Chioggia, la pittoresca città lagunare veneta, ha dato i natali a due figure leggendarie del calcio italiano: Aldo e Dino Ballarin. Due fratelli accomunati dalla passione per il pallone e da un tragico destino, entrati nella storia non solo per le loro gesta sportive, ma anche per il loro legame indissolubile con il Grande Torino, una delle squadre più iconiche del calcio italiano.
La loro vicenda è un racconto di talento, dedizione e sacrificio, che ancora oggi vive nei cuori dei chioggiotti e degli appassionati di calcio e che rivivrà durante il Festival delle Città Identitarie a Chioggia il prossimo 4 luglio grazie al ricordo della nipote Nicoletta Perini.
Aldo Ballarin, nato il 10 gennaio 1922, e Dino Ballarin, nato il 23 settembre 1923, crescevano in un ambiente modesto, figli di una famiglia di pescatori e gestori di caffè a Chioggia. Fin da giovani, i due mostravano un talento naturale per il calcio, giocando nelle strade e nei campetti della loro città. Aldo, il maggiore, si distinse presto come un difensore robusto e affidabile, mentre Dino si rivelò un portiere promettente, dotato di riflessi eccezionali. La loro passione li portò a emergere nelle file del Clodia, la squadra locale, dove iniziarono a farsi notare.
Il talento di Aldo attirò l’attenzione del Torino, allora una delle potenze del calcio italiano negli anni Quaranta. Nel 1946, il Grande Torino, guidato da figure leggendarie come Valentino Mazzola, decise di ingaggiarlo per un milione e mezzo di lire, una cifra considerevole per l’epoca. Aldo si integrò rapidamente nella squadra, diventando un pilastro della difesa e contribuendo ai successi che resero il Torino una macchina da gol inarrestabile. La sua dedizione e il suo spirito di squadra lo resero un beniamino dei tifosi.
Dino, invece, seguì le orme del fratello più grande. Nel 1947, grazie all’intercessione di Aldo, fu ingaggiato dal Torino come terzo portiere. Sebbene non avesse ancora avuto l’opportunità di debuttare in partite ufficiali, si distinse per la sua serietà e il suo impegno. Era spesso il primo ad arrivare agli allenamenti e l’ultimo ad andarsene, guadagnandosi il rispetto dei compagni. La sua presenza nella rosa era vista come una sorta di premio per la sua costanza, un gesto di fiducia da parte della società.
Il 4 maggio 1949, la vita dei fratelli Ballarin e del Grande Torino cambiò per sempre. La squadra era reduce da un’amichevole a Lisbona contro il Benfica, organizzata in onore del capitano portoghese Francisco Ferreira. Il Torino, nonostante la sconfitta per 4-3, aveva dimostrato ancora una volta la sua classe. Il volo di ritorno, però, si trasformò in una tragedia. A causa di condizioni meteorologiche avverse e di un errore di navigazione, l’aereo che trasportava la squadra si schiantò contro il terrapieno della Basilica di Superga, a Torino. Non ci furono sopravvissuti: tutti i 31 passeggeri, tra cui giocatori, dirigenti e giornalisti, persero la vita. Tra loro c’erano Aldo e Dino Ballarin.
La notizia colpì duramente Chioggia. Il bar della famiglia Ballarin, punto di ritrovo in Corso del Popolo, divenne il centro di un’ondata di incredulità e dolore. La città si mobilitò per accogliere le salme dei due campioni, organizzando un corteo funebre che attraversò le strade principali. La folla, composta da migliaia di persone, rese omaggio a due giovani che avevano portato il nome di Chioggia ai vertici del calcio italiano. Con loro arrivò anche la bara di Ezio Grezar, un altro giocatore della squadra, che poi fu trasferita a Trieste.
Aldo aveva 27 anni, Dino 25. Entrambi lasciarono un vuoto incolmabile, non solo nelle loro famiglie, ma anche nella comunità calcistica. Dino, in particolare, non aveva mai esordito in una partita ufficiale, ma la sua inclusione nell’ultima trasferta, voluta da Aldo, lo rese parte di quella tragica leggenda. Si dice che Aldo avesse insistito affinché il fratello lo accompagnasse, un gesto che rifletteva il loro legame fraterno e che, purtroppo, segnò il loro destino comune.
La memoria dei fratelli Ballarin non si è mai spenta. A Chioggia, il loro ricordo è custodito con orgoglio. Nel 1950, il campo sportivo di Sacca San Giovanni fu intitolato a loro con una cerimonia solenne, alla presenza di una partita amichevole tra il Clodia e la Triestina. Lo stadio Aldo e Dino Ballarin divenne il cuore pulsante del calcio locale, ospitando le partite dell’Union Clodiense, che adottò i colori granata in loro onore. Anche a San Benedetto del Tronto, un altro stadio porta il loro nome, testimoniando l’impatto nazionale della loro storia.
Negli anni, la famiglia Ballarin, in particolare la nipote di Dino, Nicoletta Perini, insieme al marito Davide Bovolenta, si è impegnata a mantenere viva la loro memoria. Nel 2021, è stato inaugurato il “Museo Ballarin Chioggia – Museo del Grande Torino e del Calcio Chioggiotto” all’interno del Museo Civico della Laguna Sud. La sala espone cimeli, fotografie e documenti che raccontano la vita dei due fratelli e la gloria del Grande Torino. Tra gli oggetti più preziosi c’è un biglietto d’ingresso all’ultima partita a Lisbona, un simbolo tangibile della loro eredità.
La tragedia di Superga segnò la fine di un’epoca d’oro per il Torino, ma trasformò i suoi protagonisti in miti immortali. Aldo e Dino Ballarin rappresentano per Chioggia non solo un orgoglio sportivo, ma anche un esempio di valori come la famiglia e la dedizione. La loro storia è un monito sulla fragilità della vita e sulla forza di un sogno che, anche se interrotto, continua a ispirare.