San Francesco d’Assisi. Artista e giullare di Dio, il Poverello patrono d’Italia

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Giovanni Bellini, San Francesco predica nel deserto, 1480

Il Parlamento italiano ha approvato in via definitiva la legge che istituisce il 4 ottobre come festa nazionale in onore di San Francesco d’Assisi, patrono d’Italia, abolita nel 1977 per motivi di austerity.
La decisione, sostenuta da tutto l’arco parlamentare, entra in vigore dal 2026, in coincidenza con l’800° anniversario della morte del Santo, celebrata quest’anno con eventi speciali. La festività promuoverà valori francescani come pace, fraternità, tutela ambientale e solidarietà, con chiusura di scuole e uffici pubblici.

Riproponiamo ai nostri lettori l’articolo di Leonardo Petrillo sul Poverello di Assisi, pubblicato sul 49 di CulturaIdentità, numero dedicato ai Santi patroni d’Italia, uno dei pilastri della nostra identità. Il numero è disponibile in digitale cliccando qui.

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Il 25 dicembre 1223 San Francesco realizzò, a Greccio, il primo presepe. In quello stesso anno fu approvata la regola dell’ordine dei suoi frati minori. Nel 1224, avvenne l’imposizione delle stigmate, nel 1225 la stesura del «Cantico delle Creature» e il 3 ottobre del 1226 arrivò la «morte corporale» dell’infinitamente piccolo. Si celebreranno quindi sino al 2026 gli ultimi anni di vita di San Francesco, il patrono d’Italia.

Lo proclamò tale, nel 1939 Pio XII, definendolo: «il più italiano dei Santi, in quanto uno dei padri della nostra lingua, e il più Santo degli italiani, per via della devozione che gli è rivolta». Ma il Poverello d’Assisi è anche patrono degli animali, dei poeti, dei commercianti, degli ecologisti, e non solo; poiché Francesco è stato tante cose. Fu metà religioso e metà laico, ai margini della Chiesa ma non eretico, predicatore, difensore dei poveri, animalista, ecologista ante litteram (ma senza gretinismi) sostenitore del dialogo interreligioso (ma senza cedimenti) e pacifista (ma senza vigliaccherie). Ma ciò che meglio lo definisce sono le parole di Madre Teresa di Calcutta: «Che cosa sono i Santi se non dei clown del trascendentale?»

Di tutti i Beati Francesco è stato il clown più grande, il giullare di Dio. Ha affrontato la vita in senso contrario, guardando il mondo alla rovescia, come se camminasse sulle mani. Quest’uomo, che si definiva «semplice e illetterato», anche artisticamente, è stato poliedrico. Era un saltimbanco capace di scrivere il «Cantico delle Creature», il testo poetico più antico della letteratura italiana di cui si conosca l’autore. Su quella prima poesia in volgare compose poi una melodia, che insegnò ai suoi compagni, si può quindi definirlo oltre che poeta anche il primo cantautore italiano. Un menestrello, che insegnava, dispensando poesia. Ai suoi frati diceva: «Coloro che mi danno gioia non hanno bisogno di biblioteche, di studi, di libri, poiché: Le risposte non sono nei libri, le soffia il vento!». Parole simili a quelle di un altro menestrello, Bob Dylan, che in «Blowin’ in the wind», così canta: «Quante strade deve percorrere un uomo prima che tu possa definirlo un uomo?… E quante volte devono fischiare le palle di cannone prima di essere proibite per sempre? La risposta, amico mio, ascoltala nel vento, la risposta ascoltala nel vento … E quante morti ci vorranno prima che l’uomo riconosca che troppi sono morti? La risposta, amico mio, ascoltala nel vento, la risposta ascoltala nel vento». Bob, l’americano del Minnesota, si è ispirato all’italiano dell’Umbria.

D’altronde il messaggio di Francesco è universale; i suoi uomini si sparsero per il mondo, in America due predicatori francescani arrivarono circa tre secoli fa, erano: Junipero Serra (san Ginepro) e Juan Crespi. Giunsero nella California meridionale nel 1769 e lì battezzarono un villaggio, presso un piccolo corso d’acqua: El Pueblo de Nuestra Señora la Reina de los Ángeles del Río de Porciúncula de Asìs. Su quel fiume sorse un centro agricolo, Los Angeles; il cui nome completo non è quindi quello che oggi è diventato il laconico L. A. ma «Il villaggio di Nostra Signora la Regina Vergine degli Angeli del fiume della Porziuncola d’Assisi». Così, la grande Basilica di Santa Maria degli Angeli, che ingloba la Porziuncola, dove Francesco fondò il suo ordine e morì, ha dato il nome alla città dove è sorta la fabbrica dei sogni: Hollywood. E il cinema continua a ringraziare Francesco, l’artista, il Santo più rappresentato dalla settima arte.

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