Natalità in caduta libera. I dati dell’Istat dipingono un’Italia con mai così pochi bambini per donna nella nostra storia. Eppure “la Repubblica agevola con misure economiche e altre provvidenze la formazione della famiglia e l’adempimento dei compiti relativi, con particolare riguardo alle famiglie numerose. Protegge la maternità, l’infanzia e la gioventù, favorendo gli istituti necessari a tale scopo”, così recita l’art 31 della Costituzione.
Una disposizione che si può ben collegare col 7 aprile, che anche quest’anno celebrerà la Giornata mondiale della salute. E proprio quest’anno, l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha voluto dedicare questa ricorrenza al benessere materno-infantile con il motto ‘Healthy beginnings, hopeful futures’, mettendo in evidenza l’importanza dei primi 1.000 giorni di vita del bambino e di quanto sia importante, anche per la donna, ricevere tutte le cure necessarie nelle fasi che precedono e seguono ogni parto.
Una preoccupazione amaramente fondata dal momento che, ogni anno, 300 mila donne muoiono per complicanze in gravidanza e oltre 2 milioni di neonati non sopravvivono al primo mese. Ma come e quanto è tutelata la salute materna e dei neonati in Italia? La risposta ai dati.
Questi ci si dimostrano come la nostra Nazione, prima di affrontare il problema concernente la tutela della salute materna e dei neonati, debba affrontare principalmente quello del diritto di essere madri. Numeri allarmanti, infatti, dimostrano come l’inverno demografico continui ad affliggere l’Italia.
Come dicevamo, i dati pubblicati lunedì 31 marzo negli indicatori demografici Istat, con 1,18 figli per donna nel 2024 è stato superato al ribasso il minimo di 1,19 del 1995, anno nel quale i nuovi nati erano stati 526 mila a fronte dei 370 mila del 2024 (-2,6% rispetto al 2023). Una stima confermata anche dal direttore generale dell’Ulss 2 Marca Trevigiana, Francesco Benazzi. «La denatalità è un problema persistente anche nella nostra provincia – ha spiegato il direttore generale -. Abbiamo avuto un calo di oltre 700 parti negli ultimi due anni. L’anno scorso i parti sono stati 4732 ma due anni fa erano stati oltre 5.600. La situazione è preoccupante ma generalizzata a tutta Italia. In tutto questo nella nostra Ulss abbiamo l’ospedale di Oderzo che continua a rimanere un punto di riferimento non solo a livello provinciale ma anche extra regionale con neo-mamme che scelgono di venire a partorire qui anche dal Friuli. Nel 2024, solo in questo punto nascite, hanno partorito 536 mamme».
Una situazione che sembra sempre più difficile da risanare come risulta sempre dai dati Istat: anche se oltre alle nascite sono diminuiti a livello nazionale anche i decessi (651 mila), il 3,1% in meno sul 2023, la differenza tra nascite e decessi rimane però fortemente negativa (-281 mila). Oltre all’inverno demografico, problema che sta indubbiamente a monte, l’Italia deve altresì affrontare altre problematiche, come la salute delle neomamme.
Il governo ha recentemente approvato diverse provvigioni per favorire le nascite, ma non c’è dubbio che l’onda lunga dei loro benefici non si potrà avvertire che negli anni a venire. Nel frattempo, intanto, un problema che tuttora sembra essere un tabù e di cui si parla ancora troppo poco sui media è la depressione post partum, ossia un problema di salute mentale che coinvolge tra il 10 e il 15% delle donne nella fase successiva al parto, i cui sintomi si manifestano con tristezza persistente, scarsa concentrazione, senso di colpa e di inutilità, irritabilità, assenza di piacere nel fare qualsiasi forma di attività, scarso legame con il bambino. Sintomi a cui si aggiungono altresì: insonnia, ipersonnia, pensieri di morte o suicidio. La depressione post partum deve essere però tenuta ben scissa dal “baby blues”.
Quest’ultima è infatti una sindrome di breve durata. Si parla di circa due settimane, accompagnate, anche in questo caso, da umore labile, tristezza, ansia, facilità al pianto e insonnia. Una sindrome che coinvolge fino all’80% delle neo-mamme entro pochi giorni dal parto, che si risolve spontaneamente, non richiedendo così alcun intervento terapeutico strutturato.
Inverno demografico e depressione post partum. Due scenari che dimostrano amaramente come, ad oggi, “Proteggere la maternità, l’infanzia e la gioventù” consista nel proteggere la natalità e il benessere di chi fa sì che essa esista.