48 anni, marchigiano di nascita ma milanese per militanza politica, parlamentare europeo di lungo corso. Carlo Fidanza rilancia la sfida per l’Europa con Fratelli d’Italia, candidandosi come capolista dietro Giorgia Meloni nel collegio nord-ovest. «Abbiamo un obiettivo storico: rovesciare l’attuale consociativismo europeo con l’innaturale alleanza fra popolari, liberali e socialisti» dice a CulturaIdentità. «Anzi, meglio ancora, l’alleanza fra partiti che si rifanno ai valori cristiani e partiti che invece hanno abbracciato l’ideologia liberal» specifica. È infatti il blocco ideologico della sinistra wokeista (o “liberal”, americanismo da non confondere con il termine classico “liberale”) il bersaglio lungo la cui linea di galleggiamento puntano i siluri di un futuro centrodestra (o meglio, destra-centro) europeo. «Grazie al nuovo protagonismo che Giorgia Meloni ha impresso alla politica estera italiana abbiamo la possibilità reindirizzare le politiche sbagliate che finora l’Unione a trazione liberal ha portato avanti, dalla “transizione green” alle porte aperte ai flussi migratori» ci spiega Fidanza. I nuovi assetti del parlamento europeo, continua, «dovranno tenere conto di questa nuova centralità dell’Italia che dobbiamo a Giorgia».
Fratelli d’Italia punta a un nuovo blocco conservatore che trovi una naturale alleanza coi popolari, i quali finora invece si sono annullati in un abbraccio autodistruttivo con le sinistre. Il fronte centrista, del resto – continua Fidanza – dovrà fare i conti con il calo di consensi di Macron e una parallela crescita di Identità & Democrazia. «Speriamo dunque di avere i numeri per dare una svolta conservatrice al continente».
Cosa vorrà dire, concretamente, una conferma di Fratelli d’Italia come primo partito anche alle europee? «Su diversi dossier di importanza vitale – come il cosiddetto green e l’immigrazione – il centrosinistra perde pezzi. Una diversa maggioranza europea vorrà dire riaprire molti di questi dossier». Il primo? «La direttiva sulle auto “green” – ci spiega Fidanza – Anche la CDU tedesca è incline a smussare il radicalismo filo-elettrico approfittando della clausola di revisione prevista per il 2026. In particolare vogliamo riaffermare la neutralità tecnologica: utilizzare tutti i carburanti alternativi disponibili, e non solo l’elettrico, consentirebbe di mantenere i motori a combustione interna evitando un disastro industriale e occupazionale alla nostra filiera della componentistica e del metano, che risale all’Eni di Enrico Mattei».
L’altra faccia del «green» poi è quello dell’agricoltura: «un vero e proprio agnello sacrificale dell’era Timmermanns – biasima Fidanza – L’agricoltore dovrebbe essere tenuto in palmo di mano in quanto primo bioregolatore del nostro ambiente. Invece è stato fatto passare come primo degli inquinatori. Con il paradosso che l’Europa si apre a produzioni assolutamente non sostenibili provenienti da Paesi terzi, mentre paga i nostri agricoltori per tenere le terre incolte e abbandonate. È essenzialmente il rovesciamento della Politica Agricola Comune, che nelle sue premesse doveva assicurare cibo abbondante e sicuro agli europei. E che invece è diventato un sistema per mortificare i nostri agricoltori e spingere i consumatori ad acquistare prodotti extraeuropei o magari, in futuro, farine di insetti e cibo sintetico. Anche in questo caso è l’ideologia della sinistra a non guardare in faccia la realtà: il contadino è il principale manutentore del territorio in cui viviamo, va aiutato nella sua opera di fornire cibo e conservare il paesaggio contro il dissesto idrogeologico. Per gli agricoltori europei questa tornata elettorale sarà un vero e proprio referendum sul loro futuro».
C’è infine l’altro tema scottante sollevato dalla deriva liberal delle sinistre europee: quello della cancel culture, che Fidanza ha indicato anche nel suo intervento alla manifestazione conclusiva di FDI a Piazza del Popolo. «C’è una tendenza in atto da molti decenni, in Europa: importare mode culturali americane. L’ultima è quella del wokeismo, con il quale la sinistra sta cercando di distorcere il funzionamento dell’intera Unione in senso ideologico. Pensiamo alla questione dell’agenda gender: l’Europa non ha e non dovrebbe avere competenza sul campo della famiglia e dell’espressione individuale. Eppure finora l’UE ha cercato di condizionare gli Stati forzando sulle loro competenze attraverso strumenti di pressione obliqui. Prendiamo per esempio il tentativo di obbligare le singole giurisprudenze nazionali al riconoscimento dei figli alle coppie gay, perseguito con la questione della libertà di spostamento». Ma c’è di più. «Il tema della laicità in questo campo diventa un problema reale – incalza Carlo Fidanza, che è anche co-presidente dell’Intergruppo parlamentare sulla libertà religiosa – Intanto perché da laicità si passa al laicismo, e sono due cose differenti. Poi perché il laicismo finisce per essere letteralmente imposto come una vera e propria religione di Stato, con una guerra non dichiarata al Cristianesimo. Si pensi soltanto che per poter dibattere o informare sulla persecuzione dei cristiani nel mondo ci venivano concessi spazi assolutamente risibili, per esempio dibattiti alle 10 di sera, e subivamo continuamente riduzionismo d’ogni sorta».
L’ideologia wokeista dunque ha imposto all’Europa un sovvertimento della scala di valori: «i diritti umani garantiti da ogni Carta internazionalmente riconosciuta, e che dovrebbero essere alla base del diritto comunitario, come quello alla libertà religiosa o alla famiglia naturale, vengono relegati a diritti di serie B. Al contrario, “diritti” assolutamente inventati – e infatti non previsti da alcun trattato internazionale – vengono sostenuti fino a tentare di imporli ai popoli in barba ai Trattati».