Tanti festival per ogni campanile

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Foto: Andrea Chiarucci - Studio Clic

Era il 13 luglio del 1995, 30 anni fa, debuttavo come attore nella pineta di Marina di Pietrasanta al Festival della Versiliana. Tra il suono di un pino, di un mirto e di un ginestro, per dirla dannunzianamente – visto che il Vate scrive proprio lì i versi memorabili de «La pioggia nel pineto» – iniziava la mia carriera artistica. Ma iniziava anche l’estate per molti villeggianti che la sera si spostavano al fresco per guardare uno degli spettacoli in cartellone. Spettacoli che nascevano d’estate nei tanti festival in giro per l’Italia e cha davano lavoro non soltanto a noi giovani attori, ai tecnici, alla maschere, agli uffici ma anche agli hotel, ai ristoranti, ai taxi, treni, negozi insomma a tutto quel mondo che gravitava intorno al festival.

Da anni su queste pagine abbiamo spronato la classe politica del nostro Paese a puntare sugli eventi culturali estivi come volano per la nostra economia. Perché quando c’è un festival si genera Pil grazie a un effetto moltiplicatore su molti comparti dell’economia. In più il nostro spirito, oltre che i nostri occhi, godono di serate che spesso ricorderemo per tutta la vita. Insomma Festival uguale benessere, mentale ed economico. Non a caso «CulturaIdentità» ha fatto in modo, fin dalla sua nascita, che i propri festival estivi fossero il centro di un’intensa attività culturale che muove un’intera comunità.

È nato proprio così il progetto delle Città Identitarie con l’XI edizione del Festival appena terminato nella splendida Chioggia, la «piccola Venezia». La nostra manifestazione ha poi tracciato un ulteriore via per il Governo perché ha creato un’idea precisa, con un format nuovo, di come la provincia italiana si debba raccontare attraverso le kermesse estive. Città Identitarie è il racconto dei simboli e dei personaggi che hanno dato identità ai comuni italiani più piccoli cioè il 90% dell’Italia. Perché noi siamo provincia e possiamo rilanciare ancor più le nostre cittadine oltre alle grandi città d’arte. Del resto in passato anche le nostre metropoli si sono brandizzate grazie ad un proprio festival, di cinema nel caso di Venezia, Roma o Torino. Insomma siamo italiani e quindi «facciamo festival» o meglio dovremmo tornare a fare più festival perché il turista che arriva non vuole soltanto mangiar bene e ammirare le nostre meraviglie, è curioso anche di scoprire quegli uomini e quelle donne che hanno lasciato un segno indelebile nella costruzione del nostro immaginario culturale.

Siamo un popolo di poeti, santi ed eroi. Dobbiamo semplicemente aver coraggio di riscoprire e raccontare quello che siamo: il Paese più bello del mondo. Facciamolo con migliaia di festival uno per ogni campanile perché come canta Daniele Stefani, nel brano che è diventato l’inno ufficiale delle Città Identitarie: «Siamo italiani sognatori, spinti dalla curiosità/ abbiamo mille strade e mille vite la scorza dei politici e il fare dei latini».

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