Che “Rabbia” quella volta Guareschi e Pasolini…

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Guareschi e Pasolini al cinema insieme… ma a distanza. Senza mai incontrarsi sul set o al montaggio. E quello strano film uscì in sala per pochissimi giorni

Pier Paolo Pasolini e Giovannino Guareschi, due tipi molto diversi: il più intellettuale e il più anti-intellettuale degli scrittori dell’epoca; politicamente su fronti opposti; agli antipodi narrativamente (difficile pensare qualcosa di più distante da «Don Camillo» che «Salò o le 120 giornate di Sodoma»). Ma i due autori sono anche similmente eclettici, abili nel passare dalla letteratura al cinema, spesso in posizione eterodossa rispetto ai rispettivi ambienti: si ricordino la contrapposizione con Alcide de Gasperi che porterà Guareschi in carcere o le prese di posizione pasoliniane sull’anti-abortismo e sui figli di papà contro i poliziotti.

Il parziale ripensamento pasoliniano su quei versi, però, marca la vera differenza tra i due: Pier Paolo sa stare al mondo, è passato dal Friuli al jet-set romano e all’intelligencija che conta, due ambienti che hanno ostracizzato Giovannino, testa dura della Bassa padana. Ma proprio le radici provinciali e il convinto antimodernismo li accomunano: entrambi arrivano da un’Italia «dialettale» che il boom economico e il progresso industriale considerano minore. 

Tra analogie, contrasti e contraddizioni, la «strana coppia» appare perfetta al produttore cinematografico Gastone Ferranti, che vuol fare commentare da sinistra e destra una serie di documentari, rispondendo alla domanda: «Perché la nostra vita è dominata dalla scontentezza, dall’angoscia, dalla paura?». Un movie-movie originale, azzardato, che si intitolerà «La Rabbia». La rivalità Guareschi-Pasolini è la chiave promozionale del film e i due ci stanno. GG attacca PPP con sarcasmo: «Il fatto che abbia accettato di girare un film con Pasolini non significa che abbia aperto a sinistra né che lui abbia aperto a destra. Le sue aperture restano quelle». L’altro replica altrettanto duro: «Come ogni umorista che si rispetti – e io voglio rispettarla – Lei è un reazionario», ma «i reazionari sono degli ammalati». Sembra persino che i due facciano separare da una parete gli studi di montaggio, una sorta di Muro di Berlino… […]

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