«Ancora adesso la notte ho gli incubi, al ricordo di come l’abbiamo trovata: mani legate dietro alla schiena, tutto aperto sul seno il golfino di lana tirolese comperatoci da papà la volta che ci aveva portate sulle Dolomiti, tutti i vestiti tirati sopra all’addome […] Solo il viso mi sembrava abbastanza sereno. Ho cercato di guardare se aveva dei colpi di arma da fuoco, ma non aveva niente; sono convinta che l’abbiano gettata giù ancora viva. Mentre stavo lì, cercando di ricomporla, una signora si è avvicinata e mi ha detto: “Signorina non le dico il mio nome, ma io quel pomeriggio, dalla mia casa che era vicina alla scuola, dalle imposte socchiuse, ho visto sua sorella legata ad un tavolo e delle belve abusare di lei; alla sera poi ho sentito anche i suoi lamenti: invocava la mamma e chiedeva acqua, ma non ho potuto fare niente, perché avevo paura anch’io”». Questo è il ricordo straziante di Licia Cossetto, sorella di Norma.
Nella notte tra il 4 e 5 ottobre 1943 Norma Cossetto, una studentessa italiana, istriana di un borgo nel comune di Visignano, veniva assassinata, a soli 23 anni, dai partigiani jugoslavi nei pressi della foiba di Villa Surani. Quella notte i prigionieri legati con fili di ferro, furono condotti a forza a piedi fino a Villa Surani. Ancora vivi furono gettati in una foiba nelle vicinanze.
Da quanto fu riportato dalla sorella di Norma, dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943, i Cossetto iniziarono a ricevere varie minacce finché, il 25 settembre successivo, la famiglia fu vittima di un gruppo di partigiani che ne razziò l’abitazione. La studentessa il giorno seguente, fu convocata presso il comando partigiano — composto sia da italiani che jugoslavi — che aveva sede nell’ex-caserma dei carabinieri di Visignano; in quell’occasione la giovane fu invitata a entrare nel movimento partigiano, la Cossetto rifiutò, venendo in seguito rilasciata, ma il calvario era appena iniziato
Infatti, il giorno dopo, la ragazza fu arrestata e condotta all’ex-caserma della Guardia di Finanza di Parenzo insieme ad altri parenti, conoscenti e amici. La sorella Licia tentò invano di ottenerne il rilascio. La ventitreenne da quel giorno visse tra sevizie e abusi fino al suo infoibamento. Qual era la colpa di Norma Cossetto? La lealtà, ossia non rinnegare la sua adesione al Fascismo, questo secondo quanto riportato da Giacomo Scotti.
Sempre nella notte tra il 3 e il 5 ottobre si consumò un’altra mattanza degli innocenti. Anche questa volta l’orrore vede come vittime delle giovani donne. Si tratta delle sorelle Radecchi, Fosca (16 anni), Caterina (19anni), Albina (21 anni), i cui corpi furono rinvenuti il 4 novembre 1943, quando si conclusero le operazioni di recupero di 26 corpi ritrovati all’interno della foiba di Terli, un inghiottitoio carsico nel comune di Barbana (Istria).
In tutto furono riconosciute venticinque vittime, mentre di un ulteriore corpo estratto non fu possibile procedere con l’identificazione. L’arresto delle tre donne ebbe luogo nei giorni successivi all’8 settembre 1943: le tre giovani furono prelevate di notte e trasportate a Barbana, ove vennero impiegate come sguattere. In questo periodo subirono più volte violenza fino a quando si decise la loro uccisione.
Ma perché le sorelle Radecchi furono condannate a una morte così atroce? Esse lavoravano in una fabbrica di Pola, ed ogni sera – al ritorno dal lavoro – si fermavano a conversare con alcuni militari del vicino distaccamento di Fortuna, nei pressi di Altura, dove erano di base alcuni reparti della Regia Aeronautica. Pare che fu proprio questa frequentazione la motivazione dell’arresto da parte dei partigiani.
Secondo le ricostruzioni, fra il 2 e il 5 ottobre (giorno dell’uccisione) esse vennero nuovamente violentate e seviziate dai loro carcerieri. A provare questi abomini fu la relazione del maresciallo Harzarich che segnalava il recupero del corpo di Albina senza indumenti intimi, mentre quelli delle altre due erano strappati. Il corpo di Albina venne ritrovato con una ferita da arma da fuoco alla testa, a differenza delle due sorelle minori che invece presentavano unicamente varie fratture al cranio, il che lascia intendere che fossero state gettate nella foiba ancora vive.
Donne rese doppiamente vittime, visto che, non essendo mai stata effettuata una ricerca specifica sulla foiba di Terli, non è stato possibile individuare i responsabili dell’azione, i cui nomi sono legati solamente ad alcune testimonianze dirette o indirette. L’unico personaggio che viene regolarmente citato come capo dei partigiani della zona di Barbana, e di conseguenza indiziato come principale responsabile degli omicidi, è un certo Ivan Kolić (Giovanni Colich) di Barbana, dunque all’epoca cittadino italiano, la cui sorte è ignota.
Norma Cossetto e le sorelle Radecchi: donne la cui morte cruenta, preceduta da abusi e sevizie che lo sono stati altrettanto, sono diventate il simbolo di vittime calpestate, vituperate e spesso volutamente dimenticate sol perché “dalla parte sbagliata”
Dunque… La lealtà al fascismo al punto da non rinnegarlo per salvarsi la vita sarebbe un valore? Temo che qualcuno abbia le idee un pochino confuse!