Come in molte città della nostra penisola si trovano deliziose specialità dolciarie legate al territorio, anche Besozzo, dal 2012 non fa eccezione.
Grazie alla dedizione e alla fantasia di Fulvio Sartori, il titolare dell’attività, gestita con la moglie Simonetta, e denominata “Antica Arte Pasticceria”, è stato realizzato il nuovo biscotto “Faretto di Besozzo”. Il nome attribuito al biscotto “faretto di Besozzo” è stato dato in onore al Faro che domina il territorio besozzese.
L’iniziativa del pasticcere, ha suscitato l’interesse dell’Amministrazione Comunale che ha ritenuto opportuno insignire il prodotto con il marchio “Denominazione Comunale di origine”, con lo scopo di portare avanti concretamente il marketing territoriale di una zona come il medio Verbano ricca di tradizioni e cultura gastronomica, ma soprattutto ricca di luoghi straordinari.
L’idea è quella di riscoprire le vecchie tradizioni attraverso questo biscotto rustico, i cui ingredienti sono tutti a chilometro zero; uova, burro e mais provengono da Besozzo. La ricetta è ovviamente top secret; del nuovo biscotto besozzese, che è di forma quadrata, esistono ben tre versioni differenti, una più gustosa dell’altra. Il Faretto è un biscotto tipico da tè, ma tra la versione base, quella integrale, e quella al cacao, non si sa davvero scegliere quale sia la più sfiziosa.
Il gustoso biscotto è stato ideato in seguito ad un’accurata ricerca storica di alcune ricette dolciarie cercando testimonianze del passato presso antiche panetterie della zona di Besozzo, Bogno, Cardana e Olginasio. Già nella metà del 500, quando il Borgo contava poco più di ottocento anime, sulle rive si allineavano diversi mulini, alcuni dei quali servivano alle prime cartiere. Erano presenti una fola per la produzione della lana, sette cascine e quattro mulini uno dei quali è sopravvissuto sino a qualche decennio fa.
I contadini conferivano le granaglie, prodotte nei loro campi, per farne farine che i forni domestici trasformavano in pane, polenta e dolci per la mensa della famiglia. Il grano veniva suddiviso in grano tenero e grano duro e la macina in pietra, con il suo lento ruotare spinto dall’acqua, separava prima i grani di frumento dal tegumento che le ricopre, li macinava per farne farine dei due tipi di grano e lo lasciava integro per la farina integrale; macinava gran turco per farne farina gialla e fioretto per i dolci. La produzione alimentare era a circuito chiuso: quello che veniva prodotto si consumava sul territorio; oggi diremmo che erano a chilometro zero. Nacque così, in questo contesto, un biscotto che nella sua composizione racchiudeva i prodotti del territorio: farina di grano tenero mischiata a quello duro, un po’ di fioretto, dello strutto, le uova, lo zucchero e un po’ di cremor tartaro per la lievitazione: una ricetta povera come gli ingredienti che lo componevano. La ricetta è sopravvissuta grazie ad un fornaio del paese che ne ha prodotti fino a quando l’ultimo mulino non ha cessato di macinare farina.
Grazie all’Antica Arte Pasticcera, ai suoi titolari che ne hanno rinverdito il sapore, oggi i “Faretti di Besozzo” allietano numerosi palati, e hanno tutte le caratteristiche per poter entrare nelle prelibatezze della provincia di Varese.