Il codice Ateco mette a rischio le botteghe di San Gregorio Armeno

0
L'artigiano Marco Ferrigno nella sua bottega

L’allarme lanciato dal maestro artigiano Marco Ferrigno contro la gestione fallimentare dell’emergenza

San Gregorio Armeno deserta: un’immagine impensabile, eppure era così che fino a pochi giorni fa si presentava la celebre via dei pastori. Qui, nelle viscere di Napoli, dal Settecento la tradizione cattolica si mescola con una sorta di paganesimo irriverente che ha spinto nel corso degli anni a porre nei presepi, accanto a bambinelli di delicata fattura, figure molto meno auliche ma adatte a raccontare i fenomeni del nostro tempo. Il 7 dicembre, con lo spostamento della Campania nella “zona arancione” per effetto del nuovo Dpcm, la strada ha ricominciato a vivere con una riapertura nel segno di Diego Armando Maradona.

Maradona (di Marco Ferrigno)

Al taglio del nastro è intervenuto anche il fratello del pibe de oro, Hugo Maradona, ospite dell’artigiana della bottega D’Auria Antonella Cucarano. Sotto la pioggia battente i bottegai hanno riaperto le serrande per accogliere i primi curiosi, mentre l’altro Maradona si è soffermato ad apprezzare i mille volti del re del calcio scolpiti dalle abili mani degli artisti napoletani. Una riapertura piena di speranza, ma con un retrogusto amaro.

A portare avanti l’arte dei pastori tra i cardi e i decumani di Napoli sono i Ferrigno: non si può passeggiare tra le botteghe di San Gregorio Armeno senza fare un salto nell’antico laboratorio che di padre in figlio, sin dal 1863, custodisce la vera tradizione del pastore in terracotta, tipico dell’arte presepaia napoletana. Marco Ferrigno ha raccolto l’insegnamento del padre Giuseppe portando avanti una tradizione secolare, oggi messa in pericolo più dalle misure di contenimento che dal contagio in sé: «La situazione è critica per la nostra comunità. Siamo stati chiusi troppo a lungo in un periodo fondamentale nell’economia di un anno intero», dice il maestro Ferrigno a CulturaIdentità spiegando la condizione delle 40 botteghe di San Gregorio Armeno. «Lavoriamo tutto l’anno in vista del Natale e la nuova chiusura ci ha inferto un duro colpo». Un’importante battuta d’arresto non solo per la piccola via che nel periodo natalizio si affolla di italiani e soprattutto di stranieri, come sa bene Ferrigno: «Il nostro è un settore trainante per il turismo in questa stagione: noi creiamo un indotto importante che porta avanti l’economia dell’intera zona». Nonostante ciò, pochi aiuti sono stati riconosciuti ai bottegai della “via dei pastori”, a causa, come spesso accade in Italia, di un cavillo burocratico: il codice Ateco. Questo sistema, usato dal governo sin dall’inizio dell’emergenza per scegliere quali esercizi chiudere e quali “ristorare”, ha cagionato gravi danni a molte categorie professionali, tra questi ci sono anche gli artigiani di San Gregorio Armeno che rientrano nelle attività nelle attività legate all’edilizia, comparto che non si è mai fermato.

«In virtù di ciò – spiega Gabriele Casillo, presidente dell’Associazione Botteghe di San Gregorio Armeno – non abbiamo potuto godere dei benefici che ci spetterebbero. Siamo legati alla sorte di un settore che non ci appartiene essendo la vita di San Gregorio Armeno profondamente influenzata dai flussi turistici e dalle cerimonie, i due settori più penalizzati dalle misure di contenimento da Covid-19». Una crisi, quindi, che non è terminata con il passaggio nella fascia di rischio arancione ma che è destinata a fare sentire i suoi effetti ancora a lungo, soprattutto se gli artigiani continueranno a essere privati degli aiuti necessari.

Il presidente campano Vincenzo De Luca (di Marco Ferrigno)

Silenzio dallo Stato e porta in faccia dal governatore della Campania, Vincenzo De Luca, che non ha voluto incontrare i rappresentati degli artigiani, preferendo delegare il confronto all’assessore al Turismo Felice Casucci. «”Quindici giorni e vi faremo sapere” ci hanno detto – ricorda Ferrigno – era il primo lockdown e di giorni ne sono passati molti di più. Chi ci governa non riesce a capire che così si mette in pericolo l’esistenza stessa di San Gregorio Armeno. Cosa succederebbe se le botteghe più piccole dovessero soccombere?». Il puzzo di fritto è il fantasma che si aggira tra le vie vuote del cuore di Napoli: il timore è che possa verificarsi anche qui ciò che è già avvenuto in altre zone del centro storico, dove librerie e liutai sono stati sostituiti da ristoranti e friggitorie. «San Gregorio Armeno rischia l’estinzione e noi nel frattempo moriamo», sottolinea con amarezza Ferrigno.
Il messaggio è chiaro: se gli artigiani dovessero scomparire verrebbe a mancare un tassello fondamentale della filiera turistica partenopea, con grave danno anche dell’identità napoletana. «Servono aiuti subito e una gestione meno teatrale da parte di chi ci governa», dice Ferrigno mentre prepara pastori con le mascherine e sceriffi col lanciafiamme.

LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui

1 + 8 =