“Nella vita tutto mi emoziona, tutto mi commuove, tutto mi fa tenerezza e mi spinge alla generosità, alla comprensione. Ma nel lavoro anch’io sono una peste. Divento cinica, cattiva, spietata. Non ammetto che si bari, che si truffi, che si cerchi di dare a intendere di saper fare una cosa se non è vero. lo il mio mestiere l’ho sudato e sofferto. Ho impiegato molto tempo, e ho faticato, per diventare la Magnani. Ora sudo e fatico per continuare ad esserlo”.
Il 26 settembre 1973 moriva Anna Magnani.
Nannarella è considerata una delle più grandi interpreti femminili della storia del cinema, per di più è tra le poche attrici, nonché la prima italiana, a essere considerata in tutto il mondo una grande personalità artistica. “Divina, semplicemente divina”, è così che la definì il Time a pochi giorni dell’arrivo dell’attrice in America, mentre la stampa dichiarò “In confronto a lei le nostre attrici sono manichini di cera paragonate ad un essere umano”.
Apprezzata anche dai grandi registi italiani come Pier Paolo Pasolini che, dopo le riprese del film Mamma Roma, commentò così la loro collaborazione: “Anna è romantica, vede la figura nel paesaggio, è come Pierre-Auguste Renoir, io invece sono sulla strada del Masaccio”. Una donna, un’artista, un’icona ricordata tutt’oggi da donne che, come Nannarella, hanno lasciato il segno nel mondo dello spettacolo.
«La dea. Fantastica. Guardate che occhi! Che intensità. L’impegno completo su ogni cosa che ha fatto. Un impegno che scoppiava in tutto quello che faceva.», è così che l’ha definita Meryl Streep. Una donna resa eterna da un talento che manifestò sin da giovanissima: a vent’anni iniziò a frequentare con Paolo Stoppa la scuola di arte drammatica Eleonora Duse, diretta da Silvio D’Amico, avendo come insegnante Ida Carloni Talli.
“La Scuola non poteva insegnarle molto di più di quello che ha già dentro di sé…”, furono queste le parole di Silvio D’Amico che capì subito il dono di quella giovane donna, perché lei aveva già quel carisma che l’avrebbe resa unica e irripetibile. Il suo esordio cinematografico avvenne nel 1934 col film La cieca di Sorrento di Nunzio Malasomma.
Dopo una lunga gavetta dove ricopriva ruoli di cameriera o cantante, riuscì a farsi valere per le sue eccezionali doti di interprete fortemente drammatica. La prima possibilità le fu data da Vittorio De Sica nel personaggio non secondario di Loletta Prima, artista di varietà, nel film Teresa Venerdì (1941).
Nel 1945 raggiunse la fama mondiale vincendo il suo primo Nastro d’argento grazie all’interpretazione nel film, manifesto del Neorealismo, Roma città aperta di Roberto Rossellini, col quale ebbe una relazione sentimentale. Nel film la Magnani interpreta una delle scene più celebri della storia del cinema: la corsa dietro un camion tedesco, nel quale è rinchiuso il marito, al termine della quale il suo personaggio (la ‘Sora Pina’, ispirato alla figura di Teresa Gullace) viene ucciso dai colpi di mitra dei tedeschi.
In tutto vinse ben cinque Nastri d’argento grazie alle sue magistrali interpretazioni, come quella dell’intenso personaggio di Maddalena Cecconi, protagonista del film Bellissima di Luchino Visconti.
Il 21 marzo 1956 la Magnani fu la prima interprete italiana nella storia degli Academy Awards a vincere il Premio Oscar come migliore attrice protagonista, e la prima in assoluto madrelingua non inglese, conferitole per l’interpretazione di Serafina Delle Rose nel film La rosa tatuata. Per lo stesso ruolo vinse anche un BAFTA quale attrice internazionale dell’anno e il Golden Globe per la migliore attrice in un film drammatico.
Vinse due David di Donatello, rispettivamente nel 1958 per l’interpretazione del film Selvaggio è il vento (1957) di George Cukor e nel 1959 per il film Nella città l’inferno (1958) di Renato Castellani. Nel 1960 tornò a Hollywood per l’ultima volta, per recitare accanto a Marlon Brando e Joanne Woodward nel film Pelle di serpente di Sidney Lumet, ove affrontò un personaggio tragico che Tennessee Williams scrisse apposta per lei.
Nel 1965 tornò in teatro con La lupa di Giovanni Verga, per la regia di Franco Zeffirelli, e nel 1966 con Medea di Jean Anouilh, diretta da Gian Carlo Menotti. Sempre nel 1965 rilasciò una delle sue rare interviste televisive, in cui parlò apertamente della propria personalità.
Una personalità forte, fiera, audace ma anche sensibile, delicata, romantica come emerge dalle parole del suo unico figlio Luca Magnani: “Mia madre ha scelto di vivere sola ma libera, secondo modelli femminili che si sono poi affermati molti decenni dopo. Ha precorso i tempi soprattutto nel lavoro. Divenne ben presto imprenditrice di sé stessa, riuscendo a emergere in un ambiente maschilista allora molto ostile alle donne. È riuscita a costruire da sola la sua carriera artistica e ad avere successo senza l’appoggio di un produttore, di un regista, di un marito.”
Una donna che percorse i tempi non solo come attrice ma anche come madre. Infatti, la Magnani, essendo stata abbandonata dal padre di Luca, riuscì a imporre il proprio cognome al figlio, proprio come aveva fatto la madre con lei, dando così vita a uno dei rari casi di genealogia matrilineare che si protrae per addirittura tre generazioni.