70 anni con Sergio Castellitto

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“Certo avere settant’anni non è come averne sessantanove”. Questo il messaggino scherzoso che gli ho inviato. Per Sergio Castellitto il tempo sembra rimanere sempre quello. Lui che molti critici inseriscono tra gli eredi moderni dei mostri sacri del nostro cinema: Sordi, Mastroianni, Tognazzi, Sergio si inserisce in questo casellario dei grandi con una fortuna autonoma e originale: tra Tradizione e Innovazione, Teatro classico e sperimentazione delle cantine Off degli anni Settanta Ottanta (ricordiamo dei Pinter al teatro dell’Orologio con Benedetta Buccellato o i Cechov fatti allo Stabile di Genova, lì conoscerà Margaret Mazzantini, attrice, moglie, scrittrice di successo).

Sergio si fa dirigere e dirige. Quest’anno ad esempio torna al teatro scarrozzante con Zorro di Mazzantini e si immedesima nei panni sognanti e poetici di un singolare clochard firmandone anche la regia. L’attore non è un postino di un messaggio di altri, si fa mittente-autore anch’egli. Castellitto è modernità, energia, eleganza, sottile nevrosi. Lui caratterizza e interpreta. Nella nostra conversazione su Marco Ferreri fatta per la pubblicazione del mio libro Gl’Irripetibili ed Cooper del 2018, Castellitto raccontava così la sua esperienza di cinema, fatta di mare, gabbiani, amplessi frenetici con l’attrice Francesca Dellera, aneddoti divertenti, colori, bucatini all’amatriciana cucinati dalle maestranze durante le pause. Parla Sergio di quell’esperienza, il film è La Carne del 1991: “Marco Ferreri è stato un genio outsider del cinema italiano. Il suo stile era quello di stare fuori dall’accademia. Lavorare con lui è stata una tappa fondamentale del mio percorso. Era grottesco e sensoriale. Un regista pittore. Lasciava molto liberi gli attori. Stavamo dentro una gabbia ma eravamo liberi”. Diceva: “l’immagine può essere una, soltanto una!”.

Oggi viviamo in un’epoca in cui le immagini le costruisce chiunque con il telefonino. Il quadro è unico. Ferreri era sempre una sorpresa, anche per se stesso. Commedie tragiche, commedie umane. Ha raccontato le donne per mezzo del maschio sconfitto. Io metto sempre il mare nei miei film. Usare il mare e una certa velocità di esecuzione l’ho imparata da lui. L’officina del cinema la scopri facendo”. Quest’anno a Venezia, accompagnato dal figlio Pietro con un film in concorso, Sergio Castellitto riceverà il premio Pietro Bianchi 2023, riconoscimento assegnato dai Critici Cinematografici Italiani. La sua doppia performance in Dante di Pupi Avati nel ruolo di Boccaccio e l’interpretazione per la fiction italiana del Generale Carlo Alberto Dalla Chiesa, distinguono ancora una volta questo nostro attore per la sua caratterizzazione unita all’impegno civile. Tanti Auguri Sergio, per il tuo talento e per la tua famiglia di belle speranze.

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