Anche quest’anno nella Villa Comunale tornano le donne, i cavalier e l’arme
Dal 6 all’8 settembre nella villa comunale di L’Aquila tornano le donne, i cavalier, l’arme, gli amori nella decima edizione del festival “Sulle tracce del Drago”. Nata negli anni 90 da un’idea di Salvatore Santangelo, la manifestazione trae origine dalla passione per il fantasy a cui un gruppo di amici ha deciso di dare una cornice di continuità. La formula ricalca quella delle fiere del fumetto o del gioco italiane che, pur essendo format di successo, “tendono a ripetersi”, spiega Santangelo.
Da qui, la sterzata controvento che ha convinto gli organizzatori a realizzare una “scatola magica” in cui racchiudere linguaggi diversi. Quindi spazio ai giochi da tavolo in tutte le variazioni sul tema, ma anche a presentazioni di libri, mostre, concerti di musica celtica, stage di pittura, conferenze.
Nelle parole di Santangelo, il festival cavalca l’onda lunga di un momento favorevole al genere: “c’è grandissima attenzione nei confronti del medioevo, basti pensare all’ultima stagione del Trono di spade, alla riproposizione del nuovo film su Blade Runner, alla quinta edizione di Dungeons & Dragons in qualche modo anticipata dalle stagioni di Stranger Things”. “Tracce del Drago” non è un nome non scelto a caso, ma racchiude la dimensione del fantastico in tutti i suoi ingredienti -la cerca, il viaggio alchemico di cui il drago è l’archetipo per eccellenza. L’obiettivo, spiega Santangelo, è imparare a rendersi cura delle proprie passioni. Allargando lo spettro del discorso, l’ideatore spiega che “quest’universo ha interessanti risvolti anche dal punto di vista imprenditoriale negli USA l’industria del fantasy muove un paio di miliardi di dollari l’anno, ma che in Italia non esprime ancora tutte le sue potenzialità”. Se chiediamo il perché del successo del genere, Santangelo non ha dubbi: “il Medioevo rappresenta la giovinezza nostra e dell’Europa. In periodi di crisi le persone cercano la propria identità in una dimensione romantica che si declina in queste nuove forme dell’immaginario”. Per nutrire la fiamma di questa passione non resta che augurarsi di non trovare mai quel che c’è alla fine di una quest, perché il suo senso si realizza nel viaggio e non nella sua conclusione.