Ambientalisti da salotto: basta balle sull’estate rovente

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Foto di Gerd Altmann da Pixabay

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Estate rovente, il grande caldo, arriva il “codice caldo”. No, non sono titoli di film e romanzi, ma titoli di giornali – alcuni giornali – italiani di questi ultimi giorni. Odio l’estate, cantava Orietta Berti e tu che ci vuoi fare? Giorni fa le testate italiane a partire da Rep. parlavano di 18mila morti per il caldo “infernale”, uno scenario da panico, peccato che andando a spulciare fra le rassegne stampa e il meteo si scopra che nel 2003 l’Istituto Superiore di Sanità parlasse di 19mila morti per il caldo in Italia, mille in più vent’anni fa. Peccato che, se è vero che ieri in Sardegna a Sanluri il termometro segnava 47, a Macomer sempre in Sardegna nel 1965 lo stesso termometro avesse segnato 48. L’anno scorso i giornali parlavano di 51 gradi all’ombra dell’inferno e nel 2017 idem e allora verrebbe da dire: niente di nuovo sotto il sole dell’estate. Certo, come dice il meteorologo Paolo Sottocorona, è chiaro che se la stampa estera legge i giornali italiani, allora spara le notizie sulla lunga e mortifera estate calda italiana, ma «i giornali scrivono sciocchezze. Queste sono minacce». Caldo infernale sì, è estate, succede e il clima cambia, nessuno lo nega: solo, ci permettiamo di dubitare che cambi solo e soltanto per colpa dell’uomo. E’ la tesi antropica che tanto piace a quelli che Maurizio Belpietro chiama gli “ecocomunisti” che sulla base di una bugia edificano una religione, la religione green che colpevolizza l’uomo sempre e comunque, quando ci sono fior di scienziati, ingegneri spaziali, docenti e ricercatori che non sono assolutamente certi che la causa del cambiamento climatico sia solo e soltanto umana. Anche perché ai tempi di Annibale non è che ci fosse l’organizzazione capitalistica e inquinante della produzione industriale, diciamo. Eppure, come ci disse il professor Uberto Crescenti, già rettore dell’Università d’Annunzio di Chieti e Presidente della Società Geologica Italiana, che intervistammo sul numero di novembre 2019 di CulturaIdentità, «nel periodo caldo romano degli ultimi secoli avanti Cristo Annibale valicò le Alpi con gli elefanti, attraversando passi che ora sono ghiacciati. Nel periodo caldo medievale la temperatura della Groenlandia (la “terra verde”) era più alta di tre gradi rispetto ad oggi: tremila vichinghi vi insediarono 280 fattorie…». Insomma, la Storia ci parla di lunghe estati…storiche e la geologia ci insegna che nel passato si sono alternate fasi calde e fredde. Poi è chiaro che se, per avvalorare la tesi climatico/catastrofista, prendi in considerazione solo gli studi e i modelli che parlano della nostra responsabilità sull’innalzamento delle temperature, il risultato che ottieni non può che essere quello, un po’ come la profezia che si autoavvera. Eppure non tutti gli esperti parlano di riscaldamento globale antropogenico, anzi vi è un’ampia fetta della comunità scientifica che nega questa assoluta responsabilità. Ed è giusto che sia così, perché la scienza non procede per dogmi, nasce dal confronto e dalla negazione del dogma, di quell’ ipse dixit al quale invece si aggrappano i procuratori di allarme climatico, da cui poi a cascano arrivano i titoloni da spy story sull’estate rovente, il grande caldo e il “codice caldo”. Ma noi di CulturaIdentità, anticipando come sempre i tempi, già tre anni fa in un numero speciale sull’ambiente spiegavamo, con importanti interventi di studiosi e scienziati come il prof. Uberto Crescenti, che i grandi cambiamenti climatici non dipendono dall’azione dell’uomo: coltivando quello che è il metodo scientifico per eccellenza, cioè il dubbio che ci insegnò Cartesio nel pieno della rivoluzione scientifica del ‘600, il prof. Crescenti ci disse che «noi [scienziati, n.d.r.] siamo scettici rispetto ad alcuni modelli azzardati, come quelli che attribuiscono un ruolo determinante all’anidride carbonica nel mutare il clima su scala globale. Questo assunto non è scientifico. Non vi è alcuna documentazione che possa confortare tale opinione». E’ ora di arginare le bugie sul caldo che ci vengono propalate da alcuni organi di informazione e metterci a studiare, o almeno prestare ascolto a chi ne sa più di noi, come il prof. Crescenti appunto, autore guarda caso di un saggio scientifico intitolato Cambiamenti climatici e conoscenza scientifica, un “muro” di difesa dall’ideologia che domina nei media e che vuole la Terra sull’orlo di un catastrofico surriscaldamento di origine umana. E lo stesso prof. Crescenti è stato il promotore della petizione, firmata anche da Antonino Zichichi e Franco Prodi, che invoca più rigore scientifico e meno ambientalismo da salotto.

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1 commento

  1. Buongiorno, posso sapere perché dovrei fidarmi più di ciò che scrivete voi sulla base di “un’ampia fetta della comunità scientifica che nega questa assoluta responsabilità” (mi date dei nomi oltre al prof. Umberto Crescenti, geologo che ha lavorato proprio per la Montecatini, e il professor Zichichi, fisico?) piuttosto che sul rapporto dell’Ipcc o sulle dichiarazioni di Luca Mercalli, presidente della società metereologica italiana e studioso dei ghiacciai montani (da cui si ricavano reali informazioni sul clima di oggi e di ieri, pubblicati liberamente sulla rivista online Nimbus)?
    Non si può negare che la scienza si basi sullo scetticismo, che anche in questo caso non può essere trascurato, però c’è anche un metodo scientifico che afferma che nel momento in cui una tesi verificata non è smentita in maniera concreta, allora questa è valida per tutta la comunità scientifica. E io di concreto non vedo nulla, se non continue dichiarazioni che mirano a politicizzare l’argomento e favorire le grandi aziende di produzione (che poi, cosa ci sarebbe di male in un mondo più equilibrato e sostenibile? Perché mettere i bastoni fra le ruote ad un cambiamento non solo pratico, ma anche filosofico e sociale che farebbe bene a molti, tra cui a voi!).

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