Tito Schipa è una delle leggende del Bel Canto italiano. Verrebbe da dire la Leggenda, se non fosse stato preceduto da Enrico Caruso, di cui fu a tutti gli effetti il successore e il continuatore.
La sua voce era celebre per la sua delicatezza e la sua capacità di suscitare ovunque emozioni intense. Dotato di grande carisma scenico e di tecnica sopraffina, nel suo repertorio poteva spaziare con facilità da ruoli lirici e leggeri, che gli erano congeniali per carattere, come La bohème di Puccini, fino alla complessità drammatica del Rigoletto di Verdi. Ma altrettanto note sono le sue interpretazioni di canzoni napoletane e di brani di operetta, a cui si dedica con eguale maestria, deliziando un pubblico ampio e variegato. Forte era anche il suo legame con la musica napoletana, quando si trovava in tournée all’estero, integrava nei suoi concerti questo repertorio ineguagliabile.
Ha il suo inizio d’artista, Schipa, interpretando Alfredo nella Traviata, a Vercelli; fa quindi una lunga gavetta nei teatri di provincia e nelle piccole città, per poi nel 1913 debuttare al prestigioso San Carlo di Napoli, dove viene salutato con un’ovazione. È nato un mito. Da questo momento in poi, per questo giovane uomo nato a Lecce, città identitaria, nel 1889 da una umile famiglia – il padre era una guardia del Dazio, per dargli l’istruzione musicale toccò al vescovo in persona mobilitarsi, dopo averne constatato il talento gigantesco – è una inarrestabile marcia trionfale che lo porta a calcare i più importanti palcoscenici di tutto il mondo, seguito ovunque da un pubblico in delirio.
Dopo una tournée in Sudamerica, terra dove il Bel Canto risuona con eguale se non maggiore passione che in Italia, Schipa fa la sua apparizione in tutti i principali teatri europei, tra cui La Scala di Milano, affermandosi come uno dei tenori più amati di sempre. Dal 1919 si reca anche a Chicago, e poi in altre città degli Stati Uniti, diventando rapidamente un idolo del pubblico americano.
Forte di una bellezza classica non lontana da quella di Rodolfo Valentino, alla fine degli anni Venti si cimenta anche nel cinema. Ad accrescere la sua fama è anche il suo stile di vita principesco, con tanto di villa a Beverly Hills, tra le celebrità di Hollywood, e le continue apparizioni sui rotocalchi in compagnia di donne bellissime, nonostante fin dal 1919 abbia sposato una collega.
Meno abile è Schipa nel gestire la sua postura pubblica, in un secolo in cui la politica è pervasiva. Benché sostanzialmente indifferente, Schipa negli anni del Fascismo si espone più del dovuto in favore del Duce – il che nel dopoguerra non gli sarà perdonato –, e con altrettanta facilità negli anni Cinquanta, che coincidono con gli ultimi della sua lunga carriera, accetta inviti a partecipare a eventi musicali a Mosca, che gli valgono pesanti accuse di sudditanza ideologica da parte degli anticomunisti. Non lo aiuta la decisione, alquanto improvvida e probabilmente tardiva, di prendere la tessera del Partito Monarchico.
Muore nel 1965 a New York, dopo una malattia improvvisa. Il suo corpo, come da sua disposizione, viene trasportato in Italia e seppellito a Lecce, benché nelle sue intenzioni avrebbe forse preferito Roma. Ma è certo che, nonostante la sua carriera internazionale, Schipa ha sempre mantenuto un legame speciale con la patria d’origine, e in particolare con la città natale. Nonostante il suo successo internazionale, non smise mai di parlarne con grande affetto e orgoglio.
Ma altrettanto orgoglio era quello che Schipa riponeva nella tradizione musicale italiana, che considerava una delle più ricche e raffinate al mondo. Benché esposto a una carriera internazionale e a molte influenze esterne, Schipa fu sempre molto attento alla sua eredità culturale. E quando si esibiva all’estero cercò sempre, anche in questo caso con successo, di trasmettere la specificità emotiva e stilistica del Bel canto, tutta italiana.
