Idranti, lacrimogeni e manganellate contro i lavoratori inermi

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Ore di tensione questa mattina a Trieste: è iniziato lo sgombero forzato dei manifestanti che si trovavano al varco 4 del Porto di Trieste. Cittadini che manifestavano in modo pacifico e che in questi minuti sono attaccati senza pietà da chi dovrebbe difendere la Costituzione italiana. L’Italia sta assistendo inerme al lento ed inesorabile declino dello Stato di democrazia. La libertà di manifestare ha un solo colore: il rosso, il dissenso è piegato, censurato, occultato. La propaganda di regime è a senso unico, vietato esprimere pareri differenti, vietato avere opinioni non in linea con i diktat del mainstream.

I manifestanti a Trieste proseguono la resistenza intonando la loro richiesta di libertà: “Pace, amore e libertà” urlano all’unisono mentre alcuni appartenenti alle Forze dell’Ordine li spintonano con gli scudi e manganellano. Si siedono per terra, si prendono per mano, si abbracciano, alzano le mani per mostrare che sono disarmati. Disarmati di fronte alla barriera di poliziotti in tenuta antisommossa che proseguono incessante l’opera di sgombero: “Voglio evitare che vi facciate male”, ha spiegato un dirigente mentre gli idranti sfogavano il violento flusso di acqua sui lavoratori triestini.

Cgil, Cisl e Uil, dopo aver liberamente manifestato sabato 16 settembre a Roma, hanno chiesto a gran voce lo sgombero del varco occupato al porto di Trieste, rendendo così insanabile la profonda spaccatura che si era venuta a creare negli ultimi mesi con i lavoratori rimasti senza appoggio nella lotta alla difesa dei propri diritti civili e professionali. “Siamo disarmati, abbiamo bambini a casa, vergogna”, urla una donna tra le lacrime mentre un poliziotto spintona un lavoratore con lo scudo.

Stefano Puzzer, portavoce del Coordinamento dei lavoratori portuali di Trieste è seduto a terra, in lacrime e tiene la mano di un altro manifestante che stringe un rosario. Lo sgombero dei lavoratori a Trieste è visibile in diretta sui social da questa mattina, quanto sta accadendo è sotto gli occhi di chiunque, le telecamere dei telefoni stanno riprendendo, impietose, la verità: quella verità ormai costantemente nascosta, celata, occultata, manipolata, censurata nel nome dell’“antifascismo”.

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