“Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la sua vita per i propri amici”. E’ il Vangelo di Giovanni. Ed è una frase che perfettamente riflette la vicenda di Salvo D’Acquisto.
Il 23 settembre del 1943, con l’Italia invasa dai tedeschi e dagli Alleati, un regno in collasso, Salvo D’Acquisto, nato a Napoli nel 1920, vicebrigadiere dei Carabinieri Reali, volontario di guerra in Libia, dove era anche rimasto ferito, si offriva in olocausto al plotone d’esecuzione tedesco a Palidoro, sulla via Aurelia a una trentina di km da Roma.
La vicenda è stata ricostruita in cento occasioni: dei paracadutisti tedeschi, armeggiando con alcune casse trovate in una caserma della Guardia di Finanza occupata, fecero brillare inavvertitamente una bomba a mano. Due militari rimasero uccisi e altri feriti. Il comandante del reparto, immaginando inizialmente un’azione terroristica, chiese ai carabinieri di collaborare nella ricerca dei colpevoli. Il vicebrigadiere D’Acquisto, unico graduato rimasto nella caserma di Torre in Pietra, giunse presto alla conclusione che s’era trattato di un incidente.
Una spiegazione che non soddisfò l’ufficiale tedesco, anche a causa dei durissimi ordini ricevuti sul contegno da tenere nell’occupazione dell’Italia, considerata nazione traditrice per l’armistizio dell’8 settembre 1943. Il comando del reparto ordinò così di rastrellare una ventina di uomini (fra costoro anche un ragazzo adolescente) e di minacciare la rappresaglia se i “colpevoli” non si fossero presentati. Di fronte alle proteste di Salvo D’Acquisto, anche il vicebrigadiere venne malamente spinto nelle fila dei fucilandi, malmenato dai parà tedeschi.
Dopo diverse ore, avendo assistito alla macabra cerimonia della fossa comune scavata dagli stessi ostaggi dietro minaccia, Salvo D’Acquisto si risolse a “confessare” d’esser stato lui il responsabile. L’ufficiale tedesco, colpito dal gesto eroico del carabiniere, accettò la sua offerta: sapeva benissimo che la sua era una bugia, ma avrebbe risparmiato la vita a 22 innocenti senza doversi insubordinare agli ordini di Kesselring.
L’ultimo degli ostaggi liberati, Angelo Amadio, ha testimoniato d’aver sentito Salvo D’Acquisto gridare “Viva l’Italia!” in faccia al plotone d’esecuzione. Dopo la sua morte, i tedeschi, raccontano sempre i testimoni locali, riconobbero che il vicebrigadiere era “morto da eroe, impassibile di fronte alla morte”.
Quello di Salvo D’Acquisto non è stato l’unico dei sacrifici compiuti da tanti uomini in uniforme per salvare ostaggi innocenti dalle rappresaglie. Il 16 settembre 1944 Vincenzo Giudice, maresciallo maggiore della Guardia di Finanza della Repubblica Sociale, si consegnò ai tedeschi a Bergiola Foscalina, vicino Carrara, autoaccusandosi d’aver ucciso con una fucilata un militare della divisione Reichsfuhrer SS. A differenza dell’ufficiale dei parà a Torre in Pietra, il comandante del reparto di SS non volle dar retta a Giudice, nonostante ogni sua protesta, ben sapendo che l’uccisione del suo uomo era stata effettuata in un agguato partigiano i cui responsabili si sono dati alla macchia. Il maresciallo Giudice venne quindi barbaramente ucciso insieme ad altre 71 vittime innocenti, di cui 43 donne, 14 bambini e 15 adolescenti in uno dei tanti brutali eccidi commessi sulla Linea Gotica. Tra le persone trucidate, anche la moglie e i figli del maresciallo Vincenzo Giudice.
Poco più di un mese prima, a Fiesole, durante gli scontri per Firenze fra Alleati e tedeschi, tre giovanissimi carabinieri, Umberto La Rocca, Vittorio Marandola e Fulvio Sbarretti, passati dalla parte dei partigiani, si consegnarono ai tedeschi che avevano catturato dieci ostaggi minacciando di fucilarli per rappresaglia contro gli attentati al dispositivo della linea di difesa “Arno”. Come Salvo D’Acquisto, anche Vincenzo Giudice, Umberto La Rocca, Vittorio Marandola e Fulvio Sbarretti sono stati insigniti di Medaglia d’Oro al Valor Militare.
Una postilla. Salvo D’Acquisto era napoletano. Per molti anni il suo corpo rimase sepolto e venerato dagli abitanti di Palidoro e Torre in Pietra, finché finalmente la madre riuscì a farlo traslare a Napoli. Da 42 anni è in corso la causa di beatificazione per Salvo D’Acquisto, che dal 25 febbraio di quest’anno è stato insignito della posizione di Venerabile dalla Chiesa cattolica. A Napoli, sua città natale, in una delle tantissime edicole sacre che punteggiano questa città dalla religiosità prorompente, già la sua immaginetta è stata aggiunta dalla pietas popolare ai piedi del Crocifisso e della Vergine. Per il popolo, Salvo D’acquisto è già Beato.
















