Rappresentare i territori e le periferie. Non solo quelle delle grandi città, ma la provincia stessa, che è la “periferia d’Europa”. È quanto si propone Carlo Ciccioli, candidato di FDI alle elezioni europee nella Circoscrizione Italia Centrale.
Marchigiano, classe 1952, medico psichiatra, Ciccioli è determinato a portare la sua regione, le Marche, al parlamento europeo. “Nella circoscrizione centrale – spiega a CulturaIdentità – le Marche competono con due regioni demograficamente pesanti, il Lazio e la Toscana. Rispettivamente quasi 6 e 4 milioni d’abitanti. Le Marche invece sfiorano appena il milione e mezzo”. Una condizione che rischia di tenere sempre al margine questa “periferia”, fatta di tante piccole città. “Ancona non arriva a centomila abitanti. Poco più piccola è Pesaro. Le altre città della regione sono tutte centri di medie dimensioni” continua Ciccioli. Ed è questa realtà urbana e sociale che intende rappresentare a Bruxelles. “La “grande periferia europea” sono tutte queste cittadine medie e piccole, che costituiscono l’ossatura del continente. E hanno problemi e tipologie diverse dai grandi conglomerati metropolitani”.
All’appiattimento della megalopoli, dunque, si contrappone la ricchezza delle voci delle piccole e medie realtà. “Le Marche – spiega Ciccioli – sono una regione che ha un nome plurale. Ed è un dettaglio significativo. Come sono medio-piccole le sue città, altrettanto lo è il suo tessuto produttivo”. Nelle Marche infatti difficilmente le aziende superano le poche centinaia di dipendenti. Tuttavia, queste imprese poi creano distretti produttivi: quello del mobile, della calzatura, della pelletteria, del metalmeccanico e perfino quello piccolissimo del cappello. “I nostri gioielli come Urbino, Jesi, Ascoli Piceno, Fermo, Camerino, solo per citarne alcuni, devono essere rappresentati in Europa, perché le loro specificità, che va dalla cultura e dal paesaggio ai loro distretti produttivi, non possono continuare a restare periferia del continente” dice il candidato di FDI.
E peraltro le Marche hanno bisogno di tornare al centro dell’attenzione nazionale ed europea anche per la peculiarità del suo territorio, il suo splendido paesaggio, che va però governato. “C’è una fake news: che la natura non va toccata – dice Ciccioli – Invece noi abbiamo bisogno di regolare la natura, proprio per conviverci. C’è stato un periodo per esempio in cui era proibito tagliare le boscaglie e gli alberi a ridosso dei torrenti e dragarne dalla ghiaia i letti. Risultato? Piante morte e sradicate e sedimenti che intasano gli alvei, vengono spinti dalle acque e quando trovano un ponte o un altro ostacolo creano vere e proprie dighe. La conseguenza logica è quello che poi tutti chiamano “dissesto idrogeologico”. Noi invece possiamo intervenire per prevenire. La natura che abbiamo vicino dobbiamo poterla regolare: le foreste sono bellissime, ma gli alberi vecchi vanno abbattuti perché sono pericolosi. L’importante poi è piantarne di nuovi, riforestare continuamente. E con lo stesso criterio ci dobbiamo approcciare alla fauna selvatica. Il divieto di caccia, per esempio, non può essere indiscriminato, altrimenti vi saranno specie più invasive e aggressive che sconvolgeranno l’ecosistema, oltre a diventare pericolose per le persone, come nel caso dei cinghiali”. Insomma, quello che occorre è tornare a una cultura tradizionale del rapporto con la natura e col territorio.
Cultura e identità, che sono la cifra essenziale di un’Europa che voglia evitare di essere un mega-ufficio burocratico. “La storia dell’Europa – prosegue Ciccioli – è una storia di civiltà. Cristiana, e ancora prima pagana. Abbiamo quaranta secoli di arte, filosofia, bellezza. Non possiamo rinunciarvi per fare posto a chi non le apprezza. La vicenda dei due studenti esentati dallo studio di Dante è molto preoccupante”. Non governare il fenomeno migratorio integrando ovunque possibile e mettendo paletti e linee rosse, porta alla creazione di ghetti, in cui il sistema di civiltà europea finora tentato si rivela dichiaratamente fallito. La criminalità giovanile, che spesso e volentieri riguarda minorenni stranieri o di seconda generazione, è la prova che non solo non si è riusciti a integrare, ma anzi, si va verso una vera e propria dis-integrazione. “Non c’è dubbio che fra le cause di questo grave problema – spiega Ciccioli – c’è la disgregazione della struttura familiare, che va contrastata”. Intanto, però, l’Europa subisce la liquefazione della società. Cosa ci aspetta dunque dietro l’angolo?
“La reazione” conclude Ciccioli. “Reazione dei popoli e reazione dei governi e reazione delle singole persone. Per risollevarci occorre ridare prestigio e autorevolezza alle autorità, alle forze dell’ordine e alle forze armate e alla struttura familiare. Finora invece l’Europa ha stroncato gli Stati nazionali, ha dato addosso a chi – come la Meloni – ha cercato di ripristinare l’autorità dello Stato. Ma con queste elezioni abbiamo l’opportunità di dare un segnale e i popoli europei potranno stringersi di nuovo attorno alle loro bandiere”.