Bocciarelli: “Il Maestro Glauco Mauri mi raccontò di una veggente…”

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Parla il direttore dei Teatri di Siena che presenta una importante stagione teatrale

Vincenzo Bocciarelli è alla prima stagione completa da Direttore Artistico dei Teatri di Siena, dove è approdato lo scorso gennaio dopo tanti anni di palcoscenico al fianco dei più grandi attori e registi della nostra cultura. Famoso anche in molte fiction televisive (Orgoglio, Don Matteo, Il bello delle donne, Incantesimo, per citarne alcune), Bocciarelli è l’emblema di come l’arte sappia essere fondamentale nell’economia del Paese. Portando a Siena la produzione bollywoodiana del film War 2, che lo vede tra i protagonisti, in due giorni di set ha fatto crescere gli incassi della città quasi come accade con il Palio. Lo abbiamo intervistato alla vigilia di questa importante stagione teatrale.

Vincenzo, partirei da un ricordo. Settimana scorsa ci ha lasciati Glauco Mauri, persona fondamentale nella tua carriera.

Glauco rappresenta il Maestro più importante della mia vita: con lui iniziai la professione di attore, nel senso più profondo e vero del termine. Arrivavo da una sostituzione al Piccolo Teatro nel Faust diretto da Strehler, ma la prima scrittura importante per un mio ruolo arrivò con la Compagnia Mauri-Sturno, in uno spettacolo di Pirandello. Successivamente mi permise di recitare nei più importanti teatri d’Italia, interpretando il nipote di Beethoven nei Quaderni di conversazione. Ogni volta gli chiedevo consigli e lui, puntualmente, sapeva darmeli.

Qual è il più prezioso che ti ha lasciato?

Avevo solo 21 anni quando mi affidò responsabilità importanti, che mi forgiarono a migliorare giorno dopo giorno, per essere all’altezza della situazione. Glauco era un Maestro di teatro e di vita, anche perché viveva per il palcoscenico. Era un vero sacerdote del teatro, con una vocazione quasi sacra. Quel suo aspetto sciamanico si trasmetteva anche nel motto che mi ripeteva sempre: “Ritmo, energia, leggerezza!”. Ho imparato a comprendere quanto siano fondamentali tutti questi tre aspetti.

Insomma una sorta di padre artistico per te.

Sì, ci confidavamo molto. Mi colpì in particolare quando mi raccontò di un incontro che fece sua madre con una veggente, da cui ebbe questa predizione, che si presta a essere interpretata col senno di poi: “Suo figlio farà suonare le campane”. Vedi, quando dico che era un sacerdote del teatro era vero. Era talmente legato al palcoscenico, che non approvava la strada televisiva che avevo intrapreso con alcune fiction. Io però ero tentato da tempo, perché se fatte bene anche certe produzioni televisive possono avvicinarsi molto al teatro.

E talvolta avvicinano lo stesso pubblico a teatro, proponendo artisti già apprezzati sul piccolo schermo.

Certo. Sarebbe ovviamente auspicabile che la gente si avvicini al teatro a prescindere dalla popolarità televisiva degli attori, ma ogni tanto anche questo può aiutare.

Qual è l’arma vincente del teatro rispetto a ogni altra forma d’arte?

Credo basterebbe sempre tenere come punto di riferimento l’atteggiamento dei grandi attori: prima di tutto l’obiettivo deve essere rapire l’anima del pubblico, tenendolo incollato e distraendolo da ogni altra cosa che esista fuori dalla sala.

A che punto è oggi la produzione teatrale italiana?

A volte scadente, ma credo sia necessario incoraggiare quella che propone delle potenzialità. Mi piace vedere il bello anche laddove non sembra esserci, perché poi lo si trova sempre. Viviamo in un’epoca fatta di continui giudizi, dove si tende a tirare troppo spesso le somme con facilità. Prima di giudicare voglio dare tempo alla mia mente di metabolizzare il contenuto.

Come hai scelto gli spettacoli della stagione 2024/2025 dei Teatri di Siena?

Ho cercato di immedesimarmi nella mente dello spettatore, non solo quello tipicamente senese. Nei tre giorni di abbonamento (venerdì, sabato, domenica), c’è anche molto turismo che arriva fino in teatro. Per questo l’offerta doveva essere molto varia, di largo respiro. Presenteremo in totale 32 titoli: 21 (più uno a sorpresa che annunceremo a gennaio) nell’abbonamento di Sipario rosso al Teatro dei Rinnovati e 10 nell’abbonamento di Sipario Blu al Teatro dei Rozzi. Inoltre ci saranno 5 spettacoli nella rassegna dedicata all’opera lirica, Siena in Opera, dove ci saranno titoli come Suor Angelica, Tosca, Cavalleria Rusticana.

Una stagione eterogenea.

Assolutamente. Apparentemente gli spettacoli potrebbero apparire scollegati tra loro, invece sono inseriti in un filo conduttore capace di legare il musical e i meandri della psiche e della profondità dell’animo umano.

Nel teatro c’è molta politica?

A volte purtroppo ce n’è stata, creando un deleterio meccanismo di non veridicità attraverso spazi per sole caste. Da 35 anni sono nel mondo dello spettacolo e spesso mi è capitato di incontrare l’insopportabile atteggiamento intellettualistico anziché quello puramente intellettuale. La cultura, però, nasce da una sincera disinvoltura del nostro essere dentro a un concetto e al suo significato: l’arte si vive, non ha bisogno di persone che si atteggiano a intellettuali. Un’opera artistica deve arrivare visceralmente alla pancia: se si crea un distacco, lo spirito dionisiaco evapora e non scatta la scintilla. Ora, però, il pubblico è diventato ancora più esperto e sa riconoscere certe furbizie.

Cos’è per te il teatro?

Il teatro deve essere un porto franco, un luogo dove tutti entrano in contatto con tutto e con tutti. È un luogo dell’amore, dell’incontro, dell’abbraccio.

C’è secondo te uno spettacolo teatrale identitario della cultura italiana?

Difficile sceglierne uno. Direi tutti quei testi che mettono in risalto i protagonisti della nostra arte e della nostra storia. Al Teatro di Siena, per esempio, quest’anno avremo una grande protagonista come Debora Caprioglio che interpreterà Artemisa Gentileschi, donna famosa per avere sfidato ostilità e ostacoli in un mondo maschilista. Così come ho tenuto moltissimo ad avere Inimitabili di Edoardo Sylos Labini, che stimo personalmente e che con questo spettacolo racconta la vita di una figura fondamentale nella storia d’Italia come Gabriele D’Annunzio.

Se la vita di Vincenzo Bocciarelli fosse uno spettacolo teatrale, quale sarebbe?

Sicuramente quello a sorpresa che porteremo in scena alla fine di questa stagione, che mi vede protagonista insieme a un’importante attrice. Sveleremo tutto solo a gennaio, ma ti posso dire che farò particolarmente attenzione proprio a questo concetto di identità italiana. L’identità di un Paese è legata molto alla contemporaneità, perché il linguaggio è in continua trasformazione evolutiva, e l’arte è approfondimento che viene portato in scena come specchio di questa contemporaneità.

E se dovessi pensare alla città identitaria di un artista giramondo come te, quale sarebbe?

Sono diviso a metà tra Romolo e Remo (ride, ndr). Siena, che secondo la leggenda sarebbe fondata proprio da Remo, è la mia città di formazione artistica e dove ora ricopro questo ruolo così importante; Roma per me è un punto di riferimento, dove percepisco una forza vitale ineguagliabile. Se potessi fare una fusione tra Siena e Roma, la mia città identitaria sarebbe un luogo immaginario che le comprende entrambe!

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