Italia ruolo centrale su commercio estero ma stop all’embargo alla Russia

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Con la manovra economica presentata dal Governo, finalmente l’export italiano torna tra i punti all’ordine del giorno di un rilancio generale del Paese, dopo quasi due anni di profonda crisi economica e sociale. C’è sicuramente molto da fare, specialmente in un contesto internazionale che a mio avviso tende a penalizzare il Made in Italy su più fronti, ma la notizia che nel disegno di legge di Bilancio, approvato dal Consiglio dei Ministri, ci sia un aumento delle risorse a disposizione dei programmi legati alla cooperazione e all’export italiano, così come annunciato dal Governo, va senza dubbio in questa direzione. Per l’export, ad esempio, è stato stabilito un incremento di 1,5 miliardi per ciascuno degli anni, dal 2022 al 2026. Ma si deve e si può fare molto di più. Solo per dirne una, cito una proposta che ho lanciato personalmente durante l’incontro preparatorio del G20 svoltosi qualche settimana fa a Sorrento: credo sia arrivato il momento di porre fine all’embargo commerciale con la Russia, che sotto moltissimi aspetti ci penalizza e fa perdere all’indotto agroalimentare italiano decine di miliardi l’anno. Occorre anche che le nostre istituzioni si battano fortemente sul tema delle movimentazioni, tematica altrettanto fondamentale quando parliamo di export. Quando parlo di penalizzazione del nostro commercio dal punto di vista internazionale, faccio riferimento esattamente a questo. Solo per fare un altro esempio concreto: com’è possibile – e tollerabile – che la movimentazione di un container dal Sud Africa a New York possa costare 2500$ mentre da Napoli alla stesso porto statunitense 8000$?

Il mio dubbio è che sia in atto una speculazione internazionale contro i prodotti italiani e più in generale verso il nostro Paese, come dimostra anche la recente proposta al vaglio del Parlamento Europeo proprio in questi giorni sul prosecco, che taluni vorrebbero recriminare come proprio con l’appellativo quasi agghiacciante di Prosek. Infine, mi permetto di sollevare una questione anche dal punto della formazione e della professionalità che serve in un settore così strategico come l’export e mi riferisco alla competenza operativa e lavorativa. In un momento storico dove tutto passa dal rilancio del mondo del lavoro, a mio avviso occorre investire anche nella formazione di figure di talento in questo campo, da molti poco compreso nelle sue dinamiche essenziali. La figura dell’Export Manager, per esempio, andrebbe fatta conoscere meglio ai nostri giovani che, molto più di quel che pensiamo, sono oggi attenti alle dinamiche legate al Made in Italy, come all’alta qualità dei prodotti che il nostro paese può offrire. La linea tracciata è quella giusta, con qualche sforzo in più potremo tornare finalmente ad avere un ruolo centrale nel commercio internazionale.

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