Nel Pantheon dei grandi italiani c’è Luigi Pirandello

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Con Pirandello ho debuttato nella mia prima vita d’attore. Era l’estate del 1995 e al Festival della Versiliana andava in scena la prima di un nuovo allestimento di «Questa sera si recita a soggetto» con la regia di un grande maestro come Peppino Patroni Griffi, i costumi erano del Premio Oscar Gabriella Pescucci. Avevo poche battute – si inizia sempre dalla gavetta – ma avevo la fortuna di stare in scena al fianco di un’icona assoluta dello Spettacolo mondiale, inimitabile anche lei come Pirandello, Alida Valli. Mito del Cinema dai «telefoni bianchi» ad Hollywood fino a Visconti e Pasolini.

Nel cast formato da tanti giovani con Sebastiano Lo Monaco come capocomico c’era anche un grande caratterista italiano, Giustino Durano. La Valli e Durano mi chiamavano spesso in camerino prima di ogni spettacolo e mi davano consigli su come cambiare le battute ogni sera. Interpretavo uno dei finti spettatori che a inizio spettacolo interrompono la piece mentre il protagonista il dott. Hinkfuss gioca col pubblico tra realtà e finzione. E così io seguendo le indicazioni di Alida e Giustino, secondo la poetica pirandelliana, improvvisavo ogni sera il mio breve ma efficace intervento. Gli spettatori veri accanto a me pensavano veramente fossi un disturbatore che rivoleva indietro i soldi del biglietto e spesso mi apostrofavano con parole non proprio carine, arrivando in una replica perfino a far intervenire dei poliziotti presenti in sala per farmi mandare via. Insomma era proprio un inizio spettacolo che il drammaturgo di Girgenti avrebbe amato tra urla, applausi e risate. Del resto i testi di Pirandello basta dargli vita o toglierti dalla fissità dell’autore per avere un successo assicurato.

In tutto il mondo dopo oltre cento anni i teatri che mettono in scena i «Sei personaggi in cerca d’autore» o «Il berretto a sonagli» o «Enrico IV» fanno il sold out. Una ragione ci sarà. È stato il più grande di tutti a mio avviso, più di giganti come Shakespeare o Čechov, perché dal suo arrivo la scena teatrale non è più stata la stessa. La rottura della quarta parete, che il Premio Nobel riprende dalla serate futuriste di Marinetti, diventa una rivoluzione che capovolge il modo di vedere e concepire il teatro. Pirandello è inimitabile perché porta la sua vita e quella di ognuno di noi sul palco svelando le maschere dell’uomo con una disarmante semplicità. È il più autobiografico degli autori, il più ironico nel dramma, il più drammatico nel gioco teatrale. Figlio di quella genialità tutta italiana che sa accogliere e trovare la sintesi tra il verismo siciliano e l’espressionismo tedesco. Pirandello ci insegna che il mondo non è più una scena ben costruita, ma un palcoscenico instabile, pieno di dubbi e di maschere. E noi? Non siamo forse tutti delle maschere? La finzione e la realtà si mescolano in un gioco vorticoso e spiazzante. «Imparerai a tue spese che nel lungo tragitto della vita incontrerai tante maschere e pochi volti». La vita si svela a teatro come non era successo mai. Per questo è inimitabile è merita di stare nel pantheon dei grandi italiani.

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