“Non può, non deve capitare ad altri. La morte di mia figlia deve servire a tutte le persone e le famiglie che vivono un dramma di questo genere. Il dramma di vedere chi ami che piano piano si spegne, non ride più, non mangia o vomita. Non accetta di farsi curare e a te resta la sensazione di non aver fatto abbastanza. Lei non ce l’ha fatta, ma non ci devono essere altri figli che muoiono quando potevano essere salvati.”
Sono queste le parole di Stefano Tavilla, presidente dell’associazione Mi nutro di vita che, insieme alle associazioni Perle Onlus e Così Come Sei, ha dato vita alla Fondazione Fiocchetto Lilla che, come si legge nello statuto, “si pone l’obiettivo di sensibilizzare sulla realtà di questa malattia in Italia, promuovere e incentivare la certificazione di percorsi di prevenzione e sostegno su tutto il territorio nazionale, finanziare la ricerca e far arrivare risorse concrete a chi si trova o si potrebbe trovare ad affrontare queste malattie”.
Stefano, infatti, è padre di una giovane donna che, a causa della bulimia, ha perso la vita il 15 marzo 2011 a soli 17 anni. E oggi il 15 marzo è la giornata nazionale per la prevenzione dei disturbi alimentari, o Giornata Nazionale del Fiocchetto Lilla. Una ricorrenza che ha però date variabili nel mondo: in Italia è stata ufficialmente riconosciuta il 19 giugno 2018, anche se è nata nel 2012.
Ma cosa sono i disturbi dell’alimentazione e della nutrizione ovvero i disturbi del comportamento alimentare (definiti anche disturbi alimentari e abbreviati in DCA)?
Consistono in comportamenti disfunzionali concernenti il cibo, una percezione alterata del proprio corpo e di conseguenza una preoccupazione per il proprio peso e aspetto fisico.
Alcuni professionisti definiscono i DCA come disturbi alimentari psicogeni, proprio per sottolineare come il disturbo coinvolga “l’intera personalità e non solo la condotta alimentare”.
Infatti, i disturbi alimentari non colpiscono solo a livello fisico ma anche psicologico. Aspetto quest’ultimo legato a problemi di autostima e, in alcuni casi, anche ad ansia e depressione. Non per nulla, i campanelli d’ allarme dei DCA non sono solo a livello fisico ma anche mentale. Tra questi ultimi da ricordare la tendenza all’isolamento e solitudine, l’emozione della rabbia, rimuginio, sbalzi d’umore, comportamenti ossessivi e ritualizzati (come tagliare a piccoli pezzi il cibo o mangiare di nascosto), ansia, depressione, paura di perdere il controllo.
Tra i sintomi che si manifestano, invece, sotto il profilo fisico sono da ricordare: alterazione del metabolismo, disturbi del sonno, perdita o aumento di peso, indebolimento muscolare. A coinvolgere sia l’aspetto fisico che psicologico non sono solo i campanelli d’allarme ma anche le conseguenze. Per quanto concerne quelle psicologiche, queste si manifestano nelle relazioni, possono causare disturbi depressivi e compromettere notevolmente la qualità di vita di chi ne soffre.
Le conseguenze fisiche riguardano invece: fragilità di unghie e capelli, pelle secca, problematiche cardiache, edemi a occhi e caviglie, mancanza di concentrazione. Sono diverse le cause dei disturbi alimentari, precisamente possono essere individuate in tre fonti: psicologica, socioculturale e biologica:
Le cause psicologiche racchiudono: traumi pregressi o abusi, problemi come il bullismo o problemi familiari, tendenza al perfezionismo e mania del controllo, disturbi depressivi e problemi di bassa autostima, situazioni di forte stress.
Nelle cause socioculturali rientrano invece modelli estetici che tanti, troppi giovani vogliono raggiungere, anche ricorrendo a metodi estremi. Sul fattore ereditario, invece, una ricerca sull’anoressia nervosa indica una correlazione genetica “sia con i fenotipi psichiatrici che con i tratti metabolici”.
Tra tutti i disturbi alimentari, i più diffusi sono anoressia nervosa, bulimia nervosa, binge eating disorder. Sintomi e conseguenze, da cui si può comprendere il perché è stato scelto il lilla per il fiocchetto diventato un simbolo internazionale dei DCA. Infatti, la scelta del lilla non è casuale, in quanto si tratta di un colore che unisce un colore freddo come il blu a un colore caldo come il rosso. Colori che quindi rappresentano la dualità dei DCA: una sofferenza celata dietro una tranquillità che, appunto, è solo apparente.
Una giornata che è diretta a sensibilizzare la società affinché possa andare ben oltre questa calma apparente che racchiude solo soffocate grida d’aiuto.
E in Italia? Quanto è necessaria questa giornata nella nostra nazione? La parola ai fatti, anzi ai dati del Ministero della Salute 2019-2023, che incrocia fonti diverse: le Schede di Dimissione Ospedaliera (SDO), gli accessi ai centri specializzati e alla specialistica ambulatoriale, al pronto soccorso e le esenzioni. I DCA nel 2019 erano 879.560, nel 2021 si è arrivati a 1.230.468, e nel 2022 si sono raggiunti i 1.450.567 Ad oggi si parla di oltre tre milioni.
Anche i dati Rencam regionali (Registro nominativo cause di morte) sono allarmanti. Infatti, il dato Rencam del 2022 rileva complessivamente 3.158 decessi con diagnosi correlate ai Disturbi della Alimentazione e della nutrizione, con una variabilità più alta nelle regioni dove sono scarse o addirittura assenti le strutture di cura e con una età media di 35 anni.
Ciò vuol dire che una alta percentuale di questo numero ha una età inferiore a 25 anni. Dopo il 2020, in concomitanza con le politiche restrittive del regime sanitario covid si è registrato un aumento di accessi ai servizi per disturbi alimentari. Negli ultimi anni non è stato allarmante solo l’aumento dei dati su chi soffre di questi disturbi, ma ad essere preoccupante è altresì un costante aumento della fascia d’età compresa tra i 12 e i 14 anni e con un anticipo evidente nell’insorgenza di queste patologie dove si ammalano ragazzini e ragazzine di 10 anni. Fasce di popolazione particolarmente colpite da lockdown e restrizioni da green pass, dalle politiche scolastiche di “distanziamento sociale”, dalla chiusura delle palestre e di altre attività sociali o peggio dall’esclusione dalle stesse per i ragazzi che non si sono sottoposti alla vaccinazione o alla sadica forca caudina dei tamponi invasivi.
A tal proposito è da ricordare che i DCA sono la seconda causa di morte tra i giovani dopo gli incidenti stradali. Ma non è finita qui, in quanto questi disturbi hanno visto un forte aumento anche di vittime maschili che, infatti, negli ultimi tre anni, sono entrate in contatto con i servizi che si occupano di queste problematiche. E, a proposito di servizi, questi sono pochi rispetto alla richiesta di aiuto, specie per i giovani.
Non per nulla, secondo l’ultimo censimento del Centro nazionale dipendenze e doping dell’Istituto Superiore di Sanità, realizzata con il supporto del Ministero della Salute-CCM, è risultato che, precisamente il 28 febbraio 2023, 126 strutture sono sparse su tutto il territorio nazionale, di cui 112 pubbliche e 14 appartenenti al settore del privato accreditato.
Il maggior numero dei centri (63 su 126) si trova nelle regioni del Nord, 23 sono nelle regioni del centro (di cui 8 nel Lazio e 6 in Umbria), mentre 40 sono distribuiti tra il Sud e le Isole (12 in Campania e 7 in Sicilia).
Un aspetto problematico è che solo il 48% dei centri rispondenti ha dichiarato di prendere in carico i minori fino a 14 anni. Da ciò si può amaramente dedurre che la metà delle regioni non ha una rete completa di assistenza, che dovrebbe prevedere quattro livelli: ambulatori specializzati nei disturbi alimentare, servizi residenziali extraospedalieri, e infine i servizi ospedalieri che prevedono il ricovero salvavita per chi rifiuta le cure, e la nutrizione artificiale.