Con il ritorno di Miss Italia in RAI, si celebra non solo il ritorno di un concorso di bellezza, ma un’idea di libertà, di cultura popolare e di orgoglio italiano che i fan della cancel culture avrebbero voluto cancellare – pure questo! – con un colpo di spugna. Ma l’ostinazione di Miss Italia di restare quello che è, e della patron Patrizia Mirigliani, che non si è mai arresa nemmeno davanti agli attacchi più feroci delle vetero femministe che cavalcano il refrain ormai trito e ritrito dell’oggettificazione della donna, alla fine è stata premiata.
La finalissima dell’edizione 2025 si svolgerà il 15 settembre nel Palazzo dello Sport di Porto San Giorgio, nella provincia di Fermo nelle Marche in diretta sulle frequenze di San Marino e in replica su RaiPlay.
L’approdo su RaiPlay è un risultato a cui in questi anni molti hanno contribuito, tra cui proprio il direttore della nostra testata Edoardo Sylos Labini, che al Concorso dedicò un numero intero, auspicando presto il ritorno sulla tv pubblica.
Oggi la RAI, finalmente, torna ad abbracciare la sua storia e, con essa, quella di un’Italia che prova a dimostrare di avere superato il tabù della bellezza in quanto tale. Il Concorso infatti è stato l’agnello sacrificale, mentre resistevano le veline, le ‘ombrelline’ alle gare di moto, le ragazze ammiccanti del meteo, le soubrette in minigonna. E le femministe di sinistra, zitte. Insomma, tutto lecito fuori dall’insegna Miss Italia.
Ma perché demonizzare la bellezza femminile e non riconoscere invece che la bellezza si può usare anche per lavorare? Cosa c’è di male? Se lo chiedono in tanti.
Eppure la celebrazione dell’immagine della donna – anche quella più costruita – prospera sui social, dove migliaia di ragazze, soprattutto giovanissime, lì si raccontano con una certa spontaneità e senza i moralismi che invece sono sempre piovuti su un Concorso con 86 anni di storia, capace di incollare milioni di spettatori davanti al piccolo schermo.
Nel tempo una certa sinistra ha cercato di demonizzare questo simbolo del Paese, bollandolo come “patriarcale”, “sessista”, “anacronistico” arrivando perfino ad associarlo, in modo forzato e strumentale, al tema della violenza sulle donne.

Sono sempre loro che anche oggi, invece di battersi per la libertà delle donne contro pregiudizi e stereotipi, si concentrano su battaglie ideologiche che finiscono per giustificare persino modelli oppressivi. Le stesse voci che demonizzano la bellezza, Miss Italia e le ragazze in costume da bagno, non hanno nulla da dire per esempio, davanti al velo imposto, simbolo, quello sì, di sottomissione. È una contraddizione grave e pericolosa che colpevolizza la donna per la sua libertà di mostrarsi, e che fa il paio con quella cultura del ‘se l’è cercata’ che ancora facciamo fatica ad estirpare, mentre si legittima e si difende la donna col burqa.
Nel mondo alla rovescia, dove c’è una corsa a rivestirle le donne, forse farebbe meno scandalo Miss Burqa, chissà.
In ogni caso, dopo anni di marginalizzazione e un documentario Netflix che ha mostrato gli sforzi instancabili di Patrizia Mirigliani per tenere in vita il Concorso, oggi finalmente viene sanato il paradosso per cui Miss Italia era esclusa dai palinsesti tv, eppure la televisione era piena di Miss Italia, tra conduttrici, showgirl, giornaliste e attrici lanciate proprio dal Concorso.
Insomma, hanno fatto a gara nel dichiararla superata e finita, ma ancora oggi Miss Italia riesce a far discutere e a far parlare di bellezza dimostrando che è più viva che mai. Il ritorno alla sua casa naturale restituisce finalmente centralità alla cultura nazionalpopolare.
Bentornata Miss Italia! Con te, torna anche un po’ dell’Italia che amiamo.
















