L’autenticità della nostra cucina nel mondo minacciata dall’Italian Sounding
«Così è (se vi pare)»: l’identità è un gioco di specchi e anche il cibo può diventarlo. Luigi Pirandello, con il suo genio ha smascherato l’uomo moderno, scoprendone le contraddizioni più intime. Ma tra le pieghe dei suoi personaggi e delle sue storie, ciò che mangiano – o rifiutano di mangiare – racconta molto di più della loro condizione sociale. Racconta le radici, la memoria, la nostalgia. E proprio per questo, oggi più che mai, il cibo può essere specchio autentico dell’identità.
Pirandello e il cibo: metafora di identità
Per Pirandello, il cibo non è solo nutrimento, ma teatro. Simbolo, maschera, mezzo di rivelazione. In «Lumìe di Sicilia», i frutti portati in dono dal protagonista diventano l’ultima traccia delle sue origini, respinte dalla donna ormai irriconoscibile. Nella «Liberazione del re», ciò che si mangia è uno strumento per affermare un’apparente superiorità sociale. E in «L’uomo, la bestia e la virtù», il pasticcio di crema e cioccolato non è solo un dessert, ma il fulcro di un’intera commedia umana.
La tavola pirandelliana non è mai banale: è specchio delle convenzioni, campo di battaglia delle relazioni, palcoscenico su cui si muovono maschere in cerca di un volto. Proprio come accade a chi, partito dall’Italia, ha tentato di ricostruire lontano da casa non solo una vita, ma un’identità.
Radici italiane, sapori veri
Pirandello e la ricerca delle autenticità, delle identità che non si travestono per compiacere, ma che rimangono fedeli alle proprie origini. Oggi, i «nuovi emigranti» – figli, nipoti e pronipoti di italiani all’estero – cercano queste radici non solo nei luoghi e nelle foto dei nonni, ma nei sapori che li hanno nutriti. Ritrovano una storia di famiglia in una pasta fatta a regola d’arte, in un pomodoro che sa di sole, in un olio che profuma di colline.
Eppure, troppo spesso ciò che si trova all’estero è una caricatura di cucina italiana: una maschera vuota, proprio come quelle che Pirandello descriveva.
Un paradosso che, col tempo, è diventato anche fenomeno economico: l’Italian Sounding ha creato un mercato parallelo di prodotti e piatti che sembrano italiani, ma non lo sono affatto, che si stima in una perdita di 120 miliardi l’anno. Dietro un nome tricolore si nasconde, spesso, l’assenza di qualità e verità.
La certificazione come atto culturale
La richiesta di autenticità e trasparenza non è solo un trend, ma un’esigenza culturale che rispecchia il bisogno di certezze da parte dei consumatori. In questo contesto, la certificazione assume un ruolo strategico: non è un mero bollino, ma uno strumento che rafforza il legame tra prodotto e territorio, tra storia e sapore.
ITA0039 | 100% Italian Taste Certification: non solo come strumento di tutela, ma come atto culturale. Certificare un ristorante italiano all’estero significa difendere un’identità. Significa dire: «Questa è l’Italia vera. Questo è il gusto che nasce da una storiamillenaria, da mani che tramandano gesti, da prodotti che non sono maschere, ma verità».
ITA0039 by Asacert contribuisce attivamente alla valorizzazione del Made in Italy, promuovendo dal 2019 la certificazione del patrimonio agroalimentare italiano attraverso una rete internazionale di ristoranti italiani. Un impegno che va oltre la certificazione e si traduce anche in un’opera di sensibilizzazione rivolta ai consumatori di tutto il mondo, per promuovere la cultura del vero «Fatto in Italia» e difendere l’identità di un patrimonio che è parte integrante della nostra storia.
L’eredità pirandelliana tra parole e sapori
Pirandello ci ha insegnato che la verità è spesso molteplice e che la forma può diventare prigione.
In ogni piatto autentico italiano servito nel mondo vive un pezzetto di questa complessità: c’è il passato, la nostalgia, l’orgoglio e, soprattutto, c’è la volontà di restare fedeli a sé stessi, pur senza negare dinamicità e modernità al nostro agire e scegliere, senza inganni, anche a tavola.