Il complicato mondo dei collezionisti d’arte

0
Mario Schifano durante la realizzazione di una sua opera

“Monica c’e’?”. Non è il titolo di una canzone o un invito per una tavolata a cena fra amici. Ma la ormai rituale, scontata richiesta di chi si accinge ad acquistare un’opera di Mario Schifano. E Monica De Bei è la moglie del grande artista, reuccio della Pop Art italiana ed europea, scomparso nel 1998, diventata negli ultimi anni unica depositaria dell’archivio ufficiale del pittore.

In parole povere, ma molto… ricche viste le quotazioni del fondatore dell’arte povera con Tano Festa e Franco Angeli, la severissima signora Monica certifica l’autenticità dei quadri, oppure li boccia… e io stesso ho patito, purtroppo, due dolorose bocciature, con qualche legittimo rammarico… ma andiamo avanti…

Perché la vita, cioè le gioie e i dolori di questo strano esemplare umano che è il Collezionista d’arte, ormai dipende da chi ha il diritto, più o meno acquisito e più o meno con merito, di rilasciare le autentiche delle opere.

Un tempo bastava la credibilità del venditore (galleria, mercante di comprovata notorietà, storico appassionato ed esperto) a far testo e a legittimare dipinto o scultura. Oggi no, senza l’ok di fondazione o famigliari dell’artista l’opera è cestinata, con gravissimo danno del suo valore commerciale. Esempio: se uno Schifano con la firma di Monica vale 20mila euro, senza ne vale 3-4mila, ammesso che qualcuno -colpito comunque dal fascino della tela- lo voglia lo stesso…

Un mondo difficile, quello dell’arte, e dei collezionisti in particolare. Un po’ compulsivi e bulimici, che corrono e sognano fra musei, mostre, vernissages e televendite, a caccia di un colpo di fulmine, di una preda su tela, carta o tavola da tempo desiderata.

Con tipologie d’acquisto diverse. Perché al collezionista davvero amante del bello, che compra cosa gli piace e lo seduce, si aggiunge lo speculatore, convinto di fiutare l’affare pensando a quelli passati… quasi sempre realizzati da altri (dal Boetti acquistato 25 anni fa a 3mila euro che ora ne vale 50mila, ai casi Salvo, Dorazio, Accardi).

Così accade che il collezionista diventi a sua volta mercante, in tempi in cui orientarsi non è facile, con artisti sempre più simili a prodotti commerciali, dal valore creato e gonfiato da mecenati, gallerie e case d’asta sempre più potenti e spregiudicate.

D’altronde il sociologo e filosofo Zygmunt Bauman già negli anni 60-70 teorizzava: “Comprare o non comprare, questo è il problema”. Parlando di pienezza della gioia (la bellezza inebriante di un’opera) equivalente o meno alla pienezza del consumo (valore reale o fittizio).

E se il collezionista d’oggi, di solito over 50, si augura che i propri figli ed eredi ne seguano la passione (ma avranno i denari per assecondarla?), credo sempre più che l’illusione profonda di questo incorreggibile amatore del bello e dell’assoluto sia aprire un museo coi propri veri o presunti capolavori. Sognando l’immortalità.

LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui

4 × uno =