“Geopandemia”: un libro per decifrare il caos

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Cosa resterà del mondo pre-Covid? Salvatore Santangelo fa chiarezza con un pamphlet attualissimo

Molto poco resterà uguale al mondo pre Covid-19. O perché nasceranno nuovi assetti globali, oppure perché i processi già in atto negli ultimi decenni subiranno una sostanziale accelerazione. Nulla però rimarrà inerte. La pandemia ha infatti innescato una sfida davanti alla quale nessun sistema di potere potrà sottrarsi. Con Geopandemia. Decifrare e rappresentare il caos (Castelvecchi, pp. 64, euro 12,50), Salvatore Santangelo guarda nella sfera di cristallo e ci vede dentro incertezze, una probabilissima recessione globale e la definizione di nuovi rapporti di forza egemonici. 

Un tutti-contro-tutti, insomma. Dove la sfida «geopandemica» farà sì che nell’era della post-globalizzazione la conflittualità non si manifesterà soltanto nella vecchia dimensione spaziale/istituzionale, ma anche attraverso la verticalizzazione delle contrapposizioni all’interno di ogni singola realtà statuale. Il nuovo clivage è «società aperta versus società chiusa». Oppure, se si preferisce, globalisti contro sovranisti. Ottimisti e sconfitti. Buoni contro cattivi. Élite ed esclusi. Una guerra civile mondiale senza esclusione di colpi, da combattere a suon di biotecnologie, calcolatori quantistici, intelligenza artificiale, reti di comunicazione e big-data. 

Tra gli attori principali – manco a dirlo – ci sono e saranno la Cina, la Germania, la Russia e gli Usa. La battaglia in corso sui vaccini rappresenta soltanto la spia di un conflitto assai più ampio. Putin ci ha visto bene nel battezzare Sputnik la sua arma anti Covid. A nessuno è sfuggito infatti il richiamo alla Guerra fredda. Una guerra che si è rinnovata in chiave multipolare. Navigato conoscitore degli equilibri internazionali e profondo conoscitore della storia del Novecento, Salvatore Santangelo propone un’avvincente lettura del tempo attuale che oscilla costantemente tra passato, futuro e il dominio delle conoscenze scientifiche e tecnologiche. 

Il tutto condensato in un pamphlet da leggere, tuttavia, come un appello incondizionato alla virtù e al riscatto. Nello scontro sopravviverà soltanto chi saprà ancorarsi ai fondamentali, ai valori che contano. Le cifre dello spavento e della paralisi dimostrate in questi anni (e in ultimo nell’emergenza pandemica, come ha rilevato di recente il Censis) sono destinate a cedere il passo a ben altro. L’Italia, da paese soccombente e, come mai prima, teatro d’interessi altrui, deve correre ai ripari e riflettere sulle proprie fragilità. Per Santangelo è infatti necessario fare quadrato attorno all’interesse nazionale e soffiare sulle vele di un rinnovato «patriottismo economico»

Eccolo: «Il tipo umano che in Italia ha reso possibile lo sviluppo del nostro Paese, efficacemente descritto da Carlo Emilio Gadda o incarnato dai tecnici – quelli che con orgoglio e abnegazione montavano gru, ponti sospesi, impianti petroliferi per le grandi imprese italiane di costruzione nel mondo, raccontati da Primo Levi nel romanzo La chiave a stella – probabilmente non esiste più, a causa della mutazione socio-antropologica che ha investito la nazione negli ultimi due-tre decenni (senza dimenticare gli effetti della denatalità e il conseguente declino demografico)».

Ciò detto «non tutto è perduto, se avremo la consapevolezza della portata della sfida in atto – scrive Santangelo – di come la vita economica deve tornare a essere animata da un autentico senso di appartenenza, dal fatto che il desiderio di successo vada coniugato con lo spirito di solidarietà e di collaborazione, che sono tanto forti quanto il profitto aziendale e il tornaconto individuale».

L’autore

Salvatore Santangelo (1976) è giornalista professionista e docente universitario. Esperto di politica internazionale e di storia del Novecento, studia la dimensione mitica nell’attualità occupandosi di “geosofia”. Tra le sue pubblicazioni: Frammenti di un mondo globale (2005), Le lance spezzate (2007), GeRussia (2016) e Babel (2018). Ha fatto parte del gruppo di lavoro dell’Università di Teramo che ha supportato – nel biennio 2016/2018 – la regione Abruzzo nella stesura del suo nuovo piano di Comunicazione di Crisi. Ha firmato reportage dai Balcani (1999), dall’Ulster (2000 e 2002), dalla Libia (2012), da Israele (2013 e 2015) e dalla Siria (2017).

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