“La Sicilia è Tomasi di Lampedusa, i templi greci, il barocco”

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L’assessorato ai Beni culturali e all’Identità siciliana (così si chiama nell’Isola) è nelle mani di un leghista. Un leghista di Sicilia. Un ossimoro fino a qualche anno fa. Ma i tempi evidentemente cambiano. Alberto Samonà, palermitano e giornalista, ha tutti i titoli per gestire una delega pesante, soprattutto in una regione a statuto speciale. Colto, curioso, autore di decine di studi sul sacro. Contro di lui, tuttavia, c’è stata una levata di scudi.

Samonà, stando al web, da un momento all’altro sarà innalzato il colosso di Alberto da Giussano tra i templi di Agrigento. Ci può rassicurare?

«Può stare tranquillo, perché l’assessore leghista si batterà fino alla fine per l’identità del popolo siciliano. I leghisti lo hanno fatto ovunque hanno governato. E lo faranno anche in Sicilia, terra dall’identità ontologicamente plurale».

Parla di pluralità, ma la piazza ha adottato contro di lei il metodo sardine.

«C’è un pregiudizio comprensibile, perché la Lega è nata nelle regioni del Nord e non ha mai governato l’Isola. Dalla diffidenza però bisogna passare all’ascolto e giudicare nel merito. Le sardine ci stanno, i centri sociali pure. Ma ho ricevuto anche tanti messaggi dagli indipendentisti, i quali mi aspettano alla prova dei fatti».

Ha dichiarato di avere militato nel Fronte della Gioventù. Come arriva al Carroccio?

«Sì, mi sono iscritto all’età di 13 anni. Erano gli anni ’80, quelli del riflusso. E si aderiva alle formazioni giovanili per pura passione. Ritengo una fortuna avere una tradizione politica alle spalle. Meglio dell’antipolitica dilagante. La Lega è rivoluzionaria, nel senso positivo del termine, perché supera gli steccati tra destra e sinistra. Un movimento che bada agli interessi concreti dei territori. Il cliché dei brutti e cattivi non regge di fronte alla concretezza amministrativa».

Lei è chiamato a gestire un settore fondamentale, ma colpito dallo spettro Covid.

«Partiamo in salita. È chiaro a tutti che non avremo i flussi turistici degli scorsi anni, non avremo i flussi turistici internazionali. Stavolta noi siciliani potremmo essere padroni/turisti a casa nostra. Possiamo riscoprire le città d’arte, i borghi medievali, i parchi archeologici. Questi ultimi li abbiamo aperti gratuitamente ai siciliani per ringraziarli dei sacrifici fatti durante gli arresti domiciliari da pandemia. Un popolo responsabile guidato da un governatore, Nello Musumeci, che ha varato decisioni sagge».

Assessore, c’è cultura in Sicilia che vada oltre l’immagine televisiva da Commissario Montalbano?

«La Sicilia è tutto. È il genio di Camilleri. È Vigata. Ma anche tutto il resto: Tomasi di Lampedusa, i templi greci, il barocco. La Sicilia è la possibilità di riscoprire un’essenza che è sotto gli occhi di tutti, ma non ce ne accorgiamo. La sicilitudine è una componente essenziale del nostro popolo. Ciò detto, dai Beni culturali può ripartire un grande progetto di rilancio economico».

Qual è l’identità dell’Isola?

«La Sicilia è una ierofania, una manifestazione vivente del sacro. La ierofania è universale, non appartiene né a me né a lei. Può essere compresa soltanto da chi guarda oltre. La Sicilia ha saputo trovare una sintesi tra le culture, che sovrapponendosi l’una all’altra, hanno dato il via a un unicum davvero irripetibile».

Samonà, ci rivela un episodio Off?

«Erano gli anni ‘80 e degli amici di sinistra mi vogliono con loro per un concerto al Montevergine, uno dei primi centri occupati di Palermo. Non ero convinto, ma vado. All’entrata un anarchico mi riconosce e non vuole farmi entrare. Quelli con me, ovviamente, prendono le mie difese. Lui si ammorbidisce e va a chiedere istruzione ai capi. Che ribadiscono il no, promettendo però che avrebbero discusso in assemblea se farmi entrare alle iniziative future. Dissi che non meritavo tanta attenzione e me ne andai»

C’è più tornato?

«Sì, ma da giornalista, quando il centro era stato già sgomberato, restaurato e divenuto spazio di fruizione artistica. Per me fu un piacere scrivere di un pezzo di città tornato alla sua bellezza originaria».

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