecento, ribattezzata “Piazza Gaza” dai manifestanti

E chi, more solito, ne sta pagando il prezzo? Non Netanyahu e il suo esercito di certo, ma i “figli del popolo” che Pasolini difendeva con vigore nel 1968, in quella poesia incendiaria “Il PCI ai giovani”. Lavoratori, studenti, semplici cittadini e poi, ovviamente, le forze dell’ordine. “Avete facce di figli di papà”, tuonava il poeta contro gli studenti borghesi che si scontravano con la polizia a Valle Giulia. “Vi odio come odio i vostri papà. Buona razza non mente. Avete lo stesso occhio cattivo”. E ancora: “Quando ieri a Valle Giulia avete fatto a botte coi poliziotti / io simpatizzavo coi poliziotti! / Perché i poliziotti sì, sono figli di poveri. / Vengono da subtopie, contadine o urbane che siano. / Hanno vent’anni, la vostra età, cari e care”. Figli di papà che, come diceva Pasolini, picchiano “per sacro teppismo”, senza sporcarsi le mani con la quotidianità del precariato.

E qui entra un altro nodo: dove era Maurizio Landini e la CGIL durante il COVID, quando i lavoratori erano davvero vessati? Ricordiamolo: nel 2020-2021, mentre la pandemia falciava vite e posti di lavoro, i sindacati confederali – CGIL in testa – firmavano protocolli con il governo Conte e poi Draghi e posavano a beneficio dei fotografi mentre stringevano la mano ai primi ministri mentre l’articolo 1, 2 e 3 della Costituzione diventava carta igienica usata, con l’imposizione di green pass, tamponi obbligatori, smart working forzato, lasciando milioni di operai, cassintegrati e autonomi in balia di chiusure e burocrazia. E gente come Saverio Tommasi, oggi arrestato dagli israeliani su una nave della Sumud Flottiglia nel suo viaggio per la difesa del “prossimo”. Un “prossimo”, evidentemente, che deve essere un po’ più in là dell’italiano medio. Su quello possono passare le leggi e possono arrivare le manganellate e gli idranti, e anzi, si applaude pure e si umilia chi non ha chinato la testa. Ma se qualcosa avviene a 2000 km dalle nostre coste, ci si mobilita.

E oggi, con lo sciopero – confermato nonostante il parere di illegittimità della Commissione di Garanzia per mancanza di preavviso – Landini è in prima linea, annunciando “difesa dei diritti, pace e Palestina” e propugnando sanzioni per “violazione costituzionale”. Quella stessa Costituzione che nel 2021 veniva usata per fare gli aeroplanini di carta.

Ma il vero vulnus è culturale: questi blocchi non portano alcun “sollievo al popolo palestinese”, come dice il ministro Crosetto, ma solo caos agli italiani comuni. A Milano, il paradosso tocca l’apice: ventimila in piazza Duomo il 2 ottobre, un corteo talmente “pacifico” che culmina con l’ennesimo imbrattamento del monumento equestre a Vittorio Emanuele II. Vernice rossa sui leoni del basamento, scritte “Palestina libera” e insulti alla premier Meloni tracciati con la stessa mano. Non è la prima volta – nel 2023 Ultima Generazione aveva colorato di giallo la statua per il cosiddetto “cambiamento climatico”. Cambia il pretesto, ma la mano wokeista ha sempre lo stesso modus operandi: il vandalismo si maschera da protesta umanitaria, rovinando un simbolo nazionale.

Chi pagherà la ripulitura? I contribuenti, beninteso, non i “figli di papà” che si arrampicano sui monumenti per like social. Pasolini lo direbbe chiaro: questo è l'”occhio cattivo” della borghesia che gioca alla rivoluzione, mentre i veri oppressi – poliziotti, pendolari, precari e gli italiani che vedono il loro patrimonio identitario devastato – subiscono. In fondo, queste manifestazioni non sono solo contro Israele o per Gaza: sono un specchio dell’Italia ipocrita, dove la solidarietà si misura in blocchi stradali ma svanisce di fronte alle ingiustizie domestiche.

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