Si ride tanto con la “Family” di Gabriele Cirilli

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Sta per arrivare Cirilli & Family, il nuovo incredibile show comico firmato da Gabriele Cirilli e ideato con Carlo Conti.  Insieme a lui sul palcoscenico anche sei giovani attori della sua ormai famosa Factory, la scuola di alta formazione professionale che vede impegnati tanti docenti come Giorgia Trasselli, Massimo Lopez, Stefano Reali, Fabrizio Costa, Walter Lupo, Mario Scaletta, Magnini, Gianluca Terranova. Dopo le prime date di prova, che hanno riscosso grande successo, dal 19 febbraio Cirilli & Family partirà dunque dal Teatro Brancaccio di Roma per girare l’Italia fino a maggio. Tra le tappe, anche Torino (10 marzo al Colosseo), Milano, (7 aprile al Nazionale), Bologna (16 aprile al Celebrazioni), Palermo (ben 7 repliche a metà maggio). E chi potrebbe raccontare la famiglia, nella sua quotidiana e meravigliosa follia che tutti viviamo distintamente, meglio di uno come Gabriele, che da 41 anni è insieme alla sua amata moglie Maria, con cui ha avuto un figlio, Mattia?

Partiamo dalla definizione. Cos’è una famiglia?

Il nucleo famigliare, e naturalmente non parlo solo di quello tradizionale, è il luogo in cui si possono trovare calore, comprensione, ogni cosa che aiuti nella vita a stare meglio. Un punto di riferimento fondamentale, più che mai in momenti storici complicati per il mondo intero.

Tutto questo richiede ovviamente anche molto impegno.

Certo, per creare una famiglia bisogna fare sacrifici, anche perché contestualmente bisogna dare amore anche a quella di provenienza: credo sia necessario dividersi tra questa e quella che si costruisce. Io ho sempre dato il massimo in tutti i team che suonino come famiglia, parlo quindi anche degli amici, dei colleghi, delle persone con cui si condivide lo sport. A ciascuna il giusto peso, con l’impegno a esserci sempre, fisicamente e moralmente.

Cirilli & Family ha già avuto dei riscontri molto positivi nelle primissime date. Racconti vizi quotidiani che fanno ridere a posteriori, ma che quando si vivono non sono sempre altrettanto divertenti..

Sul palcoscenico affronto tutte le sfaccettature della famiglia: pregi e virtù ma appunto anche vizi e difetti, a partire dal bagno occupato con la persona fuori che dopo un minuto dice “Forza che devo entrare!”, fino ai rimproveri perché si è lasciato lo spazzolino senza cappuccio…La convivenza non è facile, ma è appagante a meno che non si decida di vivere da eremiti litigando con se stessi, che però non credo sia un sacrificio. Il pubblico si rivede in ciò che racconto e ride molto, perché non ci rendiamo conto ma facciamo cose formidabili e comiche nella nostra quotidianità. Noi quindi spacchettiamo la famiglia e a un certo punto si ride a crepapelle, ma forniamo anche momenti di riflessione.

Non sarà un monologo, dico bene?

Esatto, ci saranno anche monologhi che si alterneranno a sketch e canzoni con sei attori della Factory. Con loro, grazie a insegnanti meravigliosi che ringrazio perché rendono questa scuola qualcosa di veramente importante, creiamo un percorso per i ragazzi. Orgogliosamente, quando salgono sul palco io intanto li guardo con ammirazione perché vedo che tutto ciò che Proietti ha fatto con me io lo faccio con loro.

Ecco, Proietti. Cosa abbia lasciato lo sappiamo e fa sempre bene ricordarlo, ma c’è qualcosa che non è stato abbastanza compreso di lui secondo te?

No, credo che di Gigi sia stato compreso tutto: un artista non a 360 gradi, ma 380. Sapeva fare tutto e resta un Maestro inarrivabile. Ha sempre recriminato il cinema che gli ha dato poco ascolto, ma purtroppo il cinema è una magia particolare, dove non basta essere bravi e nemmeno fotogenici. Proietti ha regalato tutto quello che aveva a ciascuno di noi, attori e pubblico.

Allievo di Proietti, oggi docente. Che effetto ti fa però vedere ancora alcune produzioni teatrali che puntano su nomi che non hanno molto a che fare col palcoscenico?

Corsi e ricorsi storici: è sempre stato così, cambiando i personaggi a seconda dei mezzi di comunicazione che abbiamo avuto. Ora ci sono i social che entrano nelle case delle persone, ancor più prepotentemente rispetto alla tv, perché arrivano dai cellulari di cui non possiamo fare a meno. Quello che mi dispiace davvero è che il teatro sia profanato da persone che non possono fare questo lavoro. Quando un attore sale sul palcoscenico lo fa con cognizione di causa, ha diritto di essere lì. Ecco, alcuni che calcano i palcoscenici purtroppo non hanno diritto di essere lì. È come se uno volesse andare in sala operatoria senza avere studiato chirurgia. Il teatro è  un luogo sacro, loro lo trattano come una qualunque sala. Dovrebbero affittare altri luoghi, magari dei capannoni, dove chiamano a raccolta il loro pubblico: perché approfittare di un luogo come il teatro per profanarlo e dissacrarlo?

Qual è la cifra identitaria che caratterizza il teatro italiano?

Il teatro italiano è sempre stato a livelli mondiali, cominciando dalle commedie musicali di Garinei e Giovannini, ma si è spesso scaratterizzato. Se vai a Londra sai che loro sono fortissimi nei musical: il teatro da loro è trattato come un tempio, per uno spettacolo rischi di non trovare posto fino all’anno dopo. In Italia c’è molta politica; spesso le lobby comandano e in alcuni posti non ti chiamano se non vai con un certo tipo di produzione. Però mi rincuora che in Italia possiamo vantare di essere i più grandi attori del mondo.

Non ti ho mai sentito parlare male di nessuno, piuttosto apri sempre il cuore mettendoti in discussione. C’è qualcuno a cui vorresti mandare un messaggio per chiarire situazioni irrisolte?

La lingua italiana è bellissima, ma è molto complicata e spesso ci si fraintende fino a non sentirsi più. Ecco, mi piacerebbe parlare con alcune persone con cui non ci siamo più sentiti come Enrico Brignano, con cui vorrei tornare amico come un tempo: abbiamo condiviso viaggi insieme, ma all’improvviso è sparito, chiudendosi un po’ in una sorta di divismo. Vorrei confrontarmi con alcuni registi cinematografici, per esempio Ozpetek, e chiedere perché non abbiano mai pensato a uno come me. Forse avere fatto televisione mi penalizza in tal senso? Ecco, mi dispiace avere il silenzio di persone un tempo amiche, che magari ti invitano allo spettacolo attraverso l’ufficio stampa.

In un’intervista precedente su CI ci hai raccontato del tuo amore per Sulmona e l’Abruzzo. Roma, però, è una tua seconda città identitaria…

Certo, qui sono nato artisticamente. Roma è meravigliosa e i adoro i romani. Mi spiace molto che se scendo sotto casa vedo cose inenarrabili: “volemo salvare il mondo” ma i romani non ci riescono, non sono messi in condizione di farlo. Il cassonetto pieno di qualunque cosa non è giusto per il futuro dei nostri figli e nipoti.

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