Chiese ad uso “fantasioso”, ecco il festival degli orrori

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Chiese ed edifici religiosi, i più neanche sconsacrati, chiusi o riconvertiti ad altre fantasiose destinazioni. Il programma Report a fine 2022 denunziava il creativo utilizzo di numerose chiese nel centro di Napoli, chiuse o abbandonate. Il portavoce della diocesi dichiarava ironico che “… In città ci sono talmente tante chiese che neanche il Padre Eterno lo sa!”. Invero solo nel centro storico ve ne sono 203: delle quali 79 attive, 75 chiuse, in restauro o abbandono e ben 49 ridotte ad uso privato-profano. Sulle proprietà: 113 edifici appartengono a Enti Ecclesiastici, 20 al Fec, 15 al Comune, 11 al Demanio, 17 a Enti privati ed infine 26 risultano di nessuno!

Da questa canea di numeri non poteva che fiorire l’estro del popolo partenopeo. Ma facciamo un passo indietro, perché il cardinale Sepe nel 2010 concesse in usufrutto gratuito alcune strutture ad enti ed associazioni senza fine di lucro ma con l’obbligo al rispetto di chiari parametri: flatus vocis, parole al vento! E dal balcone apparso sulla facciata della chiesa di Sant’Arcangelo parte il festival degli orrori: parcheggio privato con terrazza e solarium, palestra, falegnameria con deposito, sale congressi per meeting, mostre e festeggiamenti di compleanni, sono solo alcuni dei nuovi dissacranti utilizzi delle povere chiese affidate ai privati. Dalla chiesa di Sant’Agostino alla Zecca con dimensioni da cattedrale e chiusa da ben 40 anni, sono state magicamente cedute le sacre cripte, poi adibite ad officine; nella Chiesa di San Francesco alle Monache un artista cileno con fanciulla mezza nuda sulle gambe, dissertava su sesso, masturbazione, esoterismo e tarocchi (nel 2013 la chiesa ospitò la conferenza di Alejandro Jodorowsky, il drammaturgo cileno le cui opere sono intrise di sesso, esoterismo, sciamani e tarocchi. Un caso che allora fece molto discutere, n.d.r.). Il tutto davanti ad un bel crocifisso, in luogo probabilmente non ancora sconsacrato, sfidando la misericordia di Dio che per fortuna del sudamericano risulta essere “ancora” infinita! Anche i frati del monastero di Santa Chiara per far quadrare i conti offrono un pacchetto matrimoniale con Santa Messa più ricevimento in antico refettorio, intendiamoci l’utilizzo dell’ambiente sarebbe anche coerente, l’opportunità di farlo meno! Ma il cardinale si difende riconducendo alla Curia solo il 15% dei sacri palazzi.

Secondo un censimento dell’Ufficio Nazionale dei Beni Culturali Ecclesiastici e l’Edilizia di Culto, in Italia ci sono oltre 200.000 edifici sacri, di cui solo 77.000 di proprietà delle parrocchie, il resto è di Regioni, Comuni, Ordini religiosi, privati cittadini e Ministero dell’Interno, che ne detiene oltre 800 gestiti dal Fec (Fondo edifici di culto), il quale deve assolvere ai quattro compiti indicati nella norma istitutiva: conservazione, restauro, tutela e valorizzazione.

Secondo il Wall Street Journal la Chiesa anglicana chiude in media 20 edifici religiosi all’anno, in Germania negli ultimi anni hanno chiuso centinaia di chiese e lo stesso accade anche nei Paesi cattolici come Italia e Francia, rispettivamente prima e seconda nazione per numero di edifici religiosi in Europa.

I monasteri abbandonati in Italia si stima siano oltre 800: edifici storici, unici, ricchi di tesori d’arte, spiritualità e cultura che rischiano di scomparire. Coagulano storia, tradizioni religiose e costruttive, divenendo rappresentativi presidi identitari. Quali le cause di tale abbandono? Aspetti meramente economici? Mancano prelati? Anche se la secolarizzazione ha un effetto diretto sul numero delle ordinazioni sacerdotali e quindi sul mancato incremento del clero, tuttavia la distribuzione dei sacerdoti segue criteri pastorali connessi alla densità degli abitanti e non a quella degli edifici di culto. Sovente le chiese, costruite e abbandonate, seguendo la parabola del loro uso liturgico, trovano oggi un’intera popolazione che vorrebbe adottarle e difenderle in ragione del loro valore iconico-identitario.

L’appello al Governo per la conservazione di queste architetture non si deve solo a ragioni intra-ecclesiali, piuttosto alla nuova sensibilità culturale di vincolo e difesa di beni rappresentativi del paesaggio.

Al novello ministro quindi, lo spunto per censire, accorpare, riordinare e pianificare una gestione unica del vasto patrimonio degli edifici di culto che storia, tradizioni e fede ci hanno generosamente tramandato e che affoga disperso tra enti e soggetti vari disordinati tra loro. Che “Giuliano SanGennaro” illuminato dall’omonimo patrono partenopeo possa rilanciare il nostro nazionale petrolio bianco.

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