Il Cav, l’inventore geniale fuori dagli Anni di Piombo

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Mentre si sparavano in piazza, Berlusconi creava Milano 2, Milano 3 e Mediaset

Avevamo detto “Silvio c’è”. Una bella notizia. Lo abbiamo appena visto, fuori dal San Raffaele, dopo quarantacinque giorni di ricovero: ha alzato una mano in segno di saluto, mentre lasciava l’ingresso di via Olgettina 60. Forza Silvio!, di nuovo in campo più forte che mai! Vi presentiamo il brillante pezzo che Francesco Maria Del Vigo ha scritto per il numero di maggio di CulturaIdentità che trovate in edicola (Redazione)

Silvio Berlusconi è ed è stato nel corso degli anni tantissime cose. Innanzitutto un imprenditore, prima nel campo edile e poi nel campo televisivo, ma anche nel settore dello sport e della cultura. Beh, oltre che, non c’è neppure bisogno di dirlo, uno degli uomini politici più influenti degli ultimi trent’anni della storia italiana. Tutte storie vincenti, sicuramente contrastate da invidie e inevitabili accidenti di percorso, ma sempre sotto l’insegna del successo. Esiste un denominatore comune che passa attraverso tutte queste esperienze prima di tutto umane e poi economiche e sociali? C’è una sovra etichetta che si può appiccicare sopra un curriculum vitae sterminato come quello di Silvio Berlusconi? Forse sì, perché il Cavaliere, con la sua fama inesausta di aprire corridoi sul futuro, è prima di tutto un inventore. Non è un’invenzione una città così bizzarra e funzionale come Milano 2? Non è un’invenzione una televisione commerciale in un Paese che aveva un saldo e soporifero e culturalmente unilaterale monopolio statale? Non è forse un’invenzione che avrebbe cambiato per sempre la storia della politica un partito lanciato in tv e che in pochi mesi vince le elezioni e mette all’angolo la sinistra più aggressiva e sinistra del mondo Occidentale? E abbiamo citato solo alcune delle più eclatanti ed evidenti innovazioni.

Facciamo un salto indietro nel tempo. Milano, 1970. La capitale morale del Paese è scenario quotidiano di manifestazioni e scontri che spesso tracimano in guerriglia urbana. Lo spettro del terrorismo, della criminalità organizzata, delle rapine e dei rapimenti si staglia chiaramente all’ombra della Madonnina. Silvio Berlusconi, allora poco più che trentenne, ha un’intuizione: creare un quartiere per tutti coloro che vogliono trovare uno spazio di tranquillità appena fuori dal centro di Milano. Ora sembra un’idea abbastanza semplice, ma all’epoca era piuttosto controintuitiva. Siamo ancora nel periodo delle grandi migrazioni interne ai confini nazionali, quando gli “immigrati” erano i connazionali che provenivano dal Meridione del nostro Paese e, soprattutto, quando gli spostamenti erano dai paesi verso i grandi centri urbani e non viceversa. Berlusconi, invece, punta su chi si muove nel senso inverso e non sbaglia la sua scommessa.

In meno di un decennio, tra il 1970 e il 1979, viene costruito l’intero centro residenziale su progetto degli architetti Giancarlo Ragazzi, Giuseppe Marvelli, Antonio D’Adamo e Giulio Possa per la parte architettonica e di Enrico Hoffer per quella paesaggistica.

Quello che colpisce è la filosofia che è alla base di questo progetto: una città antropocentrica nella quale le auto hanno un ruolo ancillare rispetto agli abitanti e una grande attenzione per la natura.

Una città che sarebbe piaciuta a Greta Thunberg, ma ideata quando l’ecologismo era ancora una politica pressoché clandestina. Le linee guida sono tre e sono la base di quella che viene concepita come un’urbanistica alternativa: ampi spazi verdi e un sistema viario (pedonale, ciclabile e veicolare), in cui i ciclisti e i pedoni non incontrano quasi mai le strade trafficate. Inoltre tutto il quartiere viene sviluppato attorno a un asse centrale lungo il quale vengono posizionati i vari servizi essenziali. Paradigma che viene poi replicato anche con l’agglomerato di Milano 3.

Ma Milano 2 non è solo un quartiere avveniristico appena fuori da Milano: è anche un incubatore e un laboratorio per il Berlusconi inventore. Nasce infatti qui, come emittente condominiale, quel network televisivo che oserà fronteggiare – e a volte persino sconfiggere – il colosso statale di viale Mazzini. Inizia tutto qui, nel 1980, quando TeleMilano diventa Canale 5 e, anno dopo anno, si consolida in un impero televisivo che oggi è una delle realtà mediatiche più importanti a livello europeo. Dal condominio al Continente, partendo dalle videocassette distribuite alle tv locali e trasmesse poi simultaneamente, per creare di fatto una rete nazionale quando ancora non la era e non poteva esserla.

E, attraverso quella scatola luminosa che si accende nei salotti di milioni di italiani, passa una rivoluzione culturale libera dalle catene dell’ideologia. Il Berlusconi imprenditore è anche un grandissimo operatore culturale, ancor prima che il gruppo Mondadori acquisisse le dimensioni e il ruolo editoriale che ha oggi.

Nell’Italia ancora infreddolita dal piombo degli anni Settanta la televisione commerciale è un vento caldo di libertà e di spensieratezza. Ed è una rivoluzione. Perché Mediaset, anzi allora si chiamava Fininvest, banalmente “Non è la Rai”. Non è paludata, politicizzata, imbolsita, stretta tra il bigottismo democristiano e la pruderie comunista. La televisione commerciale rivoluziona i costumi della società anche restringendo i costumi da bagno, alquanto striminziti, che le vallette indossano negli show di intrattenimento di quelli che nel frattempo sono divenuti tre tra i canali televisivi più seguiti nel Paese. Per i più critici le nuove televisioni stanno importando un sistema consumistico che fotocopia il way of life americano, per i più entusiasti stanno invece buttando giù i tabù preistorici che decenni di battaglie progressiste non sono riusciti ad abbattere. Ma tra i primi e i secondi vincono i terzi: cioè gli italiani. Che premiano le televisioni commerciali con un plebiscito di audience. Tutto il resto è storia nota e, nonostante i molteplici tentativi politici e giudiziari di sabotaggio, l’impero mediatico inventato a Milano 2 è ancora vivo, anche se non è più nella stessa zona residenziale, e gode di ottima salute. Ed è una testimonianza catodica, che si diffonde su onde invisibili che rendono tutto, anche l’immaginazione e i sogni, molto visibili – di come un’intuizione possa dar vita a un colosso economico. Rimane solo un ultimo appunto necessario da appiccicare su questa rapida riflessione: tutte le invenzioni berlusconiane e financo la figura pubblica di Berlusconi stesso hanno influito sulla cultura, la società, la moda e i comportamenti del nostro Paese. Ma mai in modo egemonico, sempre nel nome del pluralismo e della polifonia, con un approccio democratico di mercato.

Alcuni dei movimenti che hanno agitato le acque della politica italiana degli ultimi anni – pensiamo al Movimento 5 Stelle – hanno attecchito e sono cresciuti grazie anche alle torri di Cologno Monzese e a programmi che, col senno di poi, possono aver soffiato nelle vele di questi tipi di populismo. Qualcuno pensa che sia stata una piccola sconfitta, in realtà è una grande vittoria della libertà e del liberismo. Concetti che ovviamente non ha “inventato” Berlusconi, ma che senza dubbio ha contribuito a diffondere.

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