10 febbraio, Micich: la complicità fra Togliatti e Tito contro l’Italia

0

“La Repubblica riconosce il 10 febbraio quale “Giorno del ricordo” al fine di conservare e rinnovare la memoria della tragedia degli italiani e di tutte le vittime delle foibe, dell’esodo dalle loro terre degli istriani, fiumani e dalmati nel secondo dopoguerra e della più complessa vicenda del confine orientale”. Questo è quanto prevede l’art 1 della legge 30 marzo 2004 n. 92. Una normativa con la quale – dopo un lungo periodo di oblio, fatto di assordanti silenzi e imbarazzanti omissioni – è stato istituito il Giorno del Ricordo.

Al fine di tenere viva la memoria delle vittime delle Foibe, la normativa prevede altresì “iniziative per diffondere la conoscenza dei tragici eventi presso i giovani delle scuole di ogni ordine e grado”. Per di più favorisce “da parte di istituzioni ed enti, la realizzazione di studi, convegni, incontri e dibattiti”.

Iniziative che sono altresì “volte a valorizzare il patrimonio culturale, storico, letterario e artistico degli italiani dell’Istria, di Fiume e delle coste dalmate, in particolare ponendo in rilievo il contributo degli stessi, negli anni trascorsi e negli anni presenti, allo sviluppo sociale e culturale del territorio della costa nord-orientale adriatica ed altresì a preservare le tradizioni delle comunità istriano-dalmate residenti nel territorio nazionale e all’estero”.

Iniziative a cui non è certo estraneo Marino Micich, direttore dell’Archivio Museo storico di Fiume con sede a Roma, saggista storico. Un impegno alla memoria che Micich ha cercato di tenere viva dando vita al libro, fresco di stampa, “Togliatti, Tito e la Venezia Giulia. La guerra. Le foibe, l’esodo 1943-1954″, Mursia. Ed è proprio col suo autore che oggi parleremo delle Foibe e dell’Esodo giuliano-dalmata.

Direttore, a suo avviso, perché l’Italia ha atteso così tanti anni per istituire il Giorno del Ricordo?

“Una bella domanda davvero… Mah! La ragione essenziale era la tenace opposizione a ricordare la tragedia del grande esodo istriano, fiumano, dalmata assieme ai crimini delle foibe giuliane, soprattutto da parte del potente Partito Comunista Italiano ma, per altri motivi, lo hanno fatto anche i partiti di maggioranza della Prima Repubblica come la Democrazia Cristina o il Partito Socialdemocratico. Riprendere in mano questa parte di storia del nostro confine orientale significava per i comunisti italiani ammettere connivenze di ordine politico e morale con il regime comunista jugoslavo, vero responsabile della pulizia etnica e ideologica contro gli italiani di quelle terre”.

Secondo lei, ad oggi, le vittime delle Foibe sono ricordate con la giusta attenzione e sensibilità o ci sono normative, iniziative e progetti che non sono stati ancora messi in atto?

“Tutto sommato, a mio avviso, il Parlamento, le autorità governative e la stessa Presidenza della Repubblica hanno ben sostenuto la legge 92/2004 che ha istituito Il Giorno del Ricordo. La stessa legge è stata ampliata quest’anno a favore del mondo della scuola favorendo progetti di studio e di viaggio degli studenti italiani nelle terre giuliane. Anche la cinematografia ha prodotto interessanti film e documentari dedicati alla questione delle foibe o dell’esodo. Il Ministero della Cultura, infine, sta portando avanti la realizzazione di un Museo Nazionale del Ricordo a Roma. Purtroppo, la coscienza civile di molti docenti delle nostre scuole langue ancora molto su questi temi che invece dovrebbero studiare e far conoscere ai loro studenti. Secondo me l’influenza di certi storiografi legati un po’ a vecchie interpretazioni sulle vittime delle foibe e anche abbagliati dal mito di Tito, capo jugoslavo dell’epoca, condizionano ancora molto il mondo della scuola”.

A proposito di sensibilità e attenzione, cosa l’ha spinta a scrivere il libro “Togliatti, Tito e la Venezia Giulia. La guerra. Le foibe, l’esodo 1943-1954”?

“Ho voluto dare il mio contributo per fare luce, basandomi su una rigorosa documentazione, alla politica antinazionale portata avanti dal PCI, guidato allora da Palmiro Togliatti, riguardo all’integrità territoriale della Venezia Giulia a guerra finita. Molti storici, non solo io, hanno già da tempo posto in rilievo, magari in maniera sintetica e poco approfondita, le connivenze per motivi strategici di ordine rivoluzionario tra Togliatti e Tito, le quali non portarono certo bene agli italiani di quei territori, anzi morte e disperazione. Penso che illustrare come ho fatto con dovizia di particolari e ampia documentazione di archivio questa pagina di storia aiuterà a comprendere meglio la sua complessità”.

In queste ultime settimane, proprio in vista di questa data, ha partecipato a una serie di convegni. Qual è la sua impressione, soprattutto verso i giovani, quando parla vis à vis di una pagina storica così buia?

“I giovani sono la speranza per un futuro migliore, ma vanno seguiti e devo dire che mi danno molta soddisfazione durante le conferenze. I giovani pongono domande e vogliono capire soprattutto le ragioni della rimozione storica avvenuta per troppi anni intorno alle vicende istriane. Finalmente da qualche anno nella maggior parte dei manuali scolastici esiste una pagina dedicata alla questione giuliano-dalmata, che permette agli studenti di essere quanto meno informati in merito ai crimini delle foibe”.

Iniziative, progetti, convegni in ricordo delle vittime delle Foibe ma anche atti di vandalismo e negazionismo che continuano a non arrestarsi, soprattutto i primi. Basti pensare ai continui sfregi fatti a opere pubbliche realizzate in memoria di Norma Cossetto. A suo avviso, perché continuano a verificarsi condotte così incivili? Falle giuridiche, culturali o entrambe?

“Non è facile rispondere a questo quesito. Secondo me c’è una sorta di arretratezza culturale sui temi della storia patria e dell’identità nazionale che il clima di globalizzazione non aiuta ad affrontare con la dovuta cautela e interesse. Inoltre, c’è un risorgere di vecchi antagonismi politici che contraddistinsero purtroppo gli anni Settanta, anni in cui scoppiò il terrorismo “rosso” e la stabilità delle istituzioni repubblicane democratiche fu messa in seria crisi”.

A proposito di iniziative, quali sono i suoi progetti futuri o in itinere per mantenere sempre acceso il ricordo di chi, per troppo tempo, è stato lasciato nell’oblio?

“I progetti dell’istituzione che dirigo vogliono promuovere nuove ricerche storiche su temi ancora poco approfonditi come il dramma dell’esodo, ma anche promuovere scambi culturali con le terre di origine dove vive ancora una minoranza italiana di circa 22.000 persone. Ecco la storia, senza volute omissioni di carattere ideologico, per me deve aiutare a cucire strappi e riempire vuoti culturali per un futuro europeo di civile convivenza in quei territori che hanno troppo sofferto le politiche dittatoriali nel corso del Novecento”.

LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui

13 − tredici =