La stagione 2023/2024 espressione del meglio del teatro nazionale e internazionale, nel segno dei valori fondativi Giovani, Europa, Lingua Italiana. Un teatro che mette al centro l’attrice e l’attore come parte della comunità, dell’intero corpo sociale, all’interno di una visione dell’espressione teatrale realmente europea. Nell’esistenza di ogni complessa macchina teatrale ci sono periodi in cui si concentrano i risultati dei molteplici percorsi di cui è fatta la tessitura delle attività e del lavoro quotidiano di chi li abita, periodi e momenti che fanno trovare insieme figure artistiche e tecniche impegnate in creazioni diverse e che rappresentano il culmine di una programmazione e di una ricerca che viene da lontano e che li anima.

È in questi momenti che si realizza pienamente e quasi si rivela, talvolta imprevedibilmente, l’identità di un teatro, lo spirito di un luogo, rendendolo riconoscibile e segnandone la storia. L’inizio di questo anno 2024, il mese di gennaio in particolare, per il Teatro della Toscana è esattamente uno di questi periodi. Nel mentre che la Sala Grande della Pergola è attraversata da una sequenza di produzioni condivise con i partner, con il passaggio di Alessandro Haber e Giuliana De Sio, di Gabriele Lavia e Federica Di Martino, di Isabella Rossellini e Monica Guerritore, e in parallelo vivono il Teatro di Rifredi, il Teatro Era di Pontedera e l’Oltrarno con le loro specificità e anime, nel Saloncino “Paolo Poli” si avviano le prove dello spettacolo di Bob Wilson su Pessoa, in coproduzione con il Théâtre de la Ville di Parigi e altri partner nazionali e internazionali, come tappa della ricerca condivisa sull’Attrice e l’Attore Europei, che ha portato interpreti provenienti dai vari percorsi formativi a entrare nel cast dello spettacolo Ionesco Suite, oltre qualsiasi frontiera linguistica, fino all’apertura di un nuovo rapporto con l’Africa. La mappa della navigazione continua ad essere la Carta 18-XXI, chiamata all’impegno per il mondo dell’arte sui temi dell’ambiente, dell’educazione, del ruolo della scienza, nei confronti dei giovani che nel Nuovo Millennio diventano maggiorenni.

Questo sistema di valori è divenuto l’asse di sviluppo fondamentale del rapporto con il Théâtre de la Ville e, prescindendo da una comune relazione fondata su semplici scambi coproduttivi, lo ha proiettato in una dimensione ulteriore, realmente immaginativa di un futuro, ricostruendo i ponti ideali e i collegamenti che da tempi inimmaginabili connettono la Francia e l’Italia, Firenze e Parigi. Riconosciuto Teatro Nazionale nel 2015, il Teatro della Pergola di Firenze ha cercato di trovare da subito la strada per divenire quell’autentico Teatro d’Arte che Orazio Costa, allievo di Jacques Copeau (1879- 1949), aveva indicato come fondamento primo di ogni possibile futuro, e di individuare le figure di riferimento che, dopo di lui, iniziatore e Maestro indiscusso, sapessero artisticamente animarlo e guidarlo. Prima con Scaparro, poi con Lavia e infine con Accorsi, il suo cammino ha spinto sempre oltre la linea dell’impegno verso la ricerca del Nuovo Teatro, in un compito arduo perché segnato da una storia ingombrante fatta di uomini e cose, quella di una “macchina teatrale” costruita nel 1657 su un antico lanificio e da allora rimasta in attività sperimentando e realizzando tutte le innovazioni e i processi che hanno di fatto determinato e definito l’Arte Teatrale in Europa, facendone il luogo in cui l’arte teatrale si è creata e formata: dall’invenzione dei palchi, pensati per ospitare un nuovo genere di intrattenimento, l’opera lirica, alle macchine per sospendere le scene, a quelle leonardesche per creare un unico spazio fra platea e palcoscenico, dalle soluzioni per l’acustica, all’invenzione del telefono da parte di Antonio Meucci, e molto altro.

Le figure artistiche e tecniche che hanno fatto la storia del Teatro della Pergola sono quelle che hanno fatto la storia del teatro universale: Giuseppe Verdi, Gaetano Donizetti, Edward Gordon Craig, Eleonora Duse, Isadora Duncan, Sarah Bernhardt, Giorgio Strehler, Eduardo De Filippo, Tadeusz Kantor, Orazio Costa, sono solo alcune di esse. La Pergola come spazio totale in un costante intreccio di arti e mestieri, di dialogo fra le arti e di vera pluridisciplinarità, sempre praticata come naturale fra musica, teatro, danza, arte figurativa e plastica, passando dallo sport, con i primi incontri della nobile arte, la boxe, il pattinaggio, i mondiali di scherma. Fino al culmine del tempo fra la fine degli anni ’70 e l’inizio degli anni ’80, quando Firenze si è trovata al centro di una eccezionale confluenza di personalità e di maestri, divenendo per essi, insieme ai luoghi collegati Rondò di Bacco e Affratellamento, e poi Pontedera, un laboratorio teatrale senza precedenti. Da quel periodo sono nati spunti e filoni di ricerca tuttora attivi, sono nati autori, attori, personalità, ma soprattutto succedeva allora che, mentre Costa spostava l’asse della formazione su Firenze con il suo Centro, Kantor lasciava con la sua Classe Morta un segno indelebile, ineluttabile e definitivo nel teatro di sempre, come nella pittura il taglio della tela di Fontana, con uno spettacolo identitario che è divenuto il riferimento fondamentale della ricerca che poi la Pergola ha avviato per trovare la sua identità da Teatro Nazionale.

La Pergola come Teatro Nazionale non ha mai smesso di cercare la rivelazione di sé, tenendo come riferimento quello straordinario momento, momento che rivive oggi, almeno in parte, con le presenze di questo avvio di 2024. La sensazione è un po’ come quella che si vive nei testi di Goldoni, dove l’azione che avviene in scena è colta in movimento, in quanto è già cominciata prima e continua dopo, come nella vita: tutto era già cominciato prima, altrove, nel grande movimento della vita che non si ferma e che ha sempre un altrove invisibile, ma in qualche modo presente.