Trump vs Harris: le Big Tech tra manipolazione e libertà d’opinione

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Foto realizzata con l'IA, fonte: https://x.com/cb_doge/

Si avvicinano sempre di più le cruciali elezioni presidenziali negli Stati Uniti. CulturaIdentità sta pubblicando un dossier di Alessandro Nardone, giornalista, comunicatore ed esperto di cose americane, per illustrare le pesanti ricadute anche per l’Italia che l’esito di questo scontro elettorale potranno avere. Ecco la seconda parte del dossier. [Red]

Le elezioni presidenziali statunitensi del 2024 hanno evidenziato in modo significativo il potere crescente delle Big Tech nel condizionare il dibattito pubblico e influenzare gli esiti elettorali attraverso la censura e la manipolazione delle informazioni. Le principali piattaforme digitali, come Meta, Twitter (ora X) e Google, non sono più semplici vettori di comunicazione, ma sono diventate attori politici in grado di influenzare direttamente le opinioni degli elettori e la percezione della realtà. Il controllo esercitato dalle Big Tech sui contenuti e la loro capacità di orientare il dibattito pubblico pone una seria minaccia alla sovranità digitale e alla libertà di espressione.

Il concetto di “sovranità digitale” si inserisce in questo contesto come una risposta alla crescente preoccupazione che il controllo delle informazioni da parte di pochi attori economici conduca a una forma di neocolonialismo digitale. Le Big Tech utilizzano algoritmi per orientare il dibattito pubblico, favorendo una parte politica rispetto all’altra. Gli algoritmi sono progettati per privilegiare i contenuti che sostengono l’ideologia woke e per censurare opinioni considerate non conformi. La censura preventiva, spesso mascherata da “moderazione dei contenuti” o “protezione della sicurezza pubblica”, limita la libertà di espressione e crea una realtà parallela in cui solo le idee approvate possono prosperare. Questo fenomeno rappresenta una minaccia diretta alla democrazia, riducendo lo spazio per un vero dibattito pluralistico e trasformando l’Occidente in un’enorme echo chamber, in cui la libertà di espressione è sacrificata sull’altare dell’omologazione ideologica. Un elemento centrale di questo scenario è stato il rilascio dei “Twitter Files” da parte di Elon Musk, che hanno rivelato come le piattaforme abbiano lavorato per censurare notizie e limitare la visibilità di profili considerati scomodi, soprattutto quelli conservatori. Durante le elezioni del 2020, Twitter e Facebook hanno ricevuto pressioni da agenzie governative per sopprimere storie scomode, come quella sul laptop di Hunter Biden. In un dibattito presidenziale del 2020, Joe Biden definì il laptop del figlio come “disinformazione russa”, ma la realtà si è dimostrata ben diversa: quel laptop è stato effettivamente utilizzato come prova per condannare Hunter Biden. Mark Zuckerberg ha recentemente ammesso che la sua piattaforma ha subito pressioni per censurare la notizia, e i “Twitter Files” hanno dimostrato che anche Twitter cedette a queste pressioni.

Questi episodi confermano come Joe Biden e i media mainstream abbiano mentito spudoratamente, manipolando l’opinione pubblica e cercando di nascondere informazioni cruciali per l’esito delle elezioni. L’approccio dei Democratici alla gestione delle informazioni ha ulteriormente rafforzato la percezione di un intento sistematico di censura. Hillary Clinton, ad esempio, nel corso di diverse occasioni ha sostenuto apertamente la necessità di censurare coloro che diffondono informazioni che non coincidono con la narrazione ufficiale. In particolare, Clinton ha affermato che gli americani che diffondono “disinformazione” dovrebbero essere “arrestati” e “riprogrammati” come deterrente. Tale posizione rispecchia l’approccio dei Democratici, che considerano la censura come uno strumento per proteggere la propria narrazione e ridurre al silenzio gli oppositori. Hillary ha inoltre criticato i media per non essere abbastanza coerenti nel rappresentare Donald Trump come una minaccia, mostrando come l’aspettativa dei Democratici sia quella di un sostegno mediatico incondizionato, mirato a delegittimare l’opposizione e a controllare la narrazione pubblica.

Elon Musk, attraverso l’acquisizione di Twitter per 44 miliardi di dollari, ha cercato di ribaltare questo paradigma e di offrire una piattaforma libera dai condizionamenti della pubblicità e dal controllo ideologico delle Big Tech. Musk ha dichiarato apertamente che la libertà di parola è la “pietra angolare della democrazia” e ha introdotto nuovi modelli, come i profili a pagamento, per liberare la piattaforma dalla dipendenza economica dagli inserzionisti, la cui influenza spesso dettava la linea editoriale.

L’intervista tra Musk e Trump, trasmessa su X, ha dimostrato il potere di una comunicazione non mediata, libera dai filtri dei media tradizionali, ottenendo oltre 160 milioni di visualizzazioni in meno di 12 ore. Questo evento ha rappresentato un punto di svolta nella battaglia per la libertà di espressione, evidenziando l’enorme divario tra l’informazione mediata e quella diretta, e mettendo in luce l’estrema parzialità dei media mainstream. Il ruolo delle Big Tech nelle elezioni presidenziali americane del 2024 è stato ulteriormente amplificato dalla copertura mediatica delle reti principali come ABC, NBC e CBS, che ha mostrato un chiaro favore verso Kamala Harris, con l’84% delle notizie rappresentate sotto una luce positiva, mentre Donald Trump ha affrontato una copertura negativa nell’89% dei casi. Questa disparità nella rappresentazione mediatica è stata abilmente sfruttata da Trump, che si è presentato come la vittima di una censura sistematica orchestrata dall’establishment per manipolare l’opinione pubblica e soffocare le voci dissidenti. Trump ha capitalizzato sulle rivelazioni dei “Twitter Files” e sulla crescente sfiducia nei confronti delle Big Tech per galvanizzare la sua base di sostenitori, posizionandosi come un paladino della libertà di espressione. Questo approccio ha consolidato la sua immagine di outsider che combatte contro un sistema corrotto e manipolato, cementando ulteriormente il suo status di leader di una resistenza contro il declino culturale e politico dell’Occidente. Il ruolo delle Big Tech nelle elezioni presidenziali americane del 2024 rappresenta un tema cruciale per comprendere il futuro della democrazia non solo negli Stati Uniti, ma in tutto l’Occidente.

La manipolazione degli algoritmi, la censura preventiva e l’influenza diretta sulle narrazioni politiche sono fenomeni che minano le basi stesse del processo democratico. La battaglia per la libertà di espressione, portata avanti da personaggi come Elon Musk e Donald Trump, non riguarda solo la politica, ma la possibilità di vivere in una società in cui il confronto di idee diverse sia ancora possibile e in cui il potere delle Big Tech non sia così pervasivo da compromettere la nostra sovranità. [2 – continua]

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