“Il mondo sarebbe un posto di merda senza le donne.
La donna è poesia.
La donna è amore.
La donna è vita.
Ringraziale, coglione!”
Invito tanto rude quanto delicato che Charles Bukowski volge agli uomini, creando un vero e proprio inno alla donna. A quella creatura che è poesia, che sprigiona amore, che dà la vita e che, per tutti questi motivi, deve essere ringraziata. Ma è davvero così? A oggi si può dire che la donna viene rispettata? Di questo quesito e di tanti altri concernenti l’universo in rosa parleremo con Albina Perri, direttore del settimanale Giallo.
Le donne oggi vengono rispettate più di quanto succedesse alle nostre nonne, sicuramente. Ma non ancora abbastanza. I preconcetti sono difficili da modificare e sono meccanismi inconsci: quando parla una donna si tende ancora a sentirla come poco autorevole. Ai posti di comando dominano gli uomini e questo è un impoverimento per tutti: le donne propongono punti di vista alternativi. Mentre in Italia ogni anno cala il numero totale degli omicidi, il numero dei femminicidi resta costante. Questa non è un’opinione ma è pura matematica. Questo è un dato paradossalmente positivo: significa che il sommerso, cioè quella parte di donne, che prima stavano zitte e subivano, inizia a reagire. Non sono aumentate le violenze, ma le donne che si ribellano alle violenze.
A proposito di rispetto, nonostante i continui interventi legislativi in difesa delle donne, come, ad esempio, l’ormai noto Codice Rosso, la violenza sull’universo in rosa continua a non arrestarsi. Infatti, dai dati Istat è emerso che nei primi 3 mesi del 2024 sono aumentate le richieste di aiuto delle donne al numero antiviolenza e stalking 1522, con “effetto media” +83% richieste d’aiuto in 3 mesi. A suo avviso, a cosa è dovuto questo scenario così allarmante, sebbene vi siano stati provvedimenti ad hoc per la difesa delle donne?
È dovuto al fatto che, continuando a parlarne, molte donne si rendono conto che la situazione di violenza in cui stanno vivendo, che sia fisica o psicologica, non è “normale”. Questo è il primo passo: rendersi conto e prendere coscienza. Il passo seguente è chiedere aiuto.
Secondo lei, cosa si dovrebbe modificare o abrogare e cosa invece redigere ex novo affinché la difesa delle donne passi dalla norma ai fatti?
Il meccanismo si inceppa qui: quando le donne chiedono aiuto. Gli strumenti di legge ci sono già tutti, il punto è riuscire ad applicarli. Le forze dell’ordine stanno facendo passi avanti: sono molto più sensibili al tema di un tempo. Seguono corsi di aggiornamento, sicuramente molto utili perché poi in prima linea ci sono loro. Ancora esiste una sacca di sottovalutazione delle denunce, il lavoro non è certo finito. Il fatto che poi alcune donne mentano, e fingano violenze inesistenti per ottenere vantaggi economici, non aiuta.
Abbiamo parlato dell’aspetto normativo; per quanto riguarda invece quello culturale, quali sono gli aspetti da estirpare, da smussare e da valorizzare?
Un solo aspetto è da estirpare: l’idea che la donna sia un essere umano “inferiore”. Molti uomini si arrabbiano quando gli si fa notare che questo concetto è ancora un po’ nella testa di tutti. Si sentono offesi e ribattono sostenendo che le donne non sono perfette. Certo che non lo sono, non è una gara e la perfezione non esiste. Le donne “angelicate” non esistono. Esistono le stronze, certo. Ma molto più raramente degli uomini picchiano o uccidono.
A proposito di cultura, secondo lei, a cosa sono dovuti i femminicidi commessi su giovanissime donne per mano di loro coetanei o quasi?
Ai disturbi di personalità che spesso non vengono riconosciuti da nessuno, perché vengono scambiati con particolarità del carattere. Un giovane ossessivo, anaffettivo e stalker, viene spesso confuso con un ragazzo innamorato e geloso.
Lei è direttore di un giornale che si occupa di cronaca nera, quali sono i casi di violenza sulle donne che l’hanno particolarmente colpita e in che modo l’hanno cambiata?
Le ho tutte nel cuore. La piccola Giulia Cecchettin, Giulia Tramontano e Thiago, ma anche Roberta Ragusa, Yara Gambirasio… Ce ne sono tantissime, purtroppo. Solo oggi mi rendo conto che da giovane non ho reagito come avrei dovuto davanti a maltrattamenti, molestie o ingiustizie legate al fatto che fossi “femmina”. Ai tempi le consideravo anche io “normali.
“Educare gli uomini a rispettare le donne”, lei condivide questo concetto o pensa che debbano essere principalmente le donne a essere educate a rispettare sé stesse?
Una cosa non esclude l’altra, penso che il lavoro vada fatto sia sugli uomini sia sulle donne. Ancora troppe donne non riescono a liberarsi dagli uomini violenti. In un mondo ideale, sarebbe giusto che solo il carnefice lavorasse su sé stesso. Ma non siamo in un mondo ideale: le donne devono imparare a salvarsi anche da sole, anche se vittime. A smettere di essere vittime. È il primo passo verso l’indipendenza, d’altra parte.
Che progetti ha o ha affrontato col suo giornale per quanto concerne la difesa di genere?
Cerchiamo di raccontare tutte le storie che capitano o sono capitate: tramite i racconti ogni donna può imparare qualcosa di sé e della sua vita. Poi diamo alcuni strumenti pratici. Abbiamo una psicologa che risponde a ogni domanda delle lettrici e dei lettori, un test psicologico ogni settimana per comprendere meglio se queste stesse e le relazioni che si stanno vivendo e un Manuale di autodifesa, pensato proprio perché le donne imparino a difendersi da sole. Anche con il corpo, ginocchia e gomiti soprattutto.
A proposito di progetti, come pensa che sarà il futuro dell’Italia su una piaga umana e sociale, quale appunto la violenza sulle donne, che spezza vite e distrugge famiglie?
C’è molta resistenza al cambiamento, ma sento le donne sempre più determinate ad alzare la testa. Sono positiva: continuando a comunicare e a porre attenzione sul tema, piano piano otterremo qualche risultato concreto.