Per rubare la scena a un mattatore come Donald Trump ci voleva uno più anticonformista di lui. Elon Musk domina le prime pagine dei giornali e i trending topic su internet quasi come il neo-presidente. Che lo ha appena nominato al vertice di un ufficio per l’efficienza della macchina burocratica, il Department Of Government Efficiency, il cui acronimo – DOGE – ricalca il nome di un famosissimo meme (già peraltro richiamato in una criptovaluta dello stesso miliardario). Del resto, Trump con la “Great meme war” del 2016 e ora con tutti i meme fatti circolare sulla piattaforma X tornata libera ci ha vinto le elezioni: mettere un Musk a capo di un dipartimento che si chiama come un meme è l’insulto finale ai paludati parrucconi, che, letteralmente, sono stati sepolti da una risata…
Ma, si sa, da un po’ a sinistra non sa più ridere: e così gli esponenti dell’establishment si sbracciano morettianamente chiedendo ai loro follower se li si nota di più quando lasciano X o se vi restano in disparte a lamentarsi liberamente che su quel social ora c’è troppa libertà…
E intanto la piattaforma che Musk ha strappato al wokeismo alla modica cifra di 44 miliardi di dollari (mai denaro fu più benedetto), è la prima app scaricata nel Bel Paese sugli store online. Un risultato che Musk celebra con tanto di bandiera tricolore sul suo profilo, nel pieno delle polemiche che lo vedono al centro del dibattito politico in Italia.
𝕏 is #1 in Italy! https://t.co/YI6Zttgmce
— Elon Musk (@elonmusk) November 12, 2024
Un personaggio che sta facendo impazzire – in senso buono – il fronte conservatore di mezzo mondo e impazzire – in senso clinico – gli wokeisti, ovunque. Che progetta di mandare razzi su Marte e colonizzarla. Che vuol vendere auto elettriche a chiunque senza ricorrere al mezzuccio del “cambiamento climatico” per giustificarne l’acquisto. Che salta come un ragazzino sul palco del candidato repubblicano dopo averne appoggiato la campagna elettorale, scandalizzando i benpensanti per i quali un rally elettorale dovrebbe essere una specie di messa funebre. Che immagina città del futuro che sembrano ricalcate dai disegni sognatori di un Antonio Sant’Elia. Fossimo stati 110 anni fa, Musk sarebbe stato tessera n. 1 del Futurismo. Ci si può mettere la mano sul fuoco.
“Elon Musk è il Marinetti di oggi” è l’intuizione che era uscita durante un’intervista alla rassegna stampa di Rai News24, quando il conduttore ci chiese di trovare un parallelo fra gli “Inimitabili” che sto portando sul palcoscenico e i personaggi dell’attualità. “Oggi chi sarebbe un Marinetti?”. Corale e unanime la risposta in studio: “Elon Musk”.
Dalla sua passione per la fantascienza – si pensi ai nomi imposti ai figli o ai costumi indossati in certi party – Musk ha tratto una nuova marinettiana “sfida alle stelle”, quella di conquistare lo spazio. Come il miliardario Delos David Harriman, “l’uomo che vendette la Luna”, inventato dal celebre scrittore Robert A. Heinlein, Musk ha investito il suo patrimonio per mandare astronavi in cielo. Inizialmente apparendo come un estroso riccone in cerca di divertimenti stravaganti e costosi. E ora scucendo alla NASA contratti per la fornitura di servizi per oltre 15 miliardi di dollari l’anno, grazie alla sua compagnia – Space X – in cui l’efficienza industriale conta più della DEI che sta azzoppando i programmi dell’agenzia federale (e poi ci si chiede perché nel 1969 sulla Luna ci siamo andati e nel 2024 la NASA stia ferma al palo. La verità è una sola: con gli arcobaleni non si lanciano missili!).
Come Marinetti, Musk ha fatto della libertà la sua bandiera. Per questo sta lanciando crociate contro il wokeismo – anche per la triste storia familiare di suo figlio, diventato trans, che lo ha ripudiato andando via di casa – e in difesa dei suoi connazionali afrikaans (Musk, infatti, è di origine boera).
La sua dunque è una “sfida alle stelle” a tutto tondo. Non solo a quelle astronomiche, ma anche alle “stelle” della politica e del jet-set, a coloro che hanno imposto gli argomenti all’ordine del giorno e hanno diviso il mondo sulla lavagna dei “buoni” e “cattivi” fino a qualche tempo fa. Per loro non essere più i re della jungla è un duro boccone da ingoiare. E Musk ancora non ha investito nel settore dei digestivi…