Azione Universitaria: scadenza delle tasse, il Governo intervenga

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CC BY-SA 3.0, commons.wikimedia.org

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È delle scorse settimane la notizia della proroga dell’anno accademico, in conseguenza dell’emergenza Covid, disposta dal Governo nel Decreto Milleproroghe. La proroga consente agli studenti universitari di laurearsi, entro il 15 giugno 2022, nell’anno accademico 2020/2021, nonostante lo stesso si sia concluso il 31 dicembre. Un intervento atteso dagli studenti universitari di tutta Italia e inizialmente dimenticato nella prima bozza del provvedimento che ha poi trovato spazio in sede di conversione del decreto legge, anche grazie alla pressione di tanti gruppi all’interno del Consiglio Nazionale degli Studenti Universitari, tra cui si è distinto particolarmente quello di Azione Universitaria.

Il dettato normativo prevede, conseguentemente, la proroga di ogni altro termine connesso ad adempimenti didattici o amministrativi funzionali allo svolgimento delle sedute di laurea. È proprio  Azione Universitaria  a lanciare l’allarme rispetto alla prassi consolidata da alcuni atenei di non prorogare anche la scadenza delle tasse universitarie, obbligando gli studenti a pagare quelle relative all’anno successivo e vanificando – di fatto – ogni beneficio, riducendolo alla sola indicazione di un anno differente sulla pergamena di laurea.

“È inconcepibile per il Governo consentire ad alcuni atenei di estorcere le tasse relative ad un anno al quale non è richiesta l’iscrizione per espressa previsione di legge – dichiarano i rappresentanti di Azione Universitaria – e per questo cercheremo di rompere il silenzio del Ministero con un’interrogazione in CNSU (Consiglio Nazionale degli Studenti Universitari, n.d.r.)”.

Il riferimento è ad un’interrogazione parlamentare depositata a marzo 2021 dall’on. Wanda Ferro (Fratelli d’Italia) e indirizzata al ministro Messa sul medesimo tema, al quale ancora non è stata data risposta: la questione era emersa con riferimento alla decisione assunta dall’Università della Calabria e riproposta, nei medesimi termini, anche quest’anno.

Da più fronti l’accusa al Governo è quella di aver concesso, a causa dell’ambiguità del testo normativo, un eccessivo margine di discrezionalità alle Università e di aver generato una grave sperequazione tra gli studenti italiani, soggetti a trattamenti diversi in base alle volontà delle amministrazioni accademiche.

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