L’attrice salentina interpreta la musa di cui il drammaturgo di Girgenti fu innamorato.
Ma venne ricambiato solo platonicamente, in quella “atroce notte del lago di Como”
Nell’ultimo film di Michele Placido, «Eterno visionario», lei interpreta Marta Abba, la musa di Luigi Pirandello (interpretato da Fabrizio Bentivoglio). Federica Vincenti, salentina («la mia città identitaria è senz’altro Lecce, che conserva cultura, tradizione e natura e si mantiene vivibile, al contrario delle grandi metropoli dove regnano solo palazzi», ammette), impegnata attualmente a teatro anche nel ruolo dell’imperatrice Sissi, ci racconta questa straordinaria attrice, protagonista del Novecento. Per il ruolo di Marta Abba era stata inizialmente scelta Miriam Leone, costretta al forfait per dedicarsi alla maternità: chiamata a sostituirla a pochi giorni dall’inizio delle riprese, Federica Vincenti non solo ha dimostrato tutta la sua professionalità acquisita in anni di teatro e formazione all’Accademia Silvio D’Amico, ma è riuscita a calarsi nel personaggio con determinazione, caratterizzandola con tutta la sua vivacità. «Ho adorato da subito Marta», ammette Federica che la descrive «una donna estremamente disciplinata con se stessa. Si è imposta una serie di limiti nella sua vita perché ha dato tutto al suo lavoro. Folle sul palcoscenico, ma fredda nella vita, tanto è vero che si dice che non si sia mai concessa a Pirandello».
Che idea ti sei fatta di quella relazione?
Per prepararmi ho letto tutto il carteggio disponibile tra loro due. Ci sono oltre 560 lettere che Pirandello scrive a Marta e circa 230 lettere scritte da lei a lui: praticamente lei risponde una volta ogni due. La Abba si rivela sempre molto distaccata, mentre lui entra quasi nei dettagli. Lo definirei un amore di carta. L’entusiasmo artistico che i due riversavano reciprocamente si è visto sul palcoscenico e, anche in questo film, è trattato con delicatezza, creando suspence fino a quella «atroce notte del lago di Como» in cui Marta sembra non cedere al sentimento.
Solo questione di personalità più o meno passionali che si oppongono o Pirandello è davvero così coinvolto dalla Abba?
Lui è presissimo sicuramente: le dedica tante opere negli ultimi anni e gliele lascia in eredità. Per questo motivo si crea quindi un attrito tra lei e la famiglia di Luigi. Marta è davvero era innamorata artisticamente di Pirandello, per il quale prova una di quelle affinità elettive rarissime che però possono accadere tra regista e attrice quando c’è grande stima. Non succede nulla, ma nasce una simbiosi artistica.
Si può dire che la parte più romantica di Pirandello si ispiri proprio a Marta, contrastando con il dolore che gli provoca il matrimonio con Antonietta Portulano (qui interpretata da Valeria Bruni Tedeschi)?
Più che altro Marta sicuramente rappresenta la giovinezza, legata al risveglio di tutti i sensi. Dopo l’incontro con lei, Pirandello vede trasformarsi la negatività della sua vita in un sacrificio. D’altra parte è il dolore a permettergli di diventare lo scrittore che conosciamo: quando scrive «Sei personaggi in cerca d’autore», Luigi inserisce anche la follia della moglie, che lo ha appena accusato di incesto. Una follia degenerata da uno stress neurologico in seguito all’allagamento delle miniere. Ecco, nel momento più nero della sua vita, Pirandello incontra Marta, che quindi incarna la rinascita e la parte positiva della sua esistenza.
Una qualità rara che prenderesti a Marta Abba?
Le invidio tutto ciò che ammiro nelle grandi attrici, a partire dalla mia maestra Mariangela Melato: il dono di allontanare dalla propria vita tutto ciò che può distrarre, facendo del lavoro il fuoco e senza farsi privare delle proprie energie. Marta si è sempre dedicata a quello, senza mai avere figli, costantemente legata a un mondo borghese, alla letteratura e alla grande cultura. Amo il modo in cui lei si concentra su se stessa e sui personaggi in maniera totalizzante, con rigore e rispetto nei confronti del pubblico.
Oggi non accade più?
Non sempre. Rispettare il pubblico vuol dire anche non porgere risposte immediate, per fare sì che ciascuno si possa creare il proprio mondo. Un tempo a teatro capitava che la platea fischiasse se non piaceva lo spettacolo: è indice di creatività e voglia di cambiamento. A Marta questo non dispiaceva, perché credeva davvero nel teatro come possibilità di cambiamento culturale.